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Re Stelvio (Bormio-Stelvio)

Un week-end lungo. Duro per il corpo e duro per la mente. Una corsa di 21 Km, ma con un dislivello dai 1225 m di Bormio ai 2758 del Passo dello Stelvio. Podisti, ciclisti, skyrollers. Un lungo serpentone snodato lungo l'asfalto che attraversa il passo più duro della Valtellina. Chilometri e chilometri di atleti in coda uno dietro all'altro, immersi nella propria sofferenza, nel silenzio di una valle verde e ferma. Davanti solo una strada in salita, come nella vita.

rettilinei infiniti che corrono lungo il fianco della montagna mostrando una strada che non sembra finire mai, alternati ad un aggrovigliamento di tornanti, di andate e ritorni, di strappi dove si fatica a mettere il nuovo passo. C'è che stringe i denti e tiene, chi cammina, chi si arrende. C'è chi ti dà una spinta, chi ti guarda con la speranza di un cenno, chi guarda in alto sapendo che ogni passo è un passo in meno. Per tutti conta solo una cosa, arrivare. Un traguardo nascosto, senza i propri tifosi. Un traguardo per sé stessi che si scopre solo dopo l'ultima curva. Dopo l'ultimo metro.

 

Doveva essere un week-end diverso, programmato settimane fa. Per me è stato duro più del previsto. Tanta sofferenza: prima, durante e dopo la gara. Per la prima volta ho condiviso un week-end di sport con Robi, lui ciclista ed io podista. Ma da quando avevo scoperto questa corsa grazie a Flavio ho subito pensato a lui. Sarebbe dovuto essere un gran week-end, lo è stato in parte, solo quella agonistica. Ce la siamo presa con calma, partendo il venerdì sera e rilassandoci il giorno prima della corsa. In settimana praticamente non ho lavorato molto, se non per l'uscita di martedì. Le gambe hanno però riposato e poi risposto bene. Sento che mi sto riprendendo piano piano non forzando più tanto. E anche correre sotto il sole dà i suoi vantaggi quando poi in gara fa fresco. Sabato pomeriggio decidiamo di fare un briefing-privato e, in macchina, saliamo fino allo Stelvio. So che per me è un vantaggio conoscere bene il percorso prima di una qualsiasi corsa. Calcare però quella salita un po' di ansia me l'ha messa addosso. Forse più per il fatto di non aver mai corso per 21 Km tutti in salita che per la durezza della gara. In cima al passo i gradi erano nove, con una buona differenza dai milleseicento metri più sotto. Per la domenica le previsioni davano sole, ma non eravamo molto fiduciosi già il giorno prima.
Alle 6.30 suona la nostra sveglia, dopo una cenetta non proprio da atleti a base di pizzoccheri. Gli organizzatori danno una partecipazione complessiva di 3000 atleti suddivisi nelle varie categorie: corsa, bici, skyroll. Il bello di questa manifestazione è proprio questa mescolanza di sport. E devo dire che è stato bello vedere il rispetto che ogni atleta ha avuto per gli altri, sia nella sua stessa disciplina che per quelli delle altre. Alla partenza ritrovo i miei ultimi compagni di avventura, Iacopo, Cristiano e Riccardo. Ma il più atteso era Flavio, che non vedevo dal trentasettesimo chilometro della Firenze Marathon. E' stato lui a mettermi in testa la malsana idea di partecipare alla Re Stelvio. Facciamo quattro chiacchere, chiedo un po' di consigli e poi ci piazziamo in griglia di partenza. I primi a partire sono gli skyroller alle 8.40 e dieci minuti più tardi tocca a noi. Allo sparo Cris e Riccardo sono un po' più avanti, mentre Flavio è poco più indietro. Mi sono studiato abbastanza bene l'altimetria cercando di collegarla alla strada già percorsa. I primi chilometri sono di salita lieve, giusti per rompere il fiato senza troppa fatica. Vado con passo tranquillo senza tenermi e senza spingere. In tanti, come sempre partono troppo forte. Con calma recupero da subito un po' di posizioni stando attento a rimanere quasi sempre nel mezzo della carreggiata cercando di tagliare le curve il più possibile. Tutti metri in meno. Dopo due-tre chilometri passo Riccardo. Corro in solitario mentre usciamo da Bormio avvolti dalle frasche degli alberi che appena girati attorno al primo tratto di montagna lasceranno spazio solo a piccoli arbusti. Fortunatamente, anche se la giornata non è delle migliori, la temperature è mite, sui 17°C, ideale per correre. Ma so che siamo ancora bassi come altitudine. Le nuvole grige non sono però di buon auspicio. Passiamo il primo ristoro e da qualche decina di minuti avevo scorto già davanti a me Cristiano, avvicinandomi piano piano. Aspettavo anche che Flavio arrivasse dalle retrovie e infatti appena cominciati i primi tornanti mi raggiunge. Lui conosce la montagna e probabilmente è anche più allenato di me in salita, ma provo ad accodarmi a lui. Lascio che sia lui a fare il passo e tengo duro. Saliamo piano piano con la pendenza che varia spesso, ma sempre tra il 7% e il 9%. Guardo i cartelli dei quaranta tornanti totali diminuire curva dopo curva. Passiamo Cristiano che sembra subire molto la salita, ma mi aspetto di vederlo arrivare più avanti, come a Vestone. Flavio scala piano piano, metro dopo metro l'asflato e io dietro di lui. Qualcuno prova ad unirsi a noi, ma dopo qualche decina di metri cede il passo. Passato