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London Unlimited You

Veloce toccata e fuga in quel di Londra. Due giorni veloci ospite di Nike per l’evento Unlimited You. Running e training che si uniscono sempre di più, creando una sfumatura che interseca due mondi all’apparenza diversi tra di loro. Ma ne ho approfittato anche per rivedere le strade londinesi dopo quasi trent’anni e questa volta cavalcarle come un runner dovrebbe sempre fare.

Di Londra ho ricordi molto sbiaditi legati alla mia unica vacanza studio in Inghilterra di quando stavo entrando nell’adolescenza. Una casa-famiglia dispersa nella periferia di Leicester e solo qualche giorno di gita in città. Ma ho chiaro il ricordo di quella che forse è stata una delle mie prime corse abbozzate. Allora lo chiamavano ancora jogging. Uscito di casa per fare un giro del quartiere, come si vedeva nei film americani. Avevo tredici anni, maglia e pantaloncini di cotone e probabilmente scarpe da basket. Nessun gps e nemmeno internet per studiare il percorso. Avevo solo preso una direzione e seguita, fino al parco lì vicino, di un verde quasi finto da quanto fosse accecante. Mi ricordo tanti ragazzi che giocavano a soccer, a cricket, a volley. E qualcuno anche che correva. Qualche giro ad una velocità che non saprei nemmeno ben definire quale potesse essere. Solo una ventina di minuti. E, come nel più classico dei pomeriggi inglesi, un acquazzone che si è abbattuto sulla mia testa prendendomi all’improvviso. Ho cercato riparo sotto qualche albero ma alla fine ho sfidato la pioggia fino a casa, ritornando gocciolante da capo a piedi. E non mi era piaciuto. Quella, forse, era stata l’unica mia uscita di allora.

Non fa testo poi l’allenamento di qualche mese fa vicino all’aereoporto di Heathrow. Londra lontana chilometri e chilometri, scritta solo sul biglietto aereo e vista solo a centinaia di metri di altitudine. Per cui posso dire che questa sia stata la mia vera prima corsa in città. Un’uscita breve verso il Tamigi, fortunatamente almeno vicino al Tower Bridge. Una Londra che mi ricordavo diversa e che mi ha tanto riportato alla vacanza newyorkese in tempo di nozze. Quartieri che si sono susseguiti cambiando aspetto da una strada all’altra. Casette rosse di mattoni che sono diventate improvvisamente grattacieli di vetro e acciaio. Hipster e inglesi da pub che hanno lasciato il passo ai manager in giacca e cravatta. Dieci chilometri o poco più anche per scaricare le gambe e riprendere confidenza dopo i carichi settimanali. Poca la fatica e l’attenzione al ritmo, rapito più dal controllo alle corsie invertite di auto e bus.

Un’ora che è quanto sono riuscito a regalarmi prima di ritrovarmi immerso nell’atmosfera dell’est-london. Capannoni semi abbandonati, muri scrostati, scale in ferro che si arrampicano tra i vari piani. Ai piedi ancora le nuove Nike Lunar Epic Low. Lo swash giallo-rosa sulla maglia è l’unico elemento che mi ha ricordato il clima olimpico. Per il resto è come se fossi stato trasportato in un altro mondo. E lo è stato davvero. Mi sono ritrovato con guantoni da boxe alle mani in una sala costellata di sacchi appesi al soffitto. Un ring luminoso disegnato per le migliori scene di street-fighter e trainer impegnati a ricercare carica e grinta da scaricare a suon di jab e ganci. Nulla di più lontano da quello che ci piace fare. Ma allo stesso tempo intrigante. Ma mi sono sentito veramente a casa solo quando le porte si sono aperte sulla stanza accanto.

Due file quasi infinite di tapis roulant disposti come tanti infiniti paralleli. Ad ognuno il suo. Un modo diverso di correre, ma sempre di corsa si tratta. Ho riconosciuto subito il MyRun di Technogym che mi sta accompagnando in questa preparazione. E mi sono lasciato trascinare dalla velocità del nastro, aumentando ritmo e inclinazione col passo segnato dalla musica. Gambe pesanti che mi hanno ricordato l’allenamento del mattino tra le strade londinesi come fosse un ricordo legato chissà a quale tempo. Forse a trent’anni fa. Un viaggio unico. Dove le strade si sono incrociate, unite, separate. Basta avere un paio di scarpe da running ai piedi per scoprire che il mondo non ha limiti.