La maratona è tutta un’altra cosa
La maratona è poesia, sacrificio, dedizione, sogno. Una gara spietata, ma allo stesso tempo affascinante. Ai Campionati Mondiali di Atletica Leggera di Doha la gara femminile è stata trasformata in una corsa alla sopravvivenza, in una gara a eliminazione. Vittima di caldo e umidità anche la nostra Sara Dossena, svenuta (letteralmente) al dodicesimo chilometro. Ma la maratona per me è tutta un’altra cosa.
Ho corso (se così si può dire) tutta l’estate al caldo anche di mezzogiorno e del pomeriggio. So cosa voglia dire correre con temperature proibitive e umidità alta (ma non così alta). So che non si può pretendere di mantenere i soliti ritmi e non vale la pena spingere al massimo. Mi ricordo la prima mattina che ho provato a correre alle Hawaii. O la prima volta che sono uscito ad Abu Dhabi. Impensabile per me provare a correre seriamente.
Non sono ancora al trentesimo chilometro le quattro donne del gruppo di testa della maratona femminile, mentre sto scrivendo. Ma per me potrebbero chiuderla già adesso. Una gara impari, senza senso, quella che sto vedendo. Una gara in cui non conta quale sia stata la preparazione degli ultimi mesi, dove non contano tutti i sacrifici fatti nell’ultimo anno, dove non contano capacità tecniche, tattiche e mentali. Conta sopravvivere. Sopportare caldo e umidità. E avere fortuna.
Probabilmente arriveranno al traguardo con un tempo superiore alle due ore e trenta. Un crono modesto anche per una top atleta italiana. Un tempo da maratona di seconda fascia, che nulla dovrebbe centrare con una gara mondiale. Il sogno di una vita per molte, bruciato (o forse meglio dire evaporato) dopo poco meno di un’ora.
Ho seguito per tutti questi mesi la cronaca-social degli allenamenti di Sara Dossena ed ero sicuro che avrebbe fatto bene. Non avrebbe vinto magari, ma avrebbe potuto tenere testa a tutte le atlete europee. Anche con l’infiammazione al piede sinistro che l’ha martoriata negli ultimi giorni. Ma il nemico, per lei come per la maggior parte delle atlete al via, non è stato il crono, non sono state le avversarie, non è stata la distanza. Ma il caldo e soprattutto l’umidità.
Meglio potrebbe andare nei prossimi giorni a chi gareggerà all’interno del Khalifa Stadium (anche se oggi ho già visto arrivare al traguardo atleti agonizzanti nelle gare di mezzo fondo) dotato di tremila bocchettoni di aria condizionata che manterranno la temperatura tra i 24 e i 26°C. In uno stadio a cielo aperto (!). Quando lo sport passa in secondo piano.