10K di Monza
Solitamente non tiro mai conclusioni affrettate. Ho imparato soprattutto dal calcio che fino all'ultimo secondo può sempre succedere qualcosa. Eppure a volte non basta saperlo. Ieri sera ho reimparato anche questo. E per fortuna sono abituato a non mollare mai, altrimenti sarei qui ora a scrivere d'altro e non a raccontare questa nuova corsa per come è stata. Attesa. Calda. Dura. Inaspettata. Per questo bisogna crederci sempre, perchè a volte non si vedono le cose nella maniera obiettiva, soprattutto quando si è dentro. Come sempre servono pazienza, sacrificio e coraggio. E anche se non è ogni volta facile, provare ad avere un sorriso anche quando le cose non sembrano andare bene. Non correvo una 10 Km dalla DeeJay Ten di ottobre. Non ho molte occasioni di partecipare ai 10000 metri, se non facendoli in allenamento. Per questo ogni volta è quasi un test decisivo, perchè diventa la conferma di ciò che di buono ho fatto durante i mesi precedenti. Una conferma dei tempi trovati in allenamento. Non ho detto nulla nei giorni precedenti, ma avrei voluto provare a fermare il cronometro sui 36', ma un po' per scaramanzia, un po' per i commenti sul percorso ho preferito non sbilanciarmi troppo.
Si ringraziano Podisti.net e Roberto Mandelli per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.
Chi aveva già partecipato alla 10K di Monza mi aveva messo in guardia dalla durezza del percorso, nervoso, ondulato, non proprio l'ideale per un personale. Ma ci ho sempre creduto ugualmente. Un po' per stimolo, un po' comunque fiducioso dai risultati delle ultime settimane. Sono arrivato presto in centro, per poter fare le cose con calma e soprattutto per riuscire a piazzarmi davanti in griglia e non rimanere imbottigliato nei primi metri di gara. Mentre aspetto che arrivino anche Zio e Simone, incontro un po' di faccie conosciute, Roberto, fotoreporter ufficiale della manifestazione, Rocco, qualche compagno della Martesana Corse. Arriva qualche tifoso a sorpresa e mentre mi scaldo incontro anche Manlio. Qualche giro di riscaldamento vicino alla partenza per tenere d'occhio la griglia e poi mi piazzo non appena i primi cominciano ad arrivare. Sono ancora lì, prima-seconda fila. Anche solo con il riscaldamento mi accorgo di quanto la temperatura sia alta. 26-28°C, in pieno centro cittadino, con l'asfalto e praticamente senza aria. I veri top-runner non sono molti. Con qualche minuto di ritardo danno il via. Le transenne in tutto il centro città sono pregne di pubblico che si fa sentire. Scatto subito in avanti. Dopo cento metri c'è la prima curva a gomito, stretta e pericolosa. L'idea è di tenere un ritmo sui 3' 40" e poi vedere verso il finale la situazione fisica com'è. Alla curva sono quarto e mi accorgo di essermi fatto prendere troppo dalla foga. Rallento subito ma so di stare andando ancora fin troppo forte, ma non ho troppi riferimenti. Mantengo il passo fini al primo chilometro e il crono dice 3' 20". Da pazzi. Soprattutto con il caldo che fa. Lascio che dalle retrovie chi ha il passo mi sfili e già sento fatica nelle gambe. Devo aspettare i successivi intermedi per capire che il ritmo sia giusto o meno, ma fiato e gambe non reagiscono bene. Le strade sono strette, piene di curve, saliscendi, in ciottolato o lastroni, poco l'asfalto. Alcuni punti hanno degli strappi in salita che segnano le gambe. Quasi al quarto chilometro mi chiedo se riuscirò ad arrivare alla fine. Il caldo è davvero insopportabile. Ho le mani che sono due fornaci e la bocca completamente secca. Mi passa la terza donna quando sono nel pezzo di circonvallazione appena prima del quinto/nono chilometro. La vedo davanti a me e provo a mantenere il suo passo per avere qualche riferimento. Mi prende qualche metro ma poi la distanza rimane abbastanza costante. Quando passo sotto l'arrivo a metà gara l'intermedio è buono e secondo i