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Intervista esclusiva a Valeria Straneo

E' passato ormai un mese da quando avevo incontrato Valeria Straneo al Campo XXV aprile nella prima serata di vero inverno milanese. Una nebbia strana. Densa e mobile. Misteriosa. Affascinante. Carica. Un incontro che mi aveva dato fiducia per ricominciare a solcare la strada lungo il Naviglio, proprio come in quei giorni stava facendo lei. Questo quello che mi ha raccontato.

 "Ciao Valeria. Alla fine, dopo l’argento nella maratona ai mondiali di Mosca e quello agli europei di Zurigo, non sei riuscita a presentarti al via sulle strade di Pechino dove invece molti avrebbero voluto seguirti..."

"In realtà non era neanche in programma. Ma dopo la fatica alla maratona di New York dello scorso anno ho avuto un problema ('mi son silurata' è il termine tecnico che usa, nda) al bicipite femorale che mi ha costretto ad uno stop per alcune settimane. Poco male, dato che avevo comunque programmato due mesi di riposo. E infatti una volta ripresa, a giugno, con soli tre mesi di allenamenti, abbiamo poi vinto la Coppa Europa a squadre sui diecimila metri a Chia". Lo dice sorridendo, con la semplicità con la quale due amici si raccontano la tapasciata domenicale. "Poi però mi sono ritrovata nuovamente ferma dopo quindici giorni per una fastidiosissima fascite, probabilmente dovuta ancora al vecchio infortunio, avendo ricominciato quando ancora non ero al cento-per-cento pronta. Il tutto sommato agli allenamenti fatti in pista. E la pista non è mai proprio simpatica con i tendini”. 

"Ma toglimi una curiosità. Tu da maratoneta, quando corri in pista, che scarpe usi?"

"Le scarpe da pista (chiodate, nda) non so neanche che cosa sono. Se devo fare delle sedute più veloci metto le scarpe che uso in gara". Il freddo fa ingarbugliare le parole, le 'scarpe' diventano 'gare' e viceversa. L’atmosfera sembra quella dei racconti tra amici davanti ad una birra. "Per il resto mi alleno sempre con le stesse".

E adesso come stai?

“Adesso spero di riprendere. Oggi per la prima volta ho corso, ma solo tredici minuti (!), perché devo riprendere per gradi dopo cinque settimane in cui sono rimasta completamente ferma con la corsa”. Ce n’è da imparare per tutti. “Ho fatto bici, nuoto, corsa in acqua, palestra. Chi ne ha più ne metta… l’importante è non stare fermi”. Ridiamo quando racconta della fascite, venuta contemporaneamente ad entrambe ai piedi, “Vuol dire che sono equilibratissima, no?”.

Inevitabilmente poi il discorso va alle prossime Olimpiadi. "In vista di Rio pensi di poter riuscire a recuperare pienamente?"

“Mi auguro di recuperare. Sembrava che dovesse essere un infortunio leggero, invece siamo qui ancora a parlarne dopo cinque mesi. Devo necessariamente fare una maratona di passaggio per qualificarmi, perché purtroppo nel 2015 non sono riuscita ad essere né a Londra, come avevo in programma, né a Pechino. Potrebbe essere Nagoya in Giappone o Milano o Parigi. Non dovrebbe essere un problema visto che la IAAF richiede un minimo di 2h 42’. In realtà la Fidal richiede un 2h 30’ (per i non pre-selezionati) ma se non ci riesco, forse allora è meglio che mi guardi dal divano anche Rio”. Scherza, scoppiando in una risata contagiosa.

"Da qualche settimana sono apparsi sul tuo profilo Facebook, e su quello di altri campioni dell’atletica, una serie di foto-messaggi contro il doping..."

“Si. Tutti noi atleti della nazionale abbiamo deciso di dire la nostra in risposta ad un’intervista lasciata da un certo personaggio che ha dichiarato che ‘prima o poi tutti gli atleti pensano al doping’. Noi ci siamo sentiti tirati in causa e abbiamo ribattuto #No, non ho mai pensato di doparmi. Noi non ci abbiamo mai pensato. Alla fine abbiamo solo ribadito una concetto contro il doping. Contro il doping e contro nessun altro. – Ci tiene a sottolinearlo – E contro anche al fatto che ci sono atleti ex-dopati che ritornano in nazionale come se niente fosse. A me personalmente questo non piace. Io penso che la maglia azzurra non può essere onorata se la indossa un atleta che è stato squalificato pesantemente per doping. Non è assolutamente un bel messaggio quello che passa.” Si fa molto seria. “Questo è il mio personalissimo pensiero. Personalissimo, perché le regole dicono il contrario. Non viene passato un bel messaggio, soprattutto ai più giovani, che dicono ‘va beh, tanto poi mi danno un’altra possibilità, che mi frega, io ci provo’. Questo è un messaggio che non dovrebbe proprio passare. No al doping. E secondo me ci vorrebbe anche la squalifica a vita. Punto. Proprio drastica”. Come non condividere?

Per concludere un'ultima curiosità. Programmi per il futuro?

“Finché le gambe reggono, se gli infortuni me lo permettono, sarò sempre qua. Io ho grandi progetti per il futuro! – sghignazza – Mi darò ai trail, alla montagna, a qualcosa di divertente, non sempre e solo guardare il cronometro. Finalmente correrò per i boschi, come piace a me… e buonanotte!”. Correre. Divertendosi. Alla fine è questo che ci piace fare.