il primo gruppo di andate-ritorni ci si para davanti il lungo rettilineo di gallerie che porta alla seconda serie. Piccole gallerie in roccia, per la maggior parte buie, fredde e umide. Non certo caratteristiche come quelle di Dobbiaco, ma comunque utili per rompere la monotonia della salita. Mentre le attraversiamo veniamo raggiunti dalla prima donna-ciclista partita una mezz'oretta dopo di noi. Il passo è incredibile. Ci sfila seguita dopo qualche minuto da altre atlete. Siamo circa al decimo chilometro. Da qui in poi ogni attraversamento di carreggiata per tagliare le curve diventa più problematico dovendosi guardare alle spalle dall'arrivo dei ciclisti. Sembra cosa da poco, ma rompere la concentrazione ad ogni curva in una situazione così estrema non è indolore. l fatica comincia a farsi sentire, soprattutto quando raggiungiamo il tratto con la pendenza del 14%. Uno strappetto di due tornanti, ma sufficiente a segnare le gambe. Rimango attaccato a Flavio e poi cominciamo la seconda serie di tornanti dal 28 al 14. la strada sia dal basso che dall'alto ha una vista mozzafiato, con un turbinio di tornanti che salgono e man mano si allungano come in un vortice che sembra assorbirti. Arrivano anche i primi ciclisti uomini. La strada comincia ad essere più caotica. La temperatura poco a poco scende e anche il vento comincia a soffiare freddo, prima a favore poi contro ad ogni svolta di curva. Controllo il cronometro solo al dodicesimo chilometro e l'orologio già segna 1h 16' 16". Prevedendo di arrivare tra le 2h 15' e le 2h 30" mi sembra di essere in piena media. In due punti Flavio allunga di qualche passo e sono sul punto di lasciarlo andare, ma poi stringo i denti e mi rimetto dietro a lui sapendo che avere un riferimento non può altro che essermi di aiuto. Piccole crisi che passano subito. Il mio riferimento successivo è la Terza Casa cantoniera, dove so che per due chilometri possiamo rifiatare grazie ad un falsopiano prima dello strappo finale. Ma la salita del quattordicesimo chilometro, pur essendo finiti i tornanti, la subisco. Sono tentato di prendere il secondo gel ma poi resisto fino all'ultimo ristoro. Il falsopiano poi arriva. La temperatura però comincia a farsi sentire fredda e anche l'aria meno densa di osssigeno. Il sole prova a fare capolino tra le nuvole più volte, ma solo per qualche secondo e senza neanche mai scaldare troppo. Altra caratteristica della gara è avere il count-down dei chilometri (come nel ciclismo) invece che il progressivo (come nella corsa). dopotutto la manifestazione nasce come corsa ciclicstica. In effetti negli ultimi chilometri psicologicamente leggere "5 chilometri all'arrivo" invece che "16° chilometro" fa la differenza. Ci inerpichiamo sull'ultimo gruppo di 14 tornanti. Flavio sempre davanti. Mi aveva avvertito che gli ultimi chilometri sarebbero stati duri ma non credevo così tanto. Ho subito una piccola crisi e una piccola fitta al ginocchio destro che durerà fino all'arrivo. Stringo i denti e rimango compatto. I ciclisti diventano numerosi. Saliamo i primi due chilometri fino all'ultimo ristoro, poi c'è lo sprint finale. Il vento comincia ad essere forte e mi pento di non avere la maglia a maniche lunghe. Curva dopo curva procediamo regolari, mentre comincia a comparire il primo pubblico che ci aspetta da alcune ore in cima al passo. Lo strappo finale degli ultimi chilometri supera abbondantemente il 10%. In alcuni tratti fatico quasi a correre, ma so che fermarmi sarebbe l'errore più grosso. La mente spazia dalla concentrazione sul passo ai parallelismi sulla vita. Io comunque ci sono e di certo non mollo. Anche quando la salita diventa dura. Sento che le braccia cominciano a perdere un po' di sensibilità. Le dita delle mani formicolano sulla punta. Anche i ciclisti che ci superano sono in affanno. I chilometri diminuiscono, le curve anche. Vediamo i rifugi in cima al passo anche se del gonfiabile dell'arrivo non c'è traccia. Dopo l'ultimo chilometro i metri vengono segnati ogni cinquanta da piccoli cartelli gialli al fianco della strada. Cinquanta metri alla volta la fine si avvicina non certo indolore. A cento metri dal traguardo sento l'adrenalina arrivare dallo stomaco. Ma è ancora tutta salita. Flavio mi dice di spostarmi a destra dove c'è il passaggio per i podisti. Lo sopravanzo di qualche metro nello stretto corridoio che ci porta al gonfiabile, ma voglio tagliare il traguardo insieme a lui che mi ha portato fino in cima. Fermo qualche passo dopo l'arrivo il cronometro e non mi accorgo nemmeno del tempo di 2h 12' 51" (87° posizione, 6,8 min/km, 9,51 Km/h) se non dopo qualche minuto. Non contava più niente se non arrivare. La temperatura non super i 6-7°C ma siamo ancora caldi e quasi non ce ne accorgiamo. Mi ricordo dell'arrivo di Firenze, infreddolito e intorpidito. Fatico a parlare per la mandibola fredda come braccia e mani.
Ne è valsa la pena. Una corsa dura ma non impossibile. Forse più di testa che di gambe. Ma se non hai nemmeno quelle, la testa non le può certo sostituire. E' stata una nuova sfida. Ed ogni sfida serve sempre e solo per provare a vincerne un'altra. Avanti al prossimo... "io sono ancora qua".