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Corsa del Principe [Terre Verdiane]

Il leitmotiv di oggi è stato vento&freddo. Non credo di aver mai sofferto così tanto il freddo nemmeno sotto la neve. E facevo bene ad essere preoccupato prima di partire sulla migliore combinazione d'abbigliamento. Credo nonostante tutto di aver scelto i giusti abbinamenti. Se piove e tira vento contrario, si può provare di tutto ma il freddo prima o poi arriva. Freddo che ha reso il finale di gara tra le terre verdiane molto più duro di quanto potesse essere. Gambe congelate, muscoli rigidi, mani senza circolazione. La pioggia (comunque diminuita) è addirittura passata in secondo piano, ininfluente. Non ho certo invidiato quelli che hanno proseguito per il finale della loro maratona dopo Soragna. Soprattutto non so come abbiano fatto a resistere ancora per più di un'ora. Sarebbe stato bello finire quest'avventura durata 28,9 Km insieme a Paolo. Ma a furia di incrociarci prima o poi arriveremo anche insieme. 

Si ringraziano Podisti.net e Stefano Morselli per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.

Le idee sono state fin troppe in questo week-end, ma poi alla fine è quasi sempre l'improvvisazione ad averla vinta. Sapevo che avrei allungato di qualche chilometro in più i ventiquattro previsti dalla tabella #roadtomilanomarathon, ma credevo in maniera diversa. Le sensazioni e soprattutto le condizioni di corsa hanno suggerito qualche cambio in... corsa. I dettami di Fulvio dicevano CRF (corsa a ritmo facile) per metà allenamento e 4' 00" al chilometro per i restanti. Ma visto che anche Paolo aveva in programma un allenamento tranquillo (sempre che una maratona attorno alle tre ore la si possa considerare un allenamento tranquillo) abbiamo deciso di partire insieme e vedere strada facendo come evolverci di conseguenza.

Il mio tweet di ieri mattina "" non è certo stato ben augurante, anche se il mio pensiero era verso altre future gare. Pioggia a secchiate appena alzata la tapparella e subito i primi dubbi sull'abbigliamento. Unica certezza gli svolazzini alle gambe. Maglia termica leggera, canotta Corro Ergo Sum (come secondo strato isolante) e giubbino Nike antipioggia mi sono sembrati la miglior soluzione, soprattutto per i ritmi tranquilli in programma. Non ho invidiato chi si è presnetato alla partenza in canotta e pantaloncini. Avessi avuto in programma un diecimila o al massimo una mezza a buon ritmo avrei anche potuto osare, ma considerando il tempo di rimanenza sulle gambe intorno alle due ore non mi è sembrato il caso.

L'attenzione per la prima parte di gara è stata tutta esclusivamente sul mantenimento del ritmo. Quello che si dovrebbe sempre fare ad inizio maratona. Soprattutto in questo caso, dato che il percorso da Salsomaggiore all'arrivo della mezza a Fontanellato è praticamente tutto in leggera discesa. Non abbiamo cercato di stare troppo avanti e abbiamo lasciato sfilare piano piano tutti quelli che avevano più fretta di noi. Un saluto qua e là e l'orecchio vigile sui passi. La leggera discesa ha aiutato ad allargare le maglie e correre è stato semplice fin dall'inizio, senza inutili ingorghi e slalom forzati. La pioggia non ha dato particolare fastidi e una volta attivata la circolazione, cappuccio e giubbino sono stati fin troppo caldi. Ma sapevo che sarebbe stata una sensazione momentanea. In discesa io e Paolo abbiamo sempre corso affiancati, chiacchierando di quando in quando e controllando il passo ad ogni intermedio. Cosa strana ci è sembrato il posizionamento dei cartelli. Per i primi chilometri, sempre qualche metro dopo il nostro simultaneo bip. Più avanti, sempre leggermente prima. Strano. Soprattutto perchè verificato da tutti i dispositivi gps. Cosa che non ha minimamente influito sul nostro ritmo. Tanto che col passare del tempo ci siamo ritorvati in un piccolo gruppo tra maratoneti, mezzi e trenta chilometristi. Ma sempre molto allegri. Nessun particolare problema fino alla metà del mio allenamento. A parte il passaggio tra le strette, ricurve e irregolari vie cittadine di Fidenza, la strada è praticamente anonima e uguale. Rettilinei che si alternano a curve. Asfalto e campagna. Pubblico praticamente assente. Sarà anche stata colpa del tempo infame, ma per strada non abbiamo incontrato nessuno se non i volontari dell'organizzazione. Strade però ben presidiate e ben coordinate che non hanno mai creato alcun problema. Solo il tempo (inteso come clima) si è messo di traverso.

