Allenamento alla Mezza Maratona di San Gaudenzio
Sono passati quasi cinque mesi dall'ultima mezza. Anche quella corsa come allenamento. Ma erano altri tempi. E altri ritmi. Solo gli obiettivi sono rimasti gli stessi. Questa volta l'ho affrontata con spirito diverso, partendo sempre piano, un po' nelle retrovie. Il difficile non è stato recuperare posizioni, aumentare la velocità, seguire il piano di allenamento. Il difficile è stato tornare a lottare contro me stesso.
A dir la verità iscriversi alla Mezza Maratona di San Gaudenzio è stata più una conseguenza che una scelta. Conoscendomi e sapendo la difficoltà di affrontare una gara senza partecipare al cento per cento, solitamente preferisco fare un buon allenamento che soffrire inutilmente. Ma avendo in programma un allenamento difficile ho voluto sfruttare l'agonismo della mezza, per provare a portare a casa un risultato che da solo lungo il Naviglio sarebbe stato ancora più duro. Avrei voluto festeggiare la prima da Corro Ergo Sum Runners in maniera differente, magari con una lotta al podio di categoria, ma mi sono dovuto accontentare di una mattinata fredda e di un allenamento al limite delle mi stesse forze.
Lo scorso anno credevo che preparare la Maratona di Milano da febbraio, dopo lo stop di un mese, sarebbe stata un'impresa da titani. Ripensandoci ora, mi è sembrata una passeggiata a confronto. Fortunatamente sto imparando che le situazioni vanno valutate con calma e strada facendo. Oggi mi sembra tutto impossibile, ma domani potrebbe cambiare tutto. Come ieri è successo in gara, strada facendo. Il porf. Massini mi aveva messo in programma un lungo di venci chilometri, 4 Km lenti a 4' 30" e 16 Km a ritmo maratona, a 4' 00". Quale miglior occasione per sfruttare una mezza? Così mi sono ritrovato a Novara, a pochi passi dal gonfiabile della partenza, col freddo pungente del mattino dell'inverno piemontese. Tanto freddo. E sapendo bene che non avrei corso ad una velocità tale che mi avrebbe permesso di mantenere il calore del corpo per tutta la lunghezza del percorso, ho preferito coprirmi da capo a piedi, munito anche di buff per viso e gola nei primi chilometri di riscaldamento. Anche perchè, vista la velocità di partenza, ho anche evitato di scaldarmi nel pre-gara. Un po' per avere un freno a mano naturale che mi costringesse a non accelerare subito troppo, un po' per rimanere al caldo il più possbile in attesa del via. Potrei scrivere un articolo intero su quanto osservato prima della partenza. Gente coperta come se dovesse scalare l'everest di lì a poco, esibizionisti in canotta e svolazzini destinati all'ospedale appena svoltato il giro di boa per il ritorno in città. No comment...
Mezza Maratona di San Gaudenzion. Si ringraziano Arturo Barbieri e Antonio Capasso per le foto
Non mi aspettavo di trovare così tante persone per una corsa UISP. Ma ho notato che nel territorio piemontese, come in altre regioni, il movimento è molto sviluppato. Sono curioso di vedere cosa accadrà a tante gare e a tanti runners dal primo giugno, quando l'accordo bilaterale tra gli Enti di Promozione Sportiva (UISP, CSI, ect...) e la FIDAL non sarà più valido (se volete, a riguardo, ho fatto un articolo che comparirà proprio sul prossimo numero di Runner's World di Febbraio, nda). Immerso nel primo gruppone, ho cercato di correre il più tranquillamente possibile i primi chilometri. Non ci è voluto molto ad abbandonare le strade di Novara. Mi è sembrato abbastanza strano non sgomitare per prendere spazio, non superare, non avere il fiato che brucia la gola, non sentire le gambe ancora piene di energia scalpitare. E ci ho messo più di tre chilometri prima di abbassare il buff dal viso e sentire le mani finalmente calde, nonostante indossassii guanti leggeri da allenamento. Ho corso come corro di solito sul Naviglio, senza forzare, a sensazione, guardandomi attorno e cercando di non inciampare tra continui sorpassi a destra e a sinistra di chi aveva già voglia di guadagnare qualche posizione. Mi sono anche gustato la caduta (fortunatamente senza conseguenze) di un runner che mi stava precedendo e che alla vista dei fotografi ha pensato solo a mettersi in posa invece di guardare la strada, investendo completamente il cartello del chilometraggio e ruzzolando comicamente per qualche metro. Dopo qualche minuto ho iniziato finalmente la mia corsa.
