Undici anni fa...
Ogni 20 di agosto torno a leggere quel post scritto per la prima volta ormai 11 anni fa. Poche righe che mi fanno quasi tenerezza ripensando a tutto quello che è venuto poi. Non l’avevo programmato. Non l’avevo pensato. È stato solo un lungo susseguirsi di eventi, di occasioni, di passioni. Ma mi ritrovo ancora qua, con migliaia di chilometri corsi alle spalle, migliaia di articoli scritti e (migliaia?) di storie ancora da raccontare.
Sinceramente continuo a stupirmi d’esserci ancora (virtualmente parlando). Un po’ perché gli anni nel frattempo si sono fatti avanti (leggi anche Correre a 45 anni), la corsa da singola si è fatta in quattro (leggi anche Superpapà runner) e gli acciacchi rendono tutto meno brillante di un tempo (leggi anche Riassunto delle puntate precedenti). 11 anni fa correvo i dieci chilometri in allenamento in poco meno di cinquanta minuti. Tempi che ho migliorato anche di quindici minuti in gara, ma che oggi mi sembrano molto più reali di quanto non lo siano mai stati.
11 anni fa non pensavo a podi, a personali (anche se i miglioramenti li guardavo già), a gare, a imprese (sempre da considerarsi nel piccolo di un mondo amatoriale). Correvo sempre e solo per star bene, come sto riapprezzando a fare in questo periodo. Alla fine non tutto il male vien per nuocere. Anche perché per riprovarci, ci vuole la serenità e la spensieratezza di un tempo.
Mi ricordo ancora la prima volta che, a sorpresa, mi sono ritrovato su un podio. Inaspettato. Incredulo. Felice. Ci ho impiegato tanto. Tempo. Chilometri. Chili. Sacrifici. Senza mai pensarci, perché mi sembrava una cosa per pochi. Per quelli forti. Per quelli che corrono davvero. Eppure è successo. E poi ancora. E ancora. E ancora...
Tutto questo mi ha fatto pensare che a volte basta solo impegnarsi perché la corsa possa regalare emozioni forti. Non necessariamente premi o podi. Anche solo qualche rivincita personale con sé stessi. Un piccolo traguardo, come perdere qualche chilo. Credere di poter raggiungere un obiettivo (o anche solo immaginarlo), impegnarsi per farlo, giorno dopo giorno, senza voler (dover) correre più del dovuto. La stessa cosa che ho fatto 11 anni fa quando ho iniziato per caso a scrivere su Corro Ergo Sum. Ero indeciso anche sul nome (l’alternativa era Io corro, stesso nome scelto poi anni dopo dall’amico Paolo per il suo negozio di Terni). Ma anche quella scelta, seppur sempre casuale, è stata quella giusta. Corro e (R)esisto.