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32 Km alla Corsa del Principe [Maratona delle Terre Verdiane]

A poco più di un mese dalla Milano Marathon posso finalmente dire ci provo. I dubbi e le incertezze li ho lasciati lungo le strade verdiane, tra Salsomaggiore e Soragna. Seminati, quasi per alleggerirmi nella corsa, piano piano, mentre vedevo che l'obiettivo stava diventando reale di chilometro in chilometro. Mi sono sentito bene, sicuro. Sereno. Come se stessi già correndo in vista dell'arrivo di Milano.

Perchè l'ultima volta che mi ero sentito così era stato esattamente quasi un anno fa, proprio a Milano. Stessa facilità di corsa, stesso ritmo. Stesse sensazioni. E quasi mi sembra impossibile. Solo un mese fa, insieme a Franco al Parco di Monza, avevo fatto fatica a mantenere lo stesso passo sui diecimila. Di questo devo assolutamente ringraziare il prof. Massini. Mi ha ascoltato, capito in questi mesi ed ha (abbiamo) forse trovato la giusta direzione da seguire. Mi sono ciecamente fidato dei suoi consigli e della sua esperienza. Per una volta ho solo fatto tutto quello che mi ha detto di fare, non un chilometro in più non uno in meno, rispettando ritmi, pause, recuperi. Ho aspettato il momento in cui avremmo verificato i risultati dopo le settimane passate tra continue ripetute e interminabili progressivi. Dribblando i consigli gratuiti di molti, scansando le critiche premature, pensando solo a lavorare.

Anche ritrovarsi un anno dopo alla stessa partenza è stato quasi un deja vu. Con la differenza che per una volta, nonostante le previsioni avverse, anche il meteo ha deciso di darci una mano. La giornata perfetta per correre. Temperatura ideale, tanto da non aver avuto freddo nemmeno prima del riscaldamento, cielo coperto e neanche una goccia di pioggia per tutta la durata della gara. Ci avrei fatto la firma. Vedendo la pioggia scrociante e il freddo pungente del giorno prima, nessuno se lo sarebbe aspettato. A differenza dello scorso anno, ho corso però tutto il tempo da solo. Credevo che avrei sofferto maggiormente l'assenza di Paolo o Franco, compagni fidati (e prossimi) in tante corse. E invece tutto è andato alla grande, concentrato su passo e strada, con la mente proiettata trenta chilometri più avanti dove Chiara (e...) mi stava aspettando.

Partenza quasi improvvisa. Fortunatamente questa volta mi ero preparato preventivamente già nelle prime file per non rimanere troppo imbottigliato nei primi chilometri. Quattro distanze diverse alla partenza (10-21-29-42 Km) vogliono dire confusione, ma anche ritmi molto alti. Sono stato bravo a capire di non lasciarmi trascinare nei primi metri, soprattutto per la prima parte di tracciato, da Salsomaggiore a Fidenza, completamente in discesa. Discesa non vuol sempre necessariamente dire corsa facile. Anzi. La maggior parte delle volte è proprio il contrario. Meglio riposare e mantenere il ritmo prestabilito, piuttosto che spingere per guadagnare qualche secondo e ritrovarsi poi impiantati quando il dislivello si azzera. Il brutto è stato vederso sfilare da tanti runners. Ma i conti si fanno poi sempre alla fine.

Una volta imparato il passo, qualche secondo sotto i 4' al chilometro, è stato semplice proseguire. L'unica battaglia è stata con la testa. Se il ritmo costante mi è venuto comunque facile, il difficile è stato pensare di poterlo mantenere a lungo. E' sempre stata l'unica incognita che ho avuto. Quanto sarei durato. Se per qualche chilometro sentivo di star bene, l'improvviso aumento di ritmo dovuto ad una curva o ad un cambio di pendenza, mi ha sempre messo in allarme. Ma man mano che i chilometri sono passati, ho anche preso più sicurezza. Le strade sgombre d'auto e la linearità del percorso sono sicuramente state di aiuto. Col passaggio a Fidenza poi, i primi e più veloci hanno finito la loro corsa (io sono passato in contemporanea col decimo arrivato nei diecimila), alleggerendo il peso dei concorrenti che ancora mi stavano precedendo. E sapevo che con il passaggio alla mezza, la situazione sarebbe ancora notevolmente migliorata.

Le strade verso Fontanellato hanno improvvisamente cambiato forma e ambiente una volta usciti dalla città. Campi tutt'intorno più ampi e carreggiata più irregolare e stretta. In giro quasi nessuno. Nonostante la fine della discesa il ritmo è sempre rimasto uguale, intorno ai 3' 58". Con mio immenso stupore. Una lunga e infinita fila di runners davanti e (soprattutto) dietro di me. Un colpo d'occhio strano nei piccoli scorsi tra le curve più ampie. Compagni di corsa che hanno continuato a cambiare di chilometro in chilometro, tra chi era partito troppo forte e non ne aveva più, a chi, partito più prudente, approfittava degli ultimi chilometri prima della seconda tappa, per riguadagnare qualche posizione. Io, involontariamente preso in mezzo a questo gioco, ho inconsapevolemnte sfruttato la situazione per non perdere metri importanti.