Il ritmo l'ho trovato praticamente subito. Nonostante nei primi quattro chilometri fossi andato un po' più veloce del previsto, non mi sono sentito né stanco né affaticato. L'unico fastidio è stato il solito polpaccio sinistro che, da quando ho ripreso a correre regolarmente, non mi dà pace. Percorso lineare. Lasciata la tangenzialina alle spalle è stato un susseguirsi continuo tra piccoli paesi ancora assonnati, seguendo il lungo rettilineo che attraversa la pianura novarese. Lumellogno, Pagliate, per svoltare poi verso Monticello, a metà percorso. Nulla più di una lunga striscia di asfalto, con campi da una parte e dall'altra della strada e lunghe code di auto ferme in attesa che il serpentone della mezza maratona si esaurisse. Strada leggermente in discesa, impercettibilmente. Il mio ritmo è stato abbastanza costante, rallentato di tanto in tanto da qualche piccola salitella. Ma sempre in rimonta rispetto tutti quelli che mi stavano precedendo. Non è fecile correre da soli a ritmo più alto senza nessuno a cui affiancarsi per riposare qualche metro. Essere in costante risalita dà sempre una buona dose di fiducia. Anche incontrare qualche amico o qualche lettore del sito lungo la strada mi ha aiutato a distrarmi dalla fatica che passo dopo passo è aumentata. Ma la parte più critica non è tardata ad arrivare.
Il passaggio sul fiume Agogna, e il conseguente giro di boa, hanno spezzato il ritmo e insieme il fiato. Quello che al dodicesimo chilometro avrei preferito non fare. Qualche piccolo saliscendi tra gli argini è bastato per mettermi in crisi. I seguenti cinque chilometri sono stati i più difficili di tutta la giornata. Nonostante tutto, non ho smesso di recuperare posizioni, ma mi sono subito accorto che il ritmo non è stato più lo stesso. Come mi capita spesso nei momenti di maggiore fatica, ho smesso di controllare il cronometro ad ogni intermedio, andando semplicemente a sensazione. A disperazione. Per cinque chilometri ho combattuto un battaglia interna, con i pensieri che hanno invaso la testa, con la voglia di non mollare e la fatica a tagliare le gambe. Cinque chilometri di leggera salita che, unita alla non-abitudine alla corsa, hanno fatto anticipare di qualche decina di minuti la piccola crisi che solitamente in mezza (mi) arriva tra il diciassettesimo e il diciottesimo chilometro. Ho iniziato a pensare alla Maratona di Milano, a quanto la strada sembri più in salita di quanto immaginassi. Ho iniziato a pensare che non sarei riuscito nemmeno a portare a casa l'allenamento per come avrei dovuto. Ho iniziato a sentire aumentare il dolore al polpaccio, ad avere caldo, ad aver voglia di dire basta, mollare le gambe e corricchiare fino all'arrivo, accontentarmi di una gita fuori porta. Ed ho imparato che la cosa più difficile da riallenare dopo un lungo stop è la voglia di non-mollare nei momenti di difficoltà. Riabituarsi a non cedere alla tentazione di fermarsi, di accontentarsi, di non soffrire. L'unico modo è affrontarla, sbattere la testa, fino a quando quel muro invisibile non si spezza e si ritorna a correre come se tutto fosse stato un sogno.
Per me quell'attimo è corrisposto al momento in cui una ragazza, che avevo superato almeno una decina di chilometri prima, mi ha raggiunto e superato. L'ho vista allontanarsi, piano piano, e lì ho reagito. L'ho raggiunta, lasciadomi indietro le oppressioni del momento e dopo averla affiancata con fatica per qualche minuto le gambe hanno ripreso ritmo da sole. Abbiamo corso insieme per qualche chilometro, quasi volesse sfidarmi per lo sprint finale. I chilometri intanto hanno iniziato a passare più veloci come per magia. La strada si è riappianata. E sono diventato consapevole di poter gestire la fatica. Il ritmo è tornato più costante, controllato. L'arrivo è arrivato poco dopo, dopo aver incrociato e salutato Chiara alla fine della sua lunga passeggiata, lanciato verso il viale dove tutto era partito. Quando ho fermato il cronometro all'arrivo mi sono stupito del tempo, 1h 26', esattamente quello che avevo pianificato come allenamento. Certo, non lineare come sarebbe dovuto essere. Non rilassante come avrei sperato. Ma comunque meno peggio di quanto avevo iniziato a pensare strada facendo. E' inutile al momento fare calcoli e previsioni. Devo solo pensare a correre, divertirmi e viverla giorno per giorno. Il traguardo prima o poi apparirà all'orizzonte.