La Bavisela (Trieste) [A2]
E' stato come arrivare in cima al Mortirolo. Due ali di folla che si aprono davanti, ad imbuto, mentre stai seguendo affannato chi ti precede. Applausi, grida, mani che vogliono un cinque. Il sudore che cola sugli occhi, la divisa fradicia di acqua versata, le gambe che scoppiano per la fatica. Ma come fai a fermarti? Avrei potuto continuare per altri dieci chilometri sospinto da quella forza che solamente la gioia di esserci del pubblico sa darti. Ti guardano e ti incitano come se fossi un campione che tu lo sia veramente o che tu sia l'ultimo che arriva. E le forze che credevi disperse negli ultimi chilometri rinvigoriscono di nuovo i muscoli, aumentando il passo e provando a farti riprendere quel campione che ti sta davanti. Solo dopo l'arrivo la fatica esce di botto, mentre cerchi la transenna e ti pieghi cercando di riprendere il fiato che i polmoni non riescono a trovare. Con la coda dell'occhio vedi il cronometro sotto l'arrivo che continua ad andare avanti un secondo alla volta e pensi, "ce l'ho fatta, sono ancora vivo"...
La chiamerò la maledizione del 2013. Due di notte della vigilia della corsa (ossia cinque ore prima della sveglia). Mi sveglio con dei crampi alla bocca dello stomaco mai avuti. Non me ne rendo conto subito, ma il male non passa con i minuti. Mi rigiro nel letto fino a quando non decido di alzarmi e rimanere retto e seduto. E ripenso ai giorni precedenti alla Maratona di Milano. Solo dopo due ore riesco ancora a ricoricarmi ed a dormire fino al momento di alzarsi. Lo stomaco è ancora indolenzito. Evito di prendere qualcosa di troppo pesante per colazione e spero in un po' di fortuna. Che arriva finalmente. Nessuno strascico pre-gara. Solo un bello spavento. Ma fortuna da una parte, sfortuna da un'altra. Il clima nuvoloso con possibilità di pioggia e temperature ideali previste per il week-end ha lasciato posto ad un cielo limpido e azzurro e ad un vento di Bora. Siamo a Trieste, perchè farne a meno? Per lo meno però sarà così per tutti. A Duino, dove parte la mezza maratona, ritrovo insieme a Silvia e a Marco anche mamma ed Enrico. Chiara è a ventuno chilometri di distanza più indietro, già partita per la sua maratona. Prima della partenza incontro anche l'atleta di casa, Andrea Marino, mio compagno strongman-runner di entrambe le edizioni in Germania con il Team Gazzetta. Siamo in tanti alla partenza, più di duemilasettecento. Secondo me un po' troppi per un'organizzazione che non è abituata a certi numeri. Quando si superano le mille unità non si possono mantenere gli stessi standard che si utilizzano per meno persone. Ma tutto sommato, la giornata di sole e il clima di festa hanno aiutato a coprire le magagne. Fosse successo a Milano... Alle 10.30 lo sparo dà il via e vedo i top-runner prendere subito il largo. Ho guardato l'altimetria del percorso nei giorni precedenti e studiato il percorso in auto il sabato. Sembrerebbe abbastanza facile e veloce sulla carta, ma in realtà è molto più duro di quanto possa sembrare. Primi 4-5 Km in salita, 7-8 di discesa e lungomare finale fino al centro di Trieste. Se fosse un percorso lineare proverei a puntare ad una media di 3' 50" al chilometro, ma il dislivello non mi permette di fare calcoli. In teoria non spingendo troppo in salita, potrei provare a recuperare il gap-negativo poi nella parte di discesa. Così mi accodo al gruppo che segue i top. I primi chilometri sono decisamente pesanti. Più che altro è il caldo a farsi subito sentire. Ed appena sbuchiamo dall'entroterra ci dà il benvenuto anche il vento di Bora. Certo non raffiche di cento chilometri orari, ma comunque fastidiose e soprattutto contrarie al nostro senso di marcia. Diversamente da quanto faccio di solito rimango al centro del gruppo cercando