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Alla fine si corre

Poteva andare peggio. Può sempre andare peggio. Ma alla fine (proprio alla fine) anche questa volta sono riuscito a riprendere a correre. I conti di fine-anno li farò solo la prossima settimana, ma intanto posso parlare di queste ultimi giorni, in cui finalmente ho ritrovato un po’ di feeling con la strada. Difficile, ma non impossibile. 

L’ultima volta che ero riuscito a correre senza problemi era ancora fine settembre. Qualche mese, da fine primavera, che mi aveva permesso di ritornare a coprire non più di sedici chilometri. Perché ricominciare dopo un lungo stop (parliamo di mesi non di settimane senza corsa) non è semplice, soprattutto quando si ha l’intenzione di ritornare a correre seriamente. 

Poi un nuovo calvario. La schiena che, nonostante gli esercizi di rinforzo quotidiani, ha deciso di non voler più collaborare e l’opzione bici (indoor, con il MyCycling di Technogym) che mi ha aiutato a sopperire alla mancanza della corsa. Chilometri pedalando, cercando di dare un po’ di respiro ai muscoli lombari e alla loro carissime amiche ernia e protusione. Una ricaduta dolorosa ma non pesante come ad inizio anno, che però ha allungato il periodo di stop oltre il dovuto. 

Forse è stato un bene (per la schiena) l’operazione alla cistifellea (sto ancora sperando di vedere risultati miracolosi come era successo alla Straneo dopo la sua a milza-e-cistifellea). O forse è stato un bene essere già fermo da qualche settimana, per non cadere nella tentazione di riprendere subito ritmi di allenamento troppo alti e pesanti. I medici erano tutti concordi nel ritorno all’attività fisica solo dopo pochi giorni, ma la realtà è stata ben diversa. 

Ho dovuto aspettare quasi un mese prima di poter riprovare a forzare sugli addominali e le prime corse post-operazione non sono state così semplici come prospettato. Primi allenamenti che hanno anche inciso con le settimane di trasferta di lavoro al caldo di Abu Dhabi. Altro tassello che ha dato il suo contributo positivo, lasciandomi concentrato maggiormente sul lavoro piuttosto che sul ritorno alla corsa. Allenamenti ripresi poco a poco, con fatica, un po’ per la temperatura fuoristagione più alta di quanto fossi abituato, un po’ per le gambe che ormai avevano perso l’abitudine all’attività.

Cinque-sei chilometri per volta, due-tre volte a settimana. Con la voglia iniziale di allungare distanza e ritmo, ma con anche la consapevolezza di non poterlo fare. Gambe che hanno perso muscolatura, fiato che ha perso la sua potenza, cuore che non ha più il ritmo. Ma inevitabilmente i chilometri sono poi aumentati. Prima otto, poi dieci. Con il ritmo che poco a poco riprende possesso delle gambe, che non hai mai smesso di sperare, memori di un gesto che per un runner è automatico come respirare. 

Non ho ancora ripreso con regolarità. Non è ancora venuto il momento di seguire tabelle giornaliere e settimanali. Non ho nemmeno ripreso ad alternare bici e corsa. Prima mi devo ancora districare tra una miriade di impegni, riappropriarmi del mio tempo, provando già ad organizzare i mesi a venire. Poi c’è sempre l’intoppo dell’ultimo minuto (ieri qualche linea di febbre giusto per rendere il tutto più avvincente). Ma sapere di esserci è sufficiente per guardare avanti con un po’ di positività. Lasciare libera la mente di rilassarsi (almeno in quell’ora di svago tra i campi e l’aria gelida dell’inverno) e pensare a quello che sarà. Nessuno ci può impedire di correre, come nessuno ci può impedire di sognare. Io mi sono già portato avanti. Non mi rimane che provare a raggiungermi.