progetti: 18' 26", in piena media. Certo ho perso il vantaggio preso all'inizio, ma mi sembra già tanto essere riuscito a completare il primo giro. La spinta del pubblico si sente eccome anche se non riconosco e non vedo faccie conosciute. Ma appena mi allontano dal centro arriva il crollo. Una fitta al fianco destro non mi abbandona più fino all'arrivo, le gambe diventano due pezzi di legno pesantissimi e il fiato è corto. Per la prima volta in una corsa penso di non poter chiudere una gara. A mente fredda credo fosse il caldo l'artefice di tutto: passare dai 9°C di settimana scorsa ai 26° di ieri è una bella botta. Decido di smettere di guardare il cronometro e di pensare solo di arrivare fino al chilometro successivo. Davanti a pochi metri ho ancora la terza donna. Mentre la fisso prende la storta in un tratto buio, in cui c'è una piccola buca dovuta alla sconnessione dei sampietrini. Rallenta vistosamente e la supero, ma sento che rimane a poca distanza dietro di me. Nell'unico tratto in cui c'è una curva ad U in una piazza controllo le retrovie e vedo che non ho molti inseguitori. Non so quanti altri abbia davanti, ma dal dietro non arrivano in massa. Un po' la cosa mi tranquillizza anche se mi rendo conto che perdo vistosamente in velocità. So che il personaleè da dimenticare, ma mi rimane l'obiettivo di arrivare e nel miglior modo possibile. Passo il sesto e il settimo chilometro in una condizione di sofferenza enorme. La gente incita, ma non ne ho davvero più. Al cartello dell'ottavo chilometro so che è quasi finita. Mi sembra un'agonia arrivare all'ultimo chilometro: strada dritta, luci basse, quasi nessuno in giro, la testa che pulsa, le gambe che non rispondono, la fitta la fianco. Il sudore è una cascata continua. Unaduetre curve e finalmente l'ultimo cartello. Sfioriamo anche il gonfiabile del finale e la gente si fa sentire già in lontananza. Tengo più che posso anche se vedo palesemente che non ho più il passo dell'inizio, il cronometro segna già 34'. Ma ormai so che ci sono. Spero di poter tirare almeno la volata. Giriamo attorno alla piazza centrale e poi è l'ultima curva. Le luci dei lampioni proiettano l'ombra di chi mi sta dietro e mi sta rimontando. Ho un'ultima sferzata di energia e aumento il passo come non avrei mai immaginato. Quasi mi affianca, ma poi desiste e taglio il traguardo in solitaria. Deluso. So che non c'erano le condizioni ideali per il risultato sperato, ma 38' 29" è veramente alto rispetto le mie aspettative. Sono senza forze e più so che non avrei potuto fare. Forse partendo più piano, o forse no. Però non riesco a trovare il sorriso. Mi cambio e poi vado al ritiro del pacco gara. Nonostante tutto so comunque di essere arrivato in una buona posizione, almeno trai primi cinquanta. Appena vedo i fogli della classifica aggiornata per curiosità mi avvicino e scorrendo i tempi dal fondo mi accorgo di essere arrivato ufficialmente 36° assoluto. Un po' la cosa mi rincuora e mi soddisfa. Ma quando mi scappa l'occhio sulla colonna di fianco e leggo 3° di categoria (MM35), quasi non ci credo. L'espressione in viso credo mi cambi istantaneamente. Per la prima volta in una gara ufficiale sono a podio. E' stata un'emozione che non saprei descrivere. Ho come rivissuto la gara in un attimo e l'ho rivista in maniera completamente diversa. La delusione ha lasciato il posto all'emozione e il sorriso perso mi si è ristampato in viso. Allora ho capito quanto la gara sia stata dura e difficile. Del perchè di tanta sofferenza. Forse ho solo sbagliato a prendere come riferimento tempi fatti in altre situazioni e in altri momenti, non paragonabili a qualli di ieri. Ma io sono sempre stato abituato ad avere solo me come avversario, non gli altri. Non ci avrei mai pensato e nemmeno sperato. E' stata un'altra emozione forte, l'ennesima. E ancora una volta ho imparato qualcosa di nuovo.