Maratonina Città di Crema
Diciamo che forse dovrei cominciare a scegliere le gare un po' meglio. Avevo già corso la Maratonina Città di Crema lo scorso anno accompagnando mio Zio, prima gara appena dopo l'infortunio. Mi era sembrata una corsa abbastanza facile, veloce anche. Bella lo è stata. Con i suoi passaggi nella bassa campagna cremasca appena fuori città. Sapore di campi di una volta e che ora stanno scomparendo più ci si avvicina a Milano. Giornata perfetta per la corsa, con sole, cielo terso e clima caldo. Ho rimpianto quasi subito la canottiera lasciata a casa a priori. Ma la fatica si è presentata subito, appena partiti. Le strade piatte e dritte che mi ricordavo c'erano ma solo in alcuni tratti. I cavalcavia che sembravano innocui hanno lasciato subito il conto alle gambe. Anche i piccoli, ma lunghi, dislivelli si sono sentiti ad ogni passo. O forse il percorso è stato solo il contorno dove ho lasciato il sudore. Quello che ha sbagliato giornata sono stato io.
Non voglio dire che non sia soddisfatto del risultato, anzi. Mi interessava soprattutto avere un punto di partenza ed ora ce l'ho. Non ho preparato i 21 Km di oggi come si prepara una mezza, ma ho solo vissuto di rendita della preparazione della maratona. Quando sono partito non sapevo a priori come sarebbe andata. Speravo però sicuramente di soffrire meno. Stretti dietro il nastro della partenza c'erano con me l'immancabile Franco e Gianni (Pistis). Due da inseguire. E infatti così è stato. Il garmin ha pensato bene di perdere il segnale un minuto prima del via. Non solo a me e questo mi rincuora. Il risultato però lo si vede nei grafici altimetrici del dopo-gara, completamente sballati. L'idea, suggerita da Fulvio, è di impostare il ritmo sui 3' 45". Mi è sembrato un po' troppo (avrebbe voluto dire personale, nda) ma comunque ci ho provato. E per i primi chilometri non è poi andata così male. A parte i primi mille a 3' 30". Ma quello, si sa, è l'adrenalina della partenza. Mi sono stabilizzato quasi subito, affiancato da Franco. Ho lasciato che fosse lui a fare il ritmo e mi sono accodato mentre passavamo le prime vie strette di Crema. Mi sono subito accorto che di tratti pianeggianti non ce n'erano molti. Solo piccoli saliscendi e ogni tanto uno strappetto, ma che alla lunga si fanni sentire. Chissà cosa ho guardato lo scorso anno per non ricordarmene minimamente. La cosa che mi ha fatto subito pensare è stata la fatica nel tenere il ritmo già dai primi chilometri. Non si può soffrire prima del giro di boa come se si fosse già agli ultimi chilometri prima dell'arrivo. Ma fino al settimo grossi problemi non ne ho avuti, lasciando fare il ritmo a tratti a quelli che stavano davanti a noi. Accodato alla seconda donna (di colore) ho prima lasciato che Franco prendesse qualche metro e, quando ho visto il cronometro toccare ancora i 3' 41", ho rallentato ancora un po' il passo. Prima c'erano stati i due cavalcavia del quinto chilometro, giusto per non farsi mancare nulla. Ma essendo ancora freschi il cronometro non ne ha risentito. Ha pesato invece quello del settimo che mi ha lasciato sulle gambe ed ha segnato la fine della rincorsa al mio pb. Ritmo leggermente più basso, sui 3' 50" per i successivi cinque chilometri. Esattamente nel momento in cui Crema è stata lasciata definitivamente alle spalle e la campagna cremasca ci ha accolto a braccia aperte. Niente nebbia, niente freddo, solo una piccola fresca brezza proveniente da ovest. Lungo le strade dormienti praticamente nessuno. Solo il tip-tap ritmato dei passi alle spalle. Ho corso solo per lunghi tratti. Non molti i sorpassi sia fatti che subiti. Guardando il resoconto di TDS non mi era mai capitato di non perdere mai