Mezza sul Brembo (Dalmine)
Ci sono sempre tanti modi per poter leggere una corsa. A volte univoci, altre volte contrapposti. O solamente differenti. Oggi non sapevo realmente cosa aspettarmi, ma non nascondo che un pensiero a qualcosa di molto buono ce lo avevo fatto. Soprattutto viste le premesse. Sia delle ultime settimane che prima. Sicuramente dopo i diecimila di San Donnino un po' di fiducia l'ho presa e soprattutto l'ho riversate negli allenamenti. E visto il punto di partenza dell'ultima mezza a Santa Barbara di due mesi fa, avrei potuto sperare in qualcosa di meglio. Ma invece di correre a Dalmine avrei forse dovuto provare nella vicina Ponte San Pietro. Magari un miracolo, come i suoi due colleghi, me lo avrebbe concesso.
Si ringraziano Arturo Barbieri e Podisti.net per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie..
Prima e ultima volta alla Mezza sul Brembo era stata tre anni fa, in quel 2012 che ha cambiato la mia vita sportiva (e non). Oggi, invece, devo solo decidere se guardare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Come allora cielo azzurro, temperatura ideale per essere inverno, sole e aria fredda. Un mix che dovrebbe essere un punto a favore. E siccome divisa che vince non si cambia, anche stesso abbigliamento degli ultimi diecimila: maglietta tecnica a maniche corte, canotta Corro Ergo Sum e svolazzini. Solo le scarpe sono cambiate, preferendo le più rigide Nike Elite alle superleggere Nike Lunaracer. Come in ogni gara della bergamasca che si rispetti, alla partenza più di un migliaio di pretendenti, capeggiati dal nazionale di maratona Giovanni Gualdi. I chilometri di riscaldamento li faccio in compagnia di Simone (Confalonieri), Marcella (Giana) e Chiara. Sensazioni buone. D'altronde nelle ultime settimane tutti gli allenamenti di qualità e velocità sono andati bene. Mi rimane sempre il solito amletico dubbio sulla durata.
Allo sparo vorrei provare a seguire Simone che se fosse in forma sarebbe solo un puntino lontano già al primo chilometro. Ma visto il periodo, come da lui confessato, potrebbe essere una buona lepre. Peccato che dopo pochi metri sia lui ad avere problemi e ci perdiamo subito. Solita bagarre nel primo chilometro troppo lanciato per molti. Anche per me, ma meno del solito. Fulvio mia ha chiesto esplicitamente di correre a sensazione senza guardare il cronometro, per imparare a leggere le sensazioni e per provare ad usare la gara come test in vista della preparazione della maratona (#roadtomilanomarathon). Cosa già provata in altre occasioni. Controllo solo l'intermedio del primo chilometro per verificare che il ritmo non sia troppo, veloce o lento. Mi ricordo abbastanza bene il percorso, anche per averlo studiato brevemente la sera prima. Lunghi simil-rettilinei in gran parte delle strade e passaggi per lo più in zone residenziali di tutti i paesi in cui passiamo. Qualche tratto in campagna, ma sempre su asfalto. Qualche salitella e discesa e due sottopassi. Passaggi in piazza a Treviolo e Osio Sotto. Quello che non mi ricordavo minimamente erano i due lunghi cavalcavia dell'autostrada al quindicesimo e al diciottesimo chilometro. E non è cosa da poco.
Il ricordo delle buone sensazioni di tre anni fa ad inizio gara mi ha fatto compagnia nei primi chilometri mentre abbiamo sfilato tra le villette della periferia di Dalmine. Un veloce zig-zag tra le vie del paese e i primi dislivelli in direzione Roncola. Saranno cosa da poco, ma la salita anche di un solo gradino di questi tempi mi sembra un'impresa titanica. Perdo secondi preziosi. Il venticello, pur non essendo la bora triestina, è fastidioso e soprattutto contrario, correndo verso nord-est. Il sole sale, ma la temperatura corporea latita a seguirlo. Le fila si allungano e chi è partito troppo forte comincia a subire il ritmo. Ormai non so più precisamente a quanto sto viaggiando, ma sento che il ritmo è buono. Ginocchia alte e regolarità interrotta solo dagli odiosi sali-scendi. Per essere una gara sviluppata tra piccoli paesi della bassa, nei pochi tratti possibili nelle zone limitrofe alle cittadine di pubblico ce n'è. Il tifo è soprattutto per i padroni di casa dei Runners Bergamo, ma qualche applauso ogni tanto scappa. Io cerco di distrarmi provando a leggere i miei movimenti per non pensare troppo alla stanchezza che piano piano affiora ed ai chilometri rimanenti. Dopotutto di allenamenti sui 21 Km non ne ho fatti molti ultimamente. Ma per la prima metà di gara non ho grossi imprevisti o problemi.
