Non di sole ripetute vive il runner
Sicuramente le ripetute sono un allenamento amato/odiato da ogni runner (qui il link in cui spiego le varie tipologie). In questo periodo ne sto facendo abbondante uso. Lunghe, corte, in salita, alternate. E' fine estate, è il periodo di carico. Dove iniziare a riprendere velocità, dove forzare per fare massa, dove acquistare un po' più di forza. Ma tra una e l'altra è altrettanto importante il lavoro per recuperare. E iniziare a mettere nelle gambe anche qualche chilometro in più.
Riposo e recupero. Se del primo sono un po' a corto causa (ancora) poppate-notturne, sul secondo non posso assolutamente farne a meno. I miei muscoli me la farebbero pagare nel giro di qualche settimana (come lo scorso anno). Mi capita di spulciare vari account su Strava o su Garmin Connect quando riesco ed ho notato che esistono due scuole di pensiero praticamente contrapposte. Chi, come me, alterna allenamenti di qualità con allenamenti di scarico puro e chi invece mantiene sempre un livello uniforme di corsa, senza preoccuparsi di lavorare specificatamente sulla velocità o di scaricare le tensione i microtraumi causati dall'allenamento. Due modi diversi di affrontare la corsa e probabilmente anche di interpretarla. Ma ognuno deve fare quel che meglio crede e sente per sé.
In queste settimane, in cui ho raccontato delle mie ripetute uscite di allenamento tra salite e lavori di qualità, non ho però certo dimenticato il buon vecchio e sano lento di recupero e scarico. Rispetto a quello che faccio tradizionalmente, il prof. Massini ha inserito due uscite di ripetute a settimana (su 5 o 6 allenamenti), programmando comunque lavori di effetto differente. I restanti allenamenti tra una e l'altra, invece, sono stati di semplice corsa lenta. Semplice per modo di dire, perchè dopo aver forzato, anche correre dieci chilometri sotto il sole caldo di agosto diventa comunque un lavoro impegnativo. Magari più sensazionalmente che muscolarmente. Sono solitamente due i lenti che corro in settimana. Il primo, dopo il lunedì, tradizionalmente giorno di riposo assoluto. Il secondo, quasi sempre, il giovedì. Più avanti nella preparazione, quando gli allenamenti di qualità torneranno ad essere uno solo, faranno il loro ingresso un progressivo o una variazione di velocità. Lento è quello che ho corso la scorsa settimana a Londra, come lenti sono stati anche gli allenamenti di ieri ed oggi. Ma con scopi completamente differenti.
Nell'uscita di ieri mattina ho voluto scaricare il lavoro fatto mercoledì nelle ripetute in salita. Gambe decisamente affaticate e stanche. Difficile anche solo pensare di aumentare il ritmo oltre il concesso. Quando corro il lento solitamente non controllo mai il cronometro, andando semplicemente a sensazione. Ed anche questo è un allenamento importante per imparare a conoscersi e da sfruttare poi in gara. Ho seguito il solito percorso di 12 Km che mi porta vicino al mare in zona Marina Julia, ma la Bora che ha soffiato da nord-est in continuazione non ha certo reso la cosa più facile. L'unica precauzione che ho preso è di seguire i rettilinei più lunghi in direzione del vento per non affaticare ancora ulteriormente le gambe.
Oggi invece qualche chilometro in meno. Mi sono reinventato un giro da 10 Km cercando di inserire più sterrato possibile. Sento i benefici del correre alternando sterrato e asfalto. Lo faccio proprio in occasione di queste sedute, in cui la velocità non risente del tipo di terreno. I muscoli lavorano in maniera differente, sfruttando le sconnessioni per un po' di in-volontaria propriocezione. Forse mi sono lasciato anche un po' influenzare dal libro che ho finito di leggere proprio ieri sera, L'arte di correre giapponese (di Adharanand Finn), in cui vengono proprio elogiati i vantaggi di correre sullo sterrato e gli svantaggi di correre sull'asfalto (già raccontati anche in Nati per correre). Ma già dalla mia esperienza personale ho imparato quanto sia imortante farlo, ad esempio sfruttando le tapasciate domenicali. Non a caso domenica credo farò il rientro nella non-competitiva Giro delle paludi e dei mulini di Gonars (Udine).
Proprio le ultime due domeniche sono state anche il banco di prova per qualche chilometro in più. Sempre lento. Un po' per la disabitudine ad andare su distanze oltre i venti chilometri, ma soprattutto per il caldo estivo. Anche uscire presto al mattino non sempre può essere la soluzione, quando l'allenamento poi si protrae per più di un'ora e mezza. Due uscite che sono state decisamente pesanti, soprattutto negli ultimi cinque chilometri. Ma già da questa domenica, pur non aumentando ancora il chilometraggio, proverò a forzare un po' i ritmi, per iniziare anche ad abituare le gambe alla competizione. Non voglio parlare di ritmo maratona o ritmo gara. Tornare in forma è (e deve essere) un processo lento e progressivo. Che non vuol dire semplice. Anzi.