di ripararmi il più possibile dall'aria contraria. Sto solo attento ai piedi di chi mi sta sia davanti che dietro. Guardo il cronometro ad ogni intermedio, ma senza preoccuparmi troppo del ritmo. Sento confabulare i vari compagni di squadra che mi circondano e lascio che facciano loro. In realtà il percorso è molto più duro di quanto verificabile sulle mappe, pieno di sali-scendi e piccoli strappi improvvisi. Per chi poi non è abituato a correre in rettilineo secondo me un supplizio con i continui curvoni che si susseguono lungo la costa. Saliamo fino a quota 100 m slm e finalmente inizia la parte di discesa. Almeno ufficialmente. Anche se sono in trasferta a Sistiana mi sento chiamare dalla mamma di Chiara, Simone e le bambine che oggi sono il nostro pubblico. Le fila intanto si sono diradate. Procediamo più in fila indiana che in gruppo. Ad una decina di metri riconosco Boffo, ultimo dei top di giornata. Cerco sempre di avere qualcuno davanti che mi tiri, un po' per non pensare al passo e un po' per rimanere riparato. Una volta sulla costa il vento di Bora diventa pesante. Le raffiche si susseguono dopo ogni curva e anche rimanendo il più vicino possibile al versante della montagna si fanno sentire. Sono in discesa e non riesco ad arrivare nemmeno ai 3' 50" che vorrei mantenere in piano. Ma mi accorgo di stare spingendo parecchio dalla fatica ai quadricipiti che diventano duri come se stessi facendo squat. I ristori sono una manna. Essendo tra i primi e non essendoci ancora ressa riesco a recuperare due bottiglie ad ogni passaggio, mezza per sciacquare bocca e bere (chiaramente acqua ormai diventata calda sotto il sole, nda), la restante una-e-mezza da versarmi in testa e addosso. Ci sarà vento, ma il caldo è davvero tanto. Per la prima volta gli organizzatori sono stati di parola e agli spugnaggi non si trovano le spugne, consegnate invece con il pacco gara. Poi un giorno qualcuno mi spiegherà come si corre con una spugna in mano (o da qualsiasi altra parte). Corriamo a ridosso del mare, in cima alla scogliera. Alzando lo sguardo in lontananza si vede Trieste, leggermente sfuocata dall'afa, l'acqua azzurra e calma dell'Adriatico, le curve che percorrono la scogliera avanti a noi per chilometri. Poi riconosco il cappellino rosso di Boffo davanti a me e lo raggiungo. Mi lascio tirare per qualche centinaio di metri pensando come sia possibile che sia così indietro. Evidentemente caldo e vento non danno problemi solo a me. Dietro le fila si sono allungate parecchio e tutti quelli che sentivo parlare poco dopo la partenza non li vedo più. Le raffiche aumentano man mano che ci abbassiamo sul livello del mare. Conto i chilometri come conto le curve che si aprono ad ogni nuovo piccolo golfo. Davanti non abbiamo molti avversari. Qualcuno mi supera, qualcun altro rallenta e dopo la metà anche Boffo prende qualche decina di metri di vantaggio. Al 10 Km passo sotto i quaranta in 39' 10", ma quasi un minuto più lento rispetto a quanto avrei dovuto. Avevo già capito da tempo che non era giornata da personale. Mi sento bene, ma allo stesso tempo sono anche affaticato. L'arrivo, in lontananza, sembra quasi un miraggio. Quando passiamo sotto le corte gallerie prima dell'ultima discesa verso il lungomare, mi sembra di essere dentro a delle gallerie del vento. La Bora incanalata sotto la montagna si rafforza e la fatica per avanzare diventa tripla. Per fortuna per brevi tratti. Prima dell'ultima galleria incontro anche papà, lungo il percorso in bici per le immancabili immagini per il post-gara. La discesa che ci porta verso Grignano al 13 Km è l'unico tratto che riesco a correre ad un'andatura sostentuta (3' 43"). Poi il terzo di gara finale, quello di cui ho più paura. Quello in piano, lungo la riva del mare, tutto