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Il Corriere fa bene, ma con moderazione

Prendo spunto da un articolo pubblicato su Corriere.it "Correre fa bene, ma con moderazione per non danneggiare il cuore" per un po' di sana polemica. Mi chiedo come un giornale (è l'edizione on-line, ma pur sempre giornale rimane) che viene letto da milioni di persone possa scrivere (o ripubblicare) e dare notizie così approssimative, confuse e soprattutto scorrette. Tenendo presente che la testata fa parte del gruppo RCS organizzatore, tra le altre, della Milano Marathon. Non proprio una delle distanze più semplici da correre e preparare, soprattutto tenendo conto dei termini di giudizio usati nell'articolo. Ma andiamo con ordine, innanzitutto qualche sintetica citazione (l'articolo intero lo potete leggere direttamente al link).

L'articolo inizia con la conclusione (molto in sintesi, cit.) a cui la giornalista (tale Emanuela Di Pasqua) è arrivata, dopo aver letto i risultati di una ricerca della Copenahgen City Heart Study del Frederiksberg Hospital: Correre troppo comporta gli stessi rischi di morte di stare perennemente sdraiati sul divano. Esattamente. Come anche per chi cammina o va in bici o sta nuotando o viaggia in macchina o si trova a scuola. Il rischio c'è sempre. Ma forse tra le righe si intende qualcos'altro.

I ricercatori hanno selezionato 5048 partecipanti sani e con un'età compresa tra i 20 e gli 86 anni e li hanno sottoposti a questionari riguardanti la loro attività fisica (...) monitorandoli per dodici anni. Ho sempre voluto conoscere questi famigerati ricercatori. Sarei curioso di capire come poter paragonare un ragazzo di vent'anni ed un nonno di ottanta. Certo, se li facessimo correre tutti e due alla stessa velocità o per la stessa durata di tempo è molto probabile che il vecchio ci lasci la pelle per primo. E se non ci ha pensato la corsa è altrettanto probabile che in dodici anni ci pensi il tempo (ottantasei più dodici fa novantotto!).

Al termine di questo periodo gli studiosi danesi hanno registrato la morte di 28 corridori e di 128 sedentari (...) L’analisi dei decessi ha permesso di evidenziare che gli appartenenti alla prima categoria hanno il 78% di probabilità di morte in meno rispetto ai sedentari. Ritorniamo alla domanda di prima. E le età? E' probabile che i più sedentari siano anziani e che i più attivi siano persone giovani o comunque di mezza età, non mi sembra così sorprendente come risultato. Se consideriamo poi che l'attività fisica dovrebbe rafforzare il fisico, il cuore, i polmoni, il cervello il risultato mi sembra abbastanza scontato e prevedibile.

Viene poi fatta una suddivisione dei corridori in due gruppi "light joggers" che corrono per meno di due ore e mezza alla settimana e con una velocità entro gli 8 km/h e gli “strenuous jogger” che invece si esercitano per più di quattro ore settimanali e corrono a velocità superiori agli 11 km/h. Non me ne voglia nessuno, io sono il sostenitore della tesi che ognuno deve correre alla velocità che preferisce e che gli riesce, ma considerare come gruppo di riferimento chi corre più lento di 7' 30" al chilometro (light joggers) mi sembra un'assurdità. Prendo in esame i 42 Km della maratona, che sono già una distanza impegnativa e che quindi allarga nettamente il gruppo appena prescelto rispetto ad esempio ad una corsa di 10 Km. Il grosso dei maratoneti che arriva al traguardo lo fa tra le 3h 30' e le 4h 30'. I cosiddetti light joggers ci impiegherebbero dalle 5h 16' in su. Stiamo parlando di una nicchia, visto che mediamente la maggior parte dei runners arrivano al termine della maratona nelle prime sei ore. Come si fa a confrontare due gruppi così disomogenei? Non solo come velocità, ma sicuramente anche di età. E si ritorna al discorso di prima. Se vogliamo inoltre essere ancora più precisi non possiamo neanche paragonare il lavoro che fa un runner che corre sette-su-sette e che corre la maratona in 2h 30" e il suo compagno di squadra che si allena invece quattro-su-sette e la corre in 4h 00'. Considerandoli della stessa età. E non ho preso in considerazione la differenza di sesso. E' risaputo che la velocità di una donna non è paragonabile a quella di un uomo in termini assoluti. Ma andiamo avanti.

Il risultato più sorprendente però è quello che avvicina il rischio di mortalità dei sedentari a quello dei corridori più instancabili, sottolineando come un eccesso di sforzo fisico prolungato nel tempo possa essere estremamente dannoso per il cuore (...) la tabella di allenamento che garantisce i migliori risultati prevede di correre da 1 a 2,4 ore settimanali, non più di tre-giorni-su-sette e a velocità moderata o lenta. Quindi tutti quei runners che col passare degli anni hanno imparato che il sacrificio e la fatica fanno vivere meglio hanno solo rischiato di morire. Al di là del fatto che è risaputo che correre troppo piano (parliamo di non superare i 7' 30" al chilometro ricordo) non serve nemmeno a rimanere in forma (grassi bruciati), ma questi fantomatici ricercatori hanno provato a vedere i benefici che lo sforzo fisico e l'allenamento sotto-sforzo danno ad esempio al cuore? O alla pressione? Io parlo da amatore, che ha imparato un po' leggendo, studiando e un po' correndo, sulla propria pelle. Il problema non è correre a lungo sottosforzo, ma voler bruciare le tappe. Non è allenarsi troppo spesso, ma farlo senza essere pronti. Ho visto runners ultra-sessantenni che sembravano ragazzini e qurantenni divanisti-convinti che sembravano degli ottantenni.

Se l’obiettivo di una persona è quello di migliorare la propria aspettativa di vita correre qualche volta alla settimana a un ritmo moderato è una buona strategia. Gli eccessi non sono solo inutili, ma potenzialmente pericolosi. Ma allora se l'obiettivo di una persona è quello di migliorare la propria aspettativa di vita perchè analizzare la corsa? Forse sono altri i fattori che andrebbero considerati (l'alimentazione? il fumo? il lavoro? lo stress?). Io non corro (come penso la maggior parte) per vivere di più. Io corro perchè mi piace. Io corro perchè mi fa stare bene. Io corro perchè mi diverto. Io corro perchè non posso farne a meno. E ognuno dovrebbe solamente correre come preferisce. Conoscere i propri limiti, provare a raggiungerli, sentirsi soddisfatto, stare bene. Non c'entrano il ritmo, la velocità, le volte che si esce ad allenarsi. Conta saperlo fare nel modo giusto. E per ognuno è un modo diverso.