A freddo
Da quando ho tagliato il traguardo domenica mi capita di rivivere continuamente la corsa. Ed ogni volta c'è qualche dettaglio in più, come se si stesse diradando la nebbia. Mentre la fatica si smaltisce dalle gambe, le emozioni lasciano spazio pian piano alla lucidità. Rivivo i momenti in cui la stanchezza ha preso il sopravvento, in cui avrei dovuto tenere duro e stringere i denti. Da fuori sembra tutto più facile, chiaro. Anche più semplice di quello che è poi stato. Un'analisi critica che serve per capire cosa è andato storto e cosa no, cosa si può migliorare, su cosa lavorare. Il punto di partenza.
Di una cosa sono certo. La vera crisi, il famoso muro, non c'è stato. Anche guardando il tracciato del garmin, si nota come in realtà il calo di ritmo negli ultimi dieci chilometri sia stato diluito, non repentino. Ma mi ricordo allo stesso modo gli scherzi che la mente ha fatto, ad ogni intermedio in cui mi è capitato in altre maratone di soffrire. Il sentore di crampi attorno al 15 Km e la fatica nata dal 24 Km, come già era successo questa primavera a Milano. Il rallenamento del 32 Km, chilometro della crisi nelle mie prime maratone. Scherzi della mente. In realtà sono sempre stato bene e nel momento in cui non mi sono accorto del chilometraggio perchè distratto da altri pensieri, il piccolo cedimento non c'è stato. Sarebbe potuto essere il 37-38 Km il punto critico ed invece tutto è andato liscio. Un'altra cosa che non mi ha dato problemi sono state le ginocchia. Pensavo che sul finire della gara il peso dei chilometri si sarebbe fatto sentire e invece così non è stato. Evidentemente il chilometraggio eleveato della preparazione ha lasciato qualche strascico nei mesi centrali, ma poi ha dato la spinta per stare sempre meglio. Ed è decisamente preferibile soffrire in allenamento piuttosto che unire altra fatica a quella già accumulata in gara. Di una cosa però mi sono accorto. Nella seconda parte di percorso avrei voluto aumentare il ritmo per provare a correrla in positivo, più velocemente della prima. Non ci sono riuscito, anche se (come suggeritomi da Paolo, nda) analizzando la seconda parte della Milano City Marathon 2012 - quella del pb - sono stato più veloce di allora. Che vuol dire un'impostazione di gara migliore. Io so che la mia forza è quella di riuscire a mantenermi costante. Mi ha ringraziato anche Franco per questo. Se sto bene, so di poter partire ad un ritmo ed arrivare a quello (vd. Maratona di Reggio Emilia). L'ideale sarebbe imparare a forzare nel finale, a non cedere a quelle piccole crisi che ti rallentano di qualche secondo costantemente. E per fare questo, diversamente da quanto fatto nelle ultime settimane, mi devo allenare molto di più sul ritmo gara. Insegnare alle gambe quale sia il ritmo che dovranno tenere. Nei lunghissimi, ho ceduto, soprattutto nel finale a ritmi più lenti di quello che avrei dovuto e probabilmente questo l'ho pagato poi. Giusto partire a ritmo lento come suggerito da Fulvio, ma nella seconda parte è necessario stringere i denti. Soffrire prima e goderne poi. Sempre il solito discorso. E poi il peso. In questi mesi ho dovuto ricostruire tutta la parte muscolare che avevo perso. Riprendere la forma e mettere muscoli. E tutto è andato a discapito del peso. Sono dimagrito, ma i muscoli pesano più del grasso e correre con 70 Kg sulle spalle non è possibile. O meglio lo è, ma a pagare sono poi i secondi in gara. Veloce. Quello che devo diventare. Più veloce. E questo è il punto di partenza. In queste settimane voglio pensare ad un programma anche a lungo termine che porti a questo. Togliere chili e secondi. Non ci può essere un effetto immediato. Ci vogliono sempre calma, pazienza, costanza. Ma almeno adeso so da dove iniziare.