uguale e dove la fatica per spingere in salita e la troppa foga del correre in discesa si possono pagare amaramente. E invece succede tutt'altro. La carreggiata è divisa in due parti una destinata alla maratona ed alla mezza ed una alla family run che proprio da Grisignano è iniziata. Lungo il percorso fino all'arrivo il lungo serpentone di maglie verdi di famiglie e amici che corrono o camminano i loro sette chilometri per partecipare alla festa della maratona ci fa compagnia. Una spinta continua di saluti per i runners di casa, di incitamento nei tratti più faticosi, di bambini che vogliono il cinque mentre passi. La Bora rinforza il suo soffio. In alcuni tratti le transenne metalliche cadono e i nastri bianchi e rossi di plastica di spaccano. Il caldo diventa più soffocante a livello del mare. La fatica per spingere aumenta ad ogni passo. Ma il calore del pubblico è manna dal cielo. In continuo, dopo ogni curva, dopo ogni ventata. Se per i primi tredici chilometri eravamo praticamente rimasti soli, l'ultima parte dei 21 Km è totalmente diversa. Ormai anche la più forte tentazione di mollare è scomparsa. I chilometri diminuiscono costantemente, anche se il passo è ben oltre il ritmo che avrei dovuto tenere, almeno 15" più lento. Ma non è possibile fare di più. Trieste si avvicina e anche il cappellino rosso di Boffo. Vengo raggiunto dalla seconda donna che insegue la Console qualche minuto davanti a noi. Quando intravedo il chilometraggio della maratona penso a Chiara, indietro di un'ora e alla fatica doppia che sta facendo. E non la invidio per nulla. Le case aumentano e da piccole palazzine diventano piano piano città. Il mare è a pochi metri da noi, calmo e indifferente. Entrando a Trieste il vento si placa per qualche tratto. Raggiungo Boffo per gli ultimi tre chilometri e mi metto in coda a lui insieme ad altri due runners. Due vialoni e poi all'ultima curva si apre il rettilineo del porto che porta all'arrivo in Piazza Unità d'Italia. Si sente la musica in lontananza portata dal vento. Il pubblico assiepato lungo i marciapiedi aumenta passo dopo passo. E si stringe verso il centro della strada. L'ultimo tratto che dovrebbe essere corso su due corsie diventa uno stretto passaggio in mezzo alla gente. Bellissimo. Lo staff cerca di allontanarli ma senza successo. Si sentono solo grida e saluti. Mani aperte per salutare il passaggio di chiunque, applausi e tanti sorrisi. Le gambe ritornano come nuove. Negli ultimi trecento metri mi sembra di volare. Boffo mi rimane davanti quando curviamo per entrare nella piazza e provo un ultimo scatto per superarlo dove le transenne si allargano fino all'arco finale. Un secondo di troppo, anche per fermare il cronometro sui ventidue, 1h 23' 00" (48° su 2500). Ma il tempo non conta. E' mezzogiorno e il sole è caldo e alto. Il vento soffia dal mare. E poi... quando mi ricapiterà d'arrivare solo un secondo dopo un top-runner?
Il tempo di recuperare un po' d'acqua e la borsa-cambio e mi precipito sul percorso per vedere l'arrivo di Chiara nella sua Trieste. Riesco a ripercorrere con calma tutto l'ultimo chilometro. Riesco anche a dare il mio cinque ed a salutare Flavio, incontrato a sorpresa al villaggio il giorno prima. E a distanza di qualche minuto la vedo arrivare, stanca ma concentrata. La affianco, le dò un goccio d'acqua e la lascio andare verso il suo arrivo. E intanto ripenso alla corsa guardando tutti quelli che ancora non hanno finito la loro. La salita, il vento, il caldo, il mare, la gente. Una corsa diversa. Un risultato non scontato. Peccato non poterlo confrontare con le altre corse. Credo di aver fatto bene. Provando ad incrociare i tempi di chi è arrivato forse 2-3' almeno da poter limare. Ma il modo più facile per scoprirlo è solo uno, correre.