La pioggia non ha smesso un secondo di cadere. Diminuita, con qualche cambio di intensità di tanto in tanto, ma sempre presente. Cosa che non ha fatto altro che aumentare poco alla volta il raffreddamento corporeo. E quando i ritmi non sono alti la difficoltà a mantenere la temperatura alta aumenta. Il nostro gruppo è sempre rimasto compatto. Con Paolo e Diego (unitosi dopo qualche chilometro) abbiamo sempre tenuto il ritmo attorno ai 4' 15" senza scostarci troppo, aumentando o diminuendo. Un lavoro perfetto. Nella parte centrale di gara il gruppo è anche arrivato a dieci o dodici componenti. La mia idea iniziale era quella di abbandonare Paolo e gli altri attorno al quindicesimo chilometro, ma col passare del tempo sono diventato sempre più dubbioso. Com'è giusto che fosse le gambe si sono appesantite e i piedi infradiciati. Ma la cosa peggiore è stato il freddo che piano piano si è impossessato di tutto il corpo. Nonostante fosssi riuscito a rimanere un po' più asciutto di molti altri nella parte superiore, le gambe mi si sono presto raffreddate. Fortunatamente senza appesantirsi con pantaloni lunghi infradiciati. Ma non c'è stato verso di farle riprendere. E gambe fredde sono sinonimo prima o poi anche di gambe rigide. E per me anche di possibli crampi. L'idea di passare ai 4' 00" al chilometro programmati era allettante per un certo verso, ma quando al quindicesimo ho pensato che avrei dovuto fare altrettanta strada a quel ritmo mi è sembrato un azzardo. La scelta è diventata quindi quella di continuare con i miei compagni di giornata. E credo che scelta migliore non potessi fare.

Non mi sono mai riparato dall'aria all'interno del gruppo ma ho solo pensato a fare il ritmo. Alla fine so di riuscire a correre in modo costante e la cosa mi è riuscita anche in maniera abbastanza facile. Ma la fatica ha cominciato ad affiorare. Fatica sospinta dal freddo. Probabilmente anche l'abbassamento della temperatura corporea ha contribuito. Ma il ritmo non è mai calato. Passato l'arrivo della mezza a Fontanellato e perso qualche pezzo sconosciuto del nostro gruppetto, siamo rimasti in sette o otto. E qui c'è stato lo strappo decisivo per la seconda parte di gara. Dopo il cavalcavia che sorpassa l'autostrada il nemico numero uno è diventato il vento. Un freddo, gelido, continuo vento contrario che non ci ha mai abbandonato fino all'arrivo, che fosse trentesimo o al quarantaduesimo chilometro. Da quello che ho sentito e letto nel dopogara è quello che ha fatto da spartiacque tra chi è riuscito a fare bene e tra chi iinvece è andato male. Non importa che direzione prendessimo dopo una curva, il vento ha sempre soffiato in modo fastidioso cercando di rallentarci il passo. Poco alla volta il gruppo si è sfaldato, fino a quando non siamo rimasti in quattro: Paolo, Diego, Chiara (Rossi) ed io. I primi due per l'arrivo più lontanto, noi per quello intermedio. Anche Paolo ha avuto una piccola flessione, ma non ha mai perso troppo terreno.

L'unico vero mio problema invece è successo al ventesimo chilometro quando ho voluto prendere l'unico gel che avevo in tasca. Un aiuto più per la testa che per le gambe. Come già successo a Dalmine un mese e mezzo fa, bevendo mi sono ingozzato e il colpo di tossa addominale ha violentemente vivacizzato il dolore che ormai mi accompagna da troppe settimane. Paolo se ne è accorto subito, ma fortunatamente la fitta è durata solo qualche istante, lasciando poi solo uno strascico fastidioso ma sopportabile. Forse tutto offuscato dal freddo che col passare dei chilometri è diventato quasi insopportabile. Fatica e gelo non sono due abbinamenti facili da sostenere. Gambe stanche ma soprattutto ghiacciate, vento contrario o laterale, mani insensibili, pioggia che ha cominciato a infiltrarsi tra schiena e cosce. Una situazione tutt'altro che rilassante. Ma il ritmo non è mai calato. Il cronometro non si è mai scostato dai 4' 15", ma data la situazione è ben facile capire che in altre condizioni saremmo stati ben più veloci col medesimo sforzo. Ed i continui regolari sorpassi che siamo riusciti a fare recuperando posizioni davanti a noi ne sono stati il risultato più evidente.

Passato il venticinquesimo chilometro il countdown per me e Chiara è diventato costante. Noi davanti a fare il ritmo, Paolo e Diego dietro a recuperare. Fino al nostro ultimo chilometro, alle porte di Soragna dove un metro dopo l'altro abbiamo guadagnato qualche secondo di vantaggio per lanciarci verso il traguardo. Il freddo è diventato meno opprimente e sentire in lontananza il vociare del microfono è stato confortante. Per strada invece ancora il nulla più assoluto. Non uno spettatore, non un'auto. In Emilia funziona così, o tutto o niente. Entrato in centro paese l'ultimo tratto più difficile che dà il nome ai trenta chilometri del percorso (Corsa del Principe), il passaggio nel Castello del Principe. Una ventina di metri sull'asciutto dell'atrio del palazzo per poi fuoriuscire nel giardino e cercare di passare indenni i pochi gradini che portano verso il traguardo. Non proprio uno scorcio facile ed invitante prima del piccolo allungo finale. Chiara (ferma per l'influenza che l'ha colpita in settimana, nda) ci riprende col cellulare mentre le sfiliamo davanti e fermiamo i nostri cronometri dopo 2h 02' 02". Per uno che ha come pettorale il 2122, quasi un obbligo. Scambio un reciproco saluto di ringraziamento con Chiara (Rossi, seconda donna assoluta, nda) prima di buttarmi ad incitare Paolo per l'ultima volta. Un po' invidioso, ma anche felice di essere finalmente arrivato. Alla partenza sarebbe dovuto essere tutto diverso, ma sono consapevole che le condizioni, soprattutto nella seconda parte, sono state difficili. Dure. Contrarie. A freddo il gelo entra nelle ossa, i vestiti fradici si appiccicano alla pelle, le gambe diventano sempre più rigide. La voglia è solo quella di una doccai calda restauratrice. In fondo, domani, è già tempo per un altro allenamento.