una posizione dall'inizio alla fine della gara. Il passaggio dei 10K è stato quasi da personale sulla distanza, a circa 37' 30". Forse sarebbe stato più saggio provare un diecimila oggi, avrei potuto almeno finalmente abbandonare quel sette. Ma poco dopo c'è stato il successivo crollo. Ho sentito le gambe pesanti da inizio gara come non mi era mai successo negli ultimi mesi. In più si è aggiunto un fastidioso peso allo stomaco che non mi ha abbandonato fin dopo il quindicesimo chilometro, smaltito con un buon rutto liberatorio. Probabilmente non ho digerito il pre-gara preso troppo tardi. Ma il grosso della gara era ormai andato. La fatica è stata molta. Le gambe pesanti, faticose da alzare. Una piccola fitta costante al fegato per il probabile mal-afflusso di sangue. E se la testa non aiuta non è semplice. Fortunatamente la memoria fotografica non mi ha tradito e poco alla volta ho riconosciuto i passaggi dello scorso anno. Prima i paesini di Passerera e Cascine San Carlo dispersi tra i prati verdi. Poi Bolzone, Zappello e San Michele con Crema all'orizzonte. Tutte strade strette e asfaltate accompagnate da un fosso a destra o a sinistra, tutte strade identiche con unici spettatori cornacchie e gabbianelle intente a cercare cibo nei campi. Contando i chilometri avanzati all'arrivo, prima sono stato passato dalla seconda donna arrivata e poi raggiunto dalla quarta, che mi si è accodata lungo la pista ciclabile alberata che ci ha portato verso la periferia della città. Il colpo di grazia sarebbe potuto arrivare al diciassettesimo chilometro con l'ultimo cavalcavia. Fortunatamente così non è stato, anche se la fatica è di colpo raddoppiata. La lunga discesa che segue la salita ha aiutato le gambe a prendere il ritmo. Le fila si sono definitivamente rotte ed ognuno è rimasto solo. Ho stretto i denti spingendo al massimo anche se ormai già da qualche chilometro avevo smesso di guardare il cronometro. Passare nuovamente tra i palazzi di Crema è stato lo stimolo in più per non mollare, ma che fatica. I lunghi viali alberati per arrivare in centro non hanno un solo metro di piano e tra il diciottesimo e il diciannovesimo chilometro salita e discesa si sono alternati inesorabilmente. La vista dell'ultimo chilometro e la svolta in Via Mazzini mi sono sembrati un miraggio. Poi un calvario. Ho aumentato di colpo il passo per gli ultimi mille metri lasciando la quarta donna sul posto. Ma la via lastricata in pavè e in salita sembrava non finire mai. Sapevo di dover raggiungere solo la piazza principale per poi fare le ultime centinaia di metri in apnea-adrenalinica. E proprio lì mi sono sentito chiamare per tre volte, un po' come san pietro. Una visione mistica. Fantozziana. Prima il papà di Paolo che mi ha visto in lontananza, poi Simone con in figli mimetizzato tra la folla e infine Chiara, per una volta spettatrice. Peccato non averle regalato un arrivo trionfante. Ma l'attenzione era tutta alla Porta dove pendeva lo striscione Finish e dove lo stop al cronometro ha sancito il 1h 21' 10" finale. Avrei voluto un diciannove, mi sarei accontentato di un venti. Ma ve bene così. Adesso so dove partire e dove voglio arrivare. In mezzo ci solo tanti chilometri, sudore, gare, allenamenti, sorrisi, amicizie, viaggi, racconti. Insomma una vita. La mia vita.
Una piccola postilla per i risultati di giornata degli amici-runner: a Franco per il suo 1h 19' e il secondo posto di categoria, a Mauro per il suo pb in 1h 19', a Mattia per il suo pb in 1h 30', a Marco per il suo pb in 1h 48', ad Anne per il suo ritorno in maratona in 3h 23' dopo le peripezie di quest'anno. E a Fausto che sognava Valencia, ma che ha dovuto rinunciare. Comunque vada, sempre di corsa...