Rinuncio anche a controllare l'intermedio del decimo chilometro per non farmi influenzare, anche se le gambe cominciano a fare un po' più di fatica. Ritorno in Dalmine lungo le strade corse nei primi chilometri e poi direzione Osio, in un continuo cambio di direzione sud-ovest-est. Strade che cominciano a sembrare un po' troppo uguali. Corsa monotona e testa che inizia a cedere. E i sorpassi dalle retrovie non aiutano. Non riesco più che altro a capire se sono io ad aver rallentato leggermente o ad aver aumentato chi mi inseguiva. Ma tengo il ritmo più o meno cadenzato fino al quindicesimo, quando mi si para davanti il primo cavalcavia della A4. Non me lo aspettavo e non me lo ricordavo. E ne avrei fatto volentieri a meno. Io odio i cavalcavia. Meno che negli allenamenti. Fortunatamente i metri che perdo salendo li riprendo con gli interessi nella discesa successiva, ma qualcosa si è rotto.
Prendo al volo un bicchiere con acqua al ristoro una volta scesi nel comune di Osio ma mi ingozzo bevendo. Il problema non sta lì purtroppo. Ma nel fastidio all'addominale/inguine che si sviluppa ad ogni colpo di tosse. Allarme. Non so a quanto sto andando, ma di sicuro il ritmo cambia. In peggio. E dalle retrovie sento i passi di Simone sfilarmi come un treno in ripresa. Peccato non essere riuscito a scroccare un passaggio. L'ultimo quarto di gara è stato pesante. Ritornando verso l'arrivo l'aria è diventata costantemente contraria. Non forte, ma comunque fastidiosa. Quando ho potuto ho provato a sfruttare la ruota di altri runner anche solo per qualche metro. E man mano che la fatica è aumentata le gambe si sono irrigidite sempre di più. Sensazioni già provate. Non so se per la stanchezza o forse per la temperatura sottovalutata. Ma il risultato non è cambiato minimamente. L'unico fatto positivo è stato il susseguirsi costante dei chilometri. Un testa a testa con diversi runner per tutto il tratto finale. Qualcuno l'ha spuntata qualcuno meno. Ma il calvario non sarebbe stato completo senza l'ultima risalita sulla Milano-Venezia al diciottesimo che mi ha dato l'utlimo colpo di grazia. Gambe devastate, ritmo compromesso. Passo e chiudo. Chiaramente non mi sono arenato ma ho continuato a spingere controvento e controfreddo più che ho potuto, ma i risultati sono stati ben lontani da quando sperato.
Dopo il lungo viale alberato che ci ha riportato a Dalmine al fianco di qualche autista poco disposto ad aspettare in coda senza incitarci con il suo clacson (anche questo è un buon allenamento in vista della Milano Marathon, nda), sorpassando il cartello dell'ultimo chilometro controllo l'intermedio, 1h 17' 50". In ritardo di qualche minuto, ideale. Quello che mi avrebbe potuto dare la spinta finale per gli utlimi mille metri diventa invece un macigno da portare fino all'arrivo. Un po' deluso, ma comunque contento d'esserci arrivato. Piccola passerella finale in mezzo al numerosissimo pubblico degli accompagnatori e l'odiata inversione ad "u" prima degli utlimi cento metri. Non capirò (e condividerò) mai questa scelta logistica. Come immaginato fermo il cronometro in 1h 22' 20". Se Santa Barbara pur di qualche secondo più lenta era stata quasi una vittoria, questa volta non è la stessa cosa. Gambe stanche, fastidio inguinale, fatica eccessiva. Ma preferisco leggerla invece sorseggiando il bicchiere mezzo pieno: adesso so (sappiamo) quali sono gli aspetti da migliorare in vista maratona, so (sappiamo) qual è il vero punto di partenza, so che partendo da un risultato simile, tra anni fa, è arrivato l'inaspettato. E so che ci sarà da lavorare. Duramente.
Il sorriso me lo strappa a forza Bruno, volontario (come tantissimi altri) alla consegna-borse. Riconosce maglia&logo di Corro Ergo Sum e scambiamo due chiacchiere veloci mentre la fatica non ha ancora smesso di sfiatare. Dopotutto, ogni storia, ha sempre il suo lieto fine se lo si vuole.