The Loop
Non è facile (per me) trovare ogni giorno la motivazione per uscire e correre senza avere ben chiaro un obiettivo. Soprattutto negli allenamenti più duri o più intensi. Se all'inizio l'idea di riuscire a correre senza infortunarsi è stata una grossa spinta, man mano che i chilometri passano diventa sempre più difficile. Ma poi basta una carezza del cronometro per riprendere a fare girare la ruota ancora più forte come fossi un criceto.
Anche perchè sta diventando sempre più impegnativo giostrarsi tra i tanti impegni che si stanno intrecciando nell'ultimo periodo. E lo si vede anche dalla non-regolarità col quale aggiorno il sito ultimamente. Avrei tanto da scrivere, tante idee che mi spuntano improvvisamente in mente. Dovrei forse provare a farlo correndo. Quello, credo, non ha iniziato a farlo ancora nessuno. Forse anche questo incide nella voglia di uscire. Dover ritagliare un veloce spazio tra mille impegni, senza riuscire a godere pienamente del bello della corsa. Ma è giusto che le priorità siano altre e che gli allenamenti, mirati o improvvisati che siano, diventino solo il contorno per gustare al meglio tutto il resto. Cosa che però non mi è bastata pensare venerdì scorso, mentre ero lungo il Naviglio per la serie settimanale di ripetute lunghe.
Ripetute 5x1000 rec. 3'
Si, ripetute. Ho deciso finalmente di passare ad una fase più spinta rispetto al fartlek dell'ultimo mese. Non che l'allenamento sia cambiato in maniera sconsiderata. Solo per distinguerlo da quanto fatto fino ad ora. Sempre 5x1000 a sensazione ma questa volta con recupero più breve di soli tre minuti. Una differenza sostanziale, soprattutto dopo le prime serie. Le sensazioni questa volta non sono state buonissime. Sono uscito la sera, dopo gli impegni lavorativi, fortunatamente quando la pioggia aveva deciso una pausa prima di ricominciare ad inondare il week-end. Come in questa prima parte di anno non ho mai guardato il cronometro. Nonostante tutto mi sono sentito pesante, non reattivo, col peso dei chilometri sulle gambe. Ho cercato di essere costante, di spingere ma senza esagerare, di trovare il giusto ritmo per sopportare il chilometro. Ma non sono mai stato soddisfatto. Sopratuttto nella seconda metà, dalla terza ripetuta in poi, quando il percorso si fa un po' più aspro tra piccoli sali-scendi e slalom tra paletti. La tentazione di rallentare è stata tanta, lo ammetto. Ma se si molla in allenamento, in gara sarà sempre poi peggio. Per cui ho proseguito, cercando comunque di fare il meglio. Di dare sempre il massimo. Ai piedi le Nike Elite 8 che, a sorpresa, si stanno dimostrando il miglior compromesso con i nuovi plantari. Le ho addirittura sentite meno secche, ma ugualmente reattive. E probabilmente qualche vantaggio me lo hanno dato, visto che a fine allenamento il broncio deluso ha lasciato posto a stupore e soddisfazione guardando gli intertempi dell'allenamento: 3' 35", 3' 37", 3' 43", 3' 41", 3' 41". Tenendo conto che l'ultimo fartlek aveva avuto una media costante di 3' 45" ma con recupero quasi doppio, una buona progressione. E a posteriori ho anche capito perchè mi sentissi così spossato fin dall'inizio. Un pessimo allenamento che si è trasformato nel giro di pochi secondi in un allenamento soddisfacente. Avrei voluto aumentare la distanza questa settimana ma, visti i risultati, l'obiettivo sarà di scendere ancora e correre tutte le serie in modo più costante.
24 Km a sensazione
La domenica si è invece presentata come la tipica mattinata da papà-runner. Chiara, che sta preparando la sua ascesa verso la Milano Marathon, uscita di casa presto per i suoi primi trenta chilometri di preparazione ed io con Tommaso. Niente più tapasciate. Niente più gare ogni week-end. Almeno fino a quando non farà un po' più caldo e non sarà ancora tempo per ritornare in pista con il passeggino da running Thule Glide. Temperatura più invernale rispetto agli ultimi giorni, ma soprattutto tanta pioggia nel momento in cui io e Chiara ci siamo dati il cambio a metà mattina. Solo 24 Km per me. Meglio non bruciare le tappe e allungare poco alla volta per arrivare ai trenta a fine mese alla Corsa del Principe delle Terre Verdiane. E nessuna fretta. Con la pioggia fredda e il cappuccio in testa per quasi tutto l'allenamento, ho solo deciso la direzione da prendere lungo il Naviglio (verso Cernusco) ed ho seguito l'alzaia. Non sono stato l'unico a ritrovarmi infradiciato, ma sicuramente il più attento all'abbigliamento. Uscire con un cappello di lana e una felpa con cappuccio non è sicuramente il modo migliore per decidere di affrontare una giornata piovosa in inverno. Non ho mai controllato il passo, ritrovando strade sulle quali non correvo da un po'. Sono passato ormai più di due anni da quando passavo le mie pause-pranzo in questa zona del Naviglio. E credo che l'ultima volta in cui ci sono ritornato fosse stato alla vigilia della Milano Marathon dello scorso anno in uno degli ultimi allenamenti di qualità fatti con Franco. Altro amarcord che vorrei tanto ritrovare presto.
Problemi grossi, se non dovuti al congelamento delle mani che non sono mai riuscito a scaldarsi, non ne ho avuti. Le gambe hanno corso bene, soprattuto nel tratto di andata sempre in leggera discesa. A metà del ritorno la fatica è invece cominciata ad uscire. Normale dopo i carichi settimanali, ma soprattutto per il clima rigido che sicuramente non ha aiutate le gambe a sciogliersi. Ma quello che mi interessava era rimanere sulle gambe, sentire il peso dei chilometri aumentare mano mano, avvicinarmi piano piano a quelle tre ore di autonomia della maratona per farle diventare sempre di meno. Era da tanto che non correvo senza problemi per 1h 46', probabilmente dal lungo alla Parma Marathon. Questo sono stati gli ultimi giorni. Un loop continuo che si ripresenterà ancora questa settimana e poi la prossima e qualla dopo ancora. Un giro continuo, una ripetizione senza sosta, ma con la voglia e l'obiettivo di fare girare sempre più forte la ruota.