Milano Marathon all over the World: il nuovo universo del running
Un’edizione Speciale della Milano Marathon che l’ha portata ai vertici mondiali. Un evento diverso. Un risultato che potrebbe aver aperto la strada a un nuovo modo di vivere il mondo del running, dividendo l'universo amatoriale e quello professionistico, per renderlo qualcosa di ancora più grande.
Mi mancava. Mi è mancato. Esserci e contribuire alla creazione di un evento mondiale. Risentire l’adrenalina, non della corsa fatta di secondi e chilometri, ma dell’organizzazione e degli incastri perfetti perché tutto funzioni al meglio. Quel tipo di maratona che inizia mesi prima e finisce solo quando l’ultimo è passato sotto l’arco del traguardo.
Era più di un anno che aspettavo questo momento. Quindici mesi fa, quando in aeroporto a Dubai leggevo le notizie dei due cinesi malati di Covid in albergo a Roma, non mi sarei mai immaginato tutto quello che sarebbe accaduto dopo. Più di un anno senza eventi, in Italia e all’estero. L’ultima volta era successo a Ras Al Khaimah dove avevamo festeggiato il record mondiale femminile di mezza maratona. Poi il crollo. Ventesima Milano Marathon annullata e via via tutto quello che era sempre stato il mondo della corsa così come lo avevamo conosciuto. A inizio anno sembrava che proprio da RAK avremmo ripreso, ma a pochi giorni dal via, tutto era sfumato per l’ennesima volta. Anche per questo, l’edizione speciale della Milano Marathon che abbiamo vissuto in questo week-end è stata così speciale, perché ha segnato il punto di inizio di quello che spero possa essere davvero la nuova era degli eventi di running.
Un’edizione Speciale, nel vero senso della parola. Primo vero grande evento in Italia dopo mesi di incertezze, miglior crono maschile di sempre su suolo italiano, miglior crono femminile di sempre su suolo italiano, miglior crono mondiale dell’anno, quinta prestazione mondiale all-time.
Un risultato figlio anche di tutto quello che è successo. Per la voglia di riscatto che ognuno di quelli che ha contribuito a rendere possibile questo grande evento ci ha messo. Runners in primis, motivati e stimolati in un anno di poche corse, ma sempre con grandi tempi. Ma anche di chi ha creato e fatto parte di una macchina che ha portato Milano Marathon ad essere una delle cinque maratone più veloci al mondo (solo Londra e Berlino hanno fatto meglio).
Per questo esserci stato conta più di ogni altra cosa. Più delle notti passate lungo il percorso, più dei chilometri camminati e pedalati per sistemare ogni singolo millimetro di tracciato, più delle ore passate per incastrare perfettamente tutti i tasselli che l’hanno resa una vera Regina.
Forse dovremo abituarci all’idea che le corse, le maratone, come tutto li resto, non saranno davvero più come prima. Non per resa, ma per opportunità. Perché da tutto quello che è successo abbiamo potuto imparare cose che prima forse non avevamo mai considerato.
C’è chi dice che non è stata una vera maratona perché non c’è stato un evento di massa. Forse è arrivato davvero il momento di prendere in considerazione anche questo. Che le maratone, soprattutto quelle più grandi, sono fatte di due eventi mischiati ma distinti: quelle dei top runner e quelle degli amatori. Che hanno dinamiche, necessità, tempistiche differenti. E forse andrebbero divise.
Creare un grande week-end sportivo, dove assistere alla bellezza e all’eleganza di chi ha fatto della corsa la propria essenza e dove vivere in prima persona la magia dei quarantadue chilometri. Anche su percorsi differenti. Su circuito (veloce) per i top runner, come successo ieri a Milano, per vedere da vicino come corrono i campioni, sostenerli, incitarli e assaporarne le gesta. Su percorso tradizionale per gli amatori, che possano gustarsi il bello delle nostre città e vivere un’esperienza non solo sportiva. Perché è questa la grandezza della corsa: riuscire ad unire mondi distanti e renderli un unico grande universo.
Due anni fa, avevo scritto che "Milano vuole andare oltre”. Beh, oggi ci è arrivata. È salita su un gradino che probabilmente (quasi) nessuno si sarebbe immaginato. Eppure qualcuno ci ha creduto. E si è avverato.
Titus Ekiru (2:02:57) ha abbassato il suo tempo di quasi due minuti, entrando nell’Olimpo dei runner mondiali e trascinando con sé tutti quelli che gli hanno permesso di farlo. Hiwot Gebrekidan Gebremaryam (2:19:35) ha riportato a Milano quello che è suo di diritto in campo femminile. Due risultati che non sono figli del caso, perché se li aveste visti correre a pochi metri di stanza sareste stati rapiti dall’eleganza, dalla precisione, dalla perfezione e dalla potenza dei loro gesti.
Non ho corso. E mi è mancato. Ma allo stesso tempo non sarei voluto essere in nessun altro posto se non lì. Perché la corsa è fatta di tante sfaccettature, tutte in grado di regalare emozioni, tutte in grado di regalare qualcosa di diverso. Difficile poterne fare senza.