Verona Cangrande Half Marathon
Una debacle. A volte capita. Bisogna solo capire il perchè. Non nascondo che all'arrivo, e anche già un po' prima, la delusione c'è stata. Come la stanchezza, salita piano piano, di chilometro in chilometro. Impercettibilmente. Come la strada. Ci sono stati tanti piccoli segnali da sommare insieme, a posteriori. Eppure ancora non mi capacito del come e del perchè sia andata così. Una gara che mi è piaciuta, con le caratteristiche che più preferisco. Lineare. Una bella giornata di sole neanche troppo caldo. Una buona partecipazione, una buona organizzazione. Eppure qualcosa è andato storto. Ma per ora l'unica cosa di cui mi sono preoccupato è stata prendermi subito una rivincita. Tra sette giorni.
Qualche certezza ce l'ho in reltà. Mi sono preparato bene, ma le sensazioni della settimana della vigilia non sono state come speravo. A dirla tutta, nell'ultima di carico mi sentivo molto meglio. E infatti gli allenamenti avevano rispecchiato le sensazioni. Ma non sono partito battuto, anzi. In griglia bianca, insieme ai top, ho aspettato lo sparo del giudice di gara insieme a Paolo (in maratona) e Gianni (come a Parma). Prima l'emozionante saluto a Marcello, pacer per sempre. Tante le facce conosciute, Marco Boffo, Monica Carlin, Claudia Gelsomino. E proprio lei ho scelto per la completare la mia strategia. In fondo, se stessi bene, avremmo gli stessi tempi. Alla partenza sono stato la sua ombra. Ho controllato solo che gli intermedi non andassero troppo oltre i 3' 50" stabilito per la prima parte di gara. Il percorso mi è sembrato subito bello, anche se il passaggio nel centro di Verona è stato solo una veloce toccata e fuga. Pubblico solo ed esclusivamente in zona partenza/arrivo e neanche tanto rumoroso. Un po' poco per un nome così importante.
I primi chilometri sono stati facili. Un po' l'entusiasmo, un po' per la freschezza. Il cielo terso e azzurro sarebbe potuto essere un nemico, ma in realtà non lo è stato. Non ho mai sofferto il caldo. Forse un po' peggio è andata a chi ha corso la maratona. Il passo l'ho lasciato fare a chi mi stava davanti. L'unico intoppo che ho sperato svanisse nel giro di poco è stata la colazione non digerita. Un errore da cui imparare. Mai cambiare le abitudini. Nemmeno se due ore e mezza possono sembrare tante per digerire qualsiasi cosa. Sensazione di malessere e peso addominale che mi ha praticamente accompagnato per tutta la gara. La distanza col piccolo gruppo a cui mi sono aggregato è cominciata ad aumentare non appena siamo usciti dal centro abitato vero e proprio. Una volta raggiunto il Lungadige la tranquillità di corsa dell'inizio è svanita. Ho percepito subito una fatica diversa. Un leggero arrancare per mantenere la velocità che poi ho pagato più avanti. La Gelsomino si è allontanata con passo regolare mentre le mie gambe sono diventate più pesanti. I ritmi si sono inesorabilmente abbassati. Anche se solo di qualche secondo, non c'è più stata la gara che speravo. Solo un lento combattere per non mollare.
Mi è sembrato strano perchè il percorso è uno di quelli che più amo. Praticamente dritto senza interruzioni. Sgombro dal traffico, largo, regolare. L'ambiente ideale per una corsa contro il tempo. Ma ho cominciato a sospettare presto che, quello che sembrava piano, non lo fosse realmente. Per lunghi tratti sono rimasto da solo, superato di tanto in tanto da chi invece le forze le ha avute sempre come alleate. Sono salito regolare di chilometro in chilometro, sperando che il dodicesimo arrivasse presto. Mi ricordavo la mappa e la strada che svoltava sul ritorno proprio in quel punto. Ma non è stato così semplice arrivarci. Soprattutto quando senti le forze vacillare e chi ti stava dietro passarti inesorabilmente. Non è possibile pensare di fare una buona gara di 21 Km e soffrire già prima del decimo. Decimo chilometro che sarebbe dovuto essere la chiave di volta della corsa, con il cambio di ritmo nella seconda parte di gara. Il cambiamento c'è stato, ma non come speravo.
