Visita medica agonistica e Coronavirus
Tra i tanti disagi che il Coronavirus sta portando in questo periodo ce n’è uno sconosciuto ai più e che andrà a colpire tutti gli sportivi, runner compresi. Si tratta di un protocollo stilato dalla Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) elaborato per la ripresa dell’attività sportiva di chi è stato trovato positivo al Covid-19.
La visita medica sportiva è argomento spesso dibattuto, soprattutto tra i runner amatori. Un costo fisso, tutto sommato elevato (tra i 50 e i 70€ in base alla Regione in cui viene svolto), che ogni anno deve essere versato alla FMSI per poter avere il via libera all’attività agonistica. Una richiesta, targata 1982, prevista dal Ministero della Sanità, attualmente ancora in vigore solo in Italia (e in parte in Francia). Ma anche un check annuale di prevenzione e di verifica della propria salute. Qualcuno la vorrebbe non obbligatoria, qualcun altro più approfondita.
La visita medica, così come oggi è composta (qui il testo originale del Decreto Ministeriale), prevede una visita medica generale (come quella che si fa dal proprio medico di base), con oscultazioni, esame della vista, misurazione di pressione, peso e altezza. Poi l’esame delle urine, spirometria e un elettrocardiogramma a riposo e dopo lo sforzo. Sforzo che normalmente si effettua salendo e scendendo da un alto gradino per circa cinque minuti o, nei casi migliori, pedalando su un cicloergometro.
Possiamo discutere della sua reale utilità, ma rimane comunque almeno un check-up annuale che in tanti casi ha permesso di salvaguardare la salute di molti amatori.
Quello che però abbiamo scoperto ultimamente è che, nel durante-e-post-pandemia, le cose non funzioneranno più esattamente solo così.
Ne parlo in due articoli pubblicati su Runner’s World: "Visita medica: costerà davvero cara ai runner che hanno contratto il Coronavirus” (i invito a leggerlo interamente, è obbligatoria la registrazione al sito, ma l’articolo, molto lungo e completo, rimane comunque gratuito nella sua interezza) e “Visita medica sportiva: nuovo protocollo per atleti amatori positivi al Coronavirus”.
Il problema non è da poco. Ne ho discusso nelle scorse settimane con un caro amico runner che è incappato in questa novità e che, avendo una figlia che pratica atletica leggera, positiva e poi guarita dal Coronavirus, per avere l’idoneità sportiva ha dovuto pagare più di 300€ aggiuntivi al costo della visita medica sportiva di base. Un plus che non tutti si possono permettere. Soprattutto una trafila che allunga non di poco le tempistiche (e le rogne) per poter tornare a praticare sport agonistico.
Ciò che mi ha lasciato più basito è il fatto che di questa nuova obbligatorietà non ha parlato nessuno. Non il Coni. Non la Fidal (e nessun’altra federazione). Non il Governo. E, ribadisco, non è solo un problema di chi corre, ma dei milioni di sportivi, bambini, ragazzi e adulti, che ogni giorno riempiono, centri sportivi, piscine, campi da calcio, palestre, strade. Qualcosa di molto grosso. Con diverse problematiche.
Intanto l’effettiva necessità di un così largo coinvolgimento di atleti. Premesso che si stanno facendo studi che sembrerebbero confermare la possibilità che casi critici di Coronavirus possano lasciare segni permanenti a cuore e polmoni, non tutti i casi positivi hanno avuto la stessa gravità. Asintomatici e malati leggeri potrebbero non necessitare di ulteriori esami più approfonditi. Riempire cliniche e ospedali andando a caricare ancora maggiormente il peso sulla sanità nazionale andrebbe valutato attentamente. A meno che non sia tutta una scusa per un guadagno ulteriore del settore.
Il costo elevato, davvero eccessivo. Può una famiglia, in cui genitori e figli praticano tutti sport, e che ha avuto la sfortuna di ritrovarsi interamente malata, andare a spendere una cifra che sfiora i duemila euro per poter ritornare a svolgere (sempre che venga rilasciato il certificato medico) attività sportiva? Senza parlare del tempo necessario per effettuare tutte le analisi... un impegno decisamente gravoso.
Lo sport (qualunque sport) dovrebbe essere libertà, spensieratezza, divertimento, socializzazione, competizione. Così non la sarebbe più. Né per chi già lo pratica, né per chi vorrebbe avvicinarsi. E con il risultato di avere tanti amatori che rinunceranno a tesserarsi con le società sportive pur di non essere costretti a seguire questi nuovi protocolli. Un male per tutti.