Forse solo intorno al sedicesimo chilometro ho avuto un po' di titubanza. Dispersi in mezzo alle campagne, l'idea di essere solo a metà strada del mio allenamento, mi ha un po' impaurito. Le gambe hanno cominciato a sentire un po' di stanchezza e la fine mi è sembrata ancora troppo lontana. Ma nonostante tutto la corsa è proseguita. Improvvisare qualche piccolo tira-e-molla tra avversari ha tenuta occupata la testa ed ha rivegliato le gambe dal torpore, facendomi anche guadagnare qualche secondo prezioso in vista del tempo finale. E l'avvicinarsi dell'arrivo della mezza maratona a Fontanellato ha fatto il restante.

Nonostante la piena fiducia in Fulvio, essere in corsa crea sempre dei momenti di crisi. Ma con in testa ancora la fatica fatta lo scorso anno è stato difficile non pensare a quando questa volta si sarebbe fatta viva. E invece col passare dei chilometri la situazione è notevolmente cambiata. Sfilando tra le vie di Fontanellato, il ritmo è aumentato trascinato dall'allungo finale di chi si sarebbe fermato al secondo arrivo della mezza. E solo uscendo dal paese mi sono reso conto che alla prossima tappa, la mia, a Soragna, mancavano solo otto chilometri. Otto. Ma improvvisamente anche tutto il contorno è cambiato. Di avversari, davanti, neanche più l'ombra. Tutti sono sembrati essersi fermati al traguardo della mezza. Cartelli e addetti alla vigilanza delle strade praticamente scomparsi. Solo qualche freccia qua e là per segnalare le svolte a destra o a sinistra. Per il resto solo campi e in lontanza il campanile di Soragna.

Arrivare non è stato difficile. Solo più impegnativo. Dal ventiduesimo chilometro ho corso in compagnia. Questa volta di soli maratoneti, ancora lontani dal loro traguardo. Qualche battuta ad ogni chilometro, ma l'importante contributo per mantenere il ritmo. Il mio è calato di qualche secondo, verso il ventiquattresimo, quando le gambe hanno cominciato a diventare più pesanti. Forse anche la strada leggermente più pendente. E sicuramente la fatica più presente. Ma la testa ha reagito per prima, concentrandosi esclusivamente sull'arrivo di gara al ventinovesimo chilometro. Ai restanti tre del mio personale allenamento, ci avrei pensato dopo. E come una calamita, ad ogni chilometro in cui mi sono avvicinato alla fine, ho avvertito la forza sempre più attraente della fine.

L'obiettivo dichiarato fin dalla partenza è sempre stato quello di concludere i 32 Km di allenamento in 2h 08', con conseguente passaggio al traguardo dei 29 Km in 1h 56'. E ad ogni chilometro in meno tutto mi è sembrato più vicino. Avendo bene in mente gli ultimi metri prima di entrare in paese, dopo il passaggio sul piccolo ponte che lo precede, ho spinto più che ho potuto. I muscoli hanno iniziato a fare male, soprattutto i quadricipiti, ma il ritmo è calato solo di qualche impercettibile secondo. Ripensando agli scorsi week-end quasi una passeggiata. Quello che mi ha fatto capire di star bene però è stata la lucidità di pensiero, il continuo chiacchierare con i miei ultimi compagni di corsa, la voglia di dimostrare di potercela fare. A me. A Chiara. A Fulvio. A chi mi segue. Il ponte è passato, il viale alberato è arrivato, seguito dal lastricato prima del passaggio del castello dove Chiara mi stava aspettando. L'ultimo chilometro è come volato. E il cronometro di gara si è fermato sull'1h 55' 04" (18° posizione assoluta). Missione compiuta. Ma la parte più difficile doveva ancora arrivare.

Non mi era ancora successo di arrivare ad un traguardo e non smettere di correre. Ma immediatamente ho continuato nel mio slancio per gli ultimi tre chilometri mancanti. Un chilometro e mezzo di andata e un chilometro e mezzo di ritorno. Sapevo che sarebbe stata dura, ma non pensavo così tanto. Il calo di tensione del dopo-arrivo è stato pesantissimo. Per ancora qualche minuto ho vissuto di rendita delle endorfine di fine gara, ma quando la tensione è scemata del tutto le gambe improvvisamente sono diventate di sasso. Nonostante fossi nuovamente sul percorso insieme ai maratoneti, la motivazione non c'è più stata. Ad ogni passo in cui mi sono allontanato dall'arrivo la fatica è aumentata esponenzialmente. Il ritmo è vistosamente calato. I primi crampi si sono fatti sentire. E' incredibile quanto le energie mentali siano fondamentali in certe situazioni. Non nego di aver avuto la tentazione di fermarmi e accontentarmi di quanto fatto, ma fortunatamente e ostinatamente ho continuato. Prima il giro di boa e poi, finalmente, di nuovo la fine, con il mio personale crono di 2h 08' 18".

Di questo avevo bisogno. Dopo due mesi in cui ho semplicemente lavorato per riprendere la forma, verificare di essere sulla strada corretta è stato importante. Quello che mi ha stupito più di tutto (a posteriori) è stata l'analisi del cardio. Una FC media di 157 bpm rispecchia esattamente le sensazioni che ho avuto in gara. E solo un anno fa non ero nelle stesse condizioni nonostante fossi partito ad un livello più avanzato. Se mi fosse servita qualche motivazione in più adesso ce l'ho. L'importante è non fermarsi ora. Il lavoro più duro è ancora da fare. Aggiungere quei dieci chilometri che mi separano dall'arrivo in Corso Venezia. Quelli che fanno la differenza tra un runner e un maratoneta.

Foto di copertina di Stefano Morselli.