Il cronometro è stato realista, 39' minuti spaccati. Che moltiplicato per due e con l'aggiunta dell'ultimo chilometro avrebbe voluto dire almeno il tempo già di Parma. Tutti ragionamenti fatti in corsa cercando di allontanare almeno la fatica dalla mente. E da lì in poi ho deciso di non guardare più gli intermedi. A volte funziona. A volte. Mi sono basato solo sulle sensazioni che non sono cambiate da prima a dopo, anzi. Nei successivi duemila metri la stanchezza si è moltiplicata. Solo l'inizio dell'impercettibile discesa mi ha ridato improvvisamente un po' di fiducia. Ho sentito l'attrito allentarsi, le gambe girare meglio, la corsa più fluida, meno impacciata. Ho provato di conseguenza a sciogliere spalle e braccia, ad assumere una postura più corretta. Ma alla fine non è servito molto. I secondi si sono aggiunti ai secondi e dopo tre chilometri, al 15 Km, il tracollo ha raggiunto l'apice. Nemmeno qualche sorso d'acqua ha aiutato la sensazione di malessere generale. Il cronometro (analizzato a posteriori, nda) ha solo confermato la percezione. Ma raggiunto il punto peggiore non si può che migliorare e stringendo i denti e contando i chilometri di volta in volta prima dell'arrivo la fine si è avvicinata. Un secondo rosicchiato prima, uno dopo e i tempi sono quasi rientrati. L'idea di ritornare verso l'ultima parte di gara è stata d'aiuto. Sapere dove ci si trova e cosa e quando manca prima della fine ha addolcito il finale. Qualche posizione recuperata non hanno ridato però comunque viviacità alle gambe. E il passaggio al pavè del diciannovesimo chilometro è stato quasi straziante. Non ho provato nemmeno l'allungo negli ultimi mille metri, sapendo che i tempi erano già per oltre qualsiasi previsione. La macchina della giuria con il cronometro attivo parcheggiata prima del rientro verso l'Arena ha reso reale la giornata no, rendendo pesantissimi i passi verso l'arco di fine gara che ha ribadito, come se non bastasse, l'1h 24' 31" finale.
Cosa sia andato non lo so. Ci penso, ma trovo solo piccole sfumature. Mi manca quel collegamento che lega allenamenti fatti bene con gare altrettanto perfette. Ma forse era solo la giornata sbagliata. L'unica cosa certa è che non basta una gara-no per fermarsi. Anzi. La prima cosa fatta appena rientrato a casa è stata cercare una corsa per il subito. Tra l'altro ho corso con le Nike Air Zoom Elite 7 che si sono dimostrate un'ottima scarpa. Leggere, stabili, sicure. Nessun fastidio sebbene siano ancora all'inzio, con buona risposta per tutta la corsa. Il tempo per qualcosa di ancora più performante non è ancora arrivato.
E corsa che non è finita con il taglio del traguardo. Giusto il tempo di un veloce cambio dalla divisa fradicia prima di poter andare in contro a chi stava arrivando. Primo tra tutti Mirko, 2h 07' alla sua prima mezza ufficiale. Non resta che migliorare adesso. Paolo, in maratona, è arrivato un po' dopo. Ennesima prova sotto le tre ore (2h 56') ma che con questo percorso secondo me vale molto di più. Bastava vedere le facce di quanti arrivavano al quarantesimo chilometro. Come quella di Chiara (3h 16') che non ha ottenuto quello che voleva (ma un primo posto di categoria e un sesto in classifica assoluta si, nda) ed è già pronta a ripartire. Alla fine ogni gara è gara a sè. Ma è anche l'inizio di quella successiva.