Di nuovo in gara in coppia alla Run&Bike
È passato qualche giorno da quando abbiamo tagliato il traguardo, ma ci penso ancora. Perché tornare in gara dopo tanto tempo non è stato facile. Ma farlo insieme a Chiara ha dato un sapore diverso. Dolce e amaro insieme. E questa è stata la nostra Run&Bike.
Nove anni fa correvamo la nostra prima gara insieme. Io e Chiara. Si chiamava Run&Bike della Brianza (leggi il racconto qui). Un’unica edizione, purtroppo, mai più ripetuta. Un’esperienza, allora, per noi nuova. Nuova per la formula che prevedeva di “correre” in coppia uno a piedi e uno in sella alla bici e di scambiarsi liberamente i ruoli lungo tutto il tracciato di gara. Nuova per la modalità, per noi coppia novella, che poi col tempo è invece diventata una "prassi da podio". Dopo nove anni (e qualche spicciolo) ci siamo ritrovati nuovamente al via di una nuova Run&Bike, uno a piedi e l’altra sui pedali di una mountain bike (e viceversa). Non più novelli, ma ancora una volta all’inizio di una nuova storia, questa volta da mamma e papà runners. È stato un po’ come un nuovo inizio, per ripartire ancora una volta insieme, facendo i conti con i chilometri lasciati alle spalle, gli anni persi per strada e un nuovo traguardo da raggiungere.
Era già da qualche anno che avremmo voluto prendere parte alla Run&Bike di 200BPM che si corre ogni primavera partendo dal Naviglio Martesana, strade di casa per noi. Ma tra bimbi grandi e piccoli il tempo è passato in fretta e gli impegni sono sempre stati tanti. Non questa volta (si ringraziano i nonni per la gentile assistenza d babysitteraggio domenicale).
Devo anche ammettere che, dopo la lunga pausa agonistica un po’ dovuta ai miei problemi di schiena, un po’ ai bambini e, non ultima, alla pandemia, l’abitudine alle gare si era persa per strada. Mi ha fatto strano svegliarmi presto per indossare un pettorale, cosa che fino a qualche anno fa era prassi quasi settimanale.
Prima della gara abbiamo perso anche fin troppo tempo caracollando di qua e di là, osservando le coppie presenti, ormai quasi tutte sconosciute, cercando di capire chi potessero essere i nostri avversari. Non nego che, nonostante la forma sia ancora ben lontana dagli standard a cui l’avevo lasciata, lottare per il podio è sempre stato il primo obiettivo, un po’ un sogno. Da cui però a un certo punto bisogna svegliarsi. E non ci ho impiegato molto tempo.
Siamo partiti con nessuna tattica. Chiara, in sella, mi aspettava già a un chilometro abbondante di distanza insieme a (quasi) tutte le donne, poco dopo il primo tratto di Naviglio. Il via non è stato indolore. Ritmi fin da subito alti a cui non sono più abituato. Ho sentito che le gambe non avrebbero retto per molto senza controllo della situazione e mi sono accontentato di piazzarmi in terza/quarta posizione per vedere gli sviluppi lungo i 15 km di gara.
Raggiunta Chiara ho chiesto subito il cambio dopo il primo chilometro e mezzo a tutta e ho lasciato a lei l’onere di inseguire i primi, già lontani.
Di nuovo in gara con Chiara alla Run&Bike.
In una gara come la Run&Bike a parità di prestazione la tattica è fondamentale. C’è chi a priori cambia ogni chilometro, chi quando non ce la fa più, chi si affida alla forza dell’uomo, chi fa a caso. Noi siamo andati a sensazione (qui la nostra gara su Strava e Garmin Connect), tirando il più possibile per uno o due chilometri come fossimo in ripetuta e dandoci il cambio quando i ritmi inevitabilmente hanno iniziato a scendere.
Dopo un chilometro passato in sella, le strade sterrate di campagna e un po’ di rifiatamento, ho ripreso la mia rincorsa in lotta con altre due coppie per l’unico posto disponibile, il terzo. Quasi mai sincronizzati, ci siamo superati ad ogni cambio, recuperando strada, perdendo secondi, correndo appaiati. Un cambio, poi un altro, un altro ancora. Abbastanza regolari, con le gambe sempre più pesanti e imballate e la difficoltà di ripartire ogni volta. La media finale di 3’49” ha rispecchiato abbastanza fedelmente le nostre sensazioni.
La seconda parte di gara (il secondo giro) ci ha portato però verso la ”triste" realtà. Quando eravamo ormai certi di doverci giocare il terzo gradino del podio con l’unica coppa rimasta a precederci di qualche metro, mi sono visto recuperare e sorpassare da una ragazza con tutt’altro ritmo nelle gambe. Ho provato a resistere qualche centinaio di metri aumentando il passo, ma dovendomi arrendere poco dopo e guardandola allontanarsi piano piano. Anche il cambio successivo con Chiara non ha portato un risultato diverso e abbiamo fatto attenzione solo a mantenere la nostra posizione cercando di perdere meno terreno possibile, facendo attenzione a qualsiasi piccolo segnale di cedimento. Ma nulla.
Lo strappo finale è stato tutto opera di Chiara, lanciata sull’asfalto verso il traguardo, con qualche timido spettatore ad applaudire e la sola voglia di arrivare. E lo abbiamo fatto ancora insieme dopo tanto tempo, mano nella mano, con un timido sorriso coperto dalla stanchezza. Quinti, in 54’58". Ma con la voglia di riprovarci ancora.