Meucci Straneo. Voglia di Maratona
Daniele Meucci. Valeria Stranero. Oro. Argento. Quarantaduemilacentonovantacinquemetri. L'Italia domina nella gara più dura, più difficile, più bella dell'atletica. Si può essere d'accordo o meno, ma è la realtà. L'unica gara dove non conta solo essere al top. L'unica gara dove non conta solo correre veloce. L'unica gara in cui allenamento, tattica, testa, voglia, sacrificio ti portano al traguardo. Due italiani, due italiani veri. Non-importati. Due tattiche diverse, ma due tattiche vincenti. Daniele ha corso la maratona perfetta. Sempre nel gruppo di testa, non si è lasciato tentare dal polacco che ha provato la gara della vita, ma sbagliando i tempi. La maratona non perdona quando azzardi e correre trenta chilometri in solitaria davanti a tutti non equivale a vincerla. Benzina finita. Meucci ha aspettato e quando la vera-gara comincia, al chilometro trenta, ha dato la zampata finale. Valeria è stata davanti, come sempre. Ha pensato a fare la sua gara. Il suo ritmo. Per batterla bisogna stare con lei e sperare che prima o poi abbia un calo, un problemino. Altrimenti resta imprendibile, nonostante i trentotto anni. Due gare diverse, ma emozionanti. E' stato quasi un bene non poter correre in questo week-end. Sono emozioni che solo la maratona sa regalare. Ed è bastato guardarla in televisione per sentire la voglia dei quarantadue chilometri crescere. Per ricordarmi che tutto quello che sto facendo lo sto facendo per Lei.
Tanti pseudo-sportivi avrebbero da imparare guardando la maratona. E provando a capirla. Perchè dietro quelle due ore abbondanti di corsa si nascondono mesi di preparazione. Sacrifici. Allenamenti. Infortuni. Dietro alla felicità di Daniele che sgorga nei centonovantacinquemetri finali attraversando con le braccia alzate il traguardo si riversano tutti gli sforzi dovuti e pagati per essere lì. Lo sono per un amatore, lo sono ancora di più per un professionista che fa della corsa la sua vita. Per davvero. O forse è il contrario. Lo sa Valeria che ha vissuto la maratona con entrambe le scarpe, prima da una qualunque e poi da numero uno. Ma lo sforzo che si legge nei suoi occhi nei due chilometri finali mentre prova a rincorrere quella prima posizione scappata per qualche secondo è la stesso che ogni domenica si vede nello sguardo delle migliaia di amatori che stremati arrivano al traguardo a braccia alzate senza essere stati per forza i migliori. O forse si. E' quell'emozione, quella scarica di adrenalina, quella gioia mista a dolore che ti invoglia a ritornare alla partenza. 1 marzo 2015. Treviso. Se mai avessi avuto dei dubbi ormai credo di non averne più. Perchè guardando bene bene, insieme a Daniele e Valeria sotto quel traguardo, c'ero anche io.