Campionato Brianzolo di Cross (Monza)
Non so. Forse è solo fortuna. O coincidenza. Il tracciato del Parco di Monza è uno dei più belli nel circuito del Campionato Brianzolo di Corsa Campestre, ma anche uno dei più duri. Sicuramente un vero percorsa da corss, con pochissimo piano, continui saliscendi, curve e controcurve, salite e discese con alta percentuale di pendenza. Anche la cornice del parco non è di poco conto. E sarà forse anche che oggi c'era il sole, cosa rara in questo inverno. Tante cose tutte insieme. E tra e tante ci scappa la gara che non ti aspetti. Proprio come lo scorso anno.
Si ringraziano Podisti.net e Arturo Barbieri per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.
Già nel 2012 la corsa di Monza era stata la migliore in termini di tempo nonostante il percorso non fosse il più corto con i suoi 5,8 Km. Le condizioni di terreno e meteo oggi erano migliori rispetto ad un anno fa. Terra semi-dura, non fangosa, con erba bassa. Circa 6-7°C, il sole che andava verso il tramonto e aria frizzante. Quello che in realtà mi preoccupava di più era la forma. Dietro la riga di partenza eravamo in tanti. Veramente tanti. E si sa, tra tanti, ci sono anche i forti. Allo sparo i venti metri su cui eravamo sparsi si riducono ad imbuto man mano che ci avviciniamo al percorso nastrato. Mi ritrovo in mezzo al gruppone, esattamente dove volevo essere. L'idea è quella di partire piano e carburare mano a mano. Ho qualche riferimento sparso qua e là tra le decine di gambe che galoppano sull'erba, ma vedo che dopo poche centinaia di metri hanno già preso il largo. Mi adatto al ritmo di quelli che mi circondano provando a vedere come va il primo giro. Andiamo e ritorniamo sul prato davanti a Cascina San Fedele. Ho deciso di mantenere i chiodi lunghi sulle scarpette da cross, pensando alla salita e alla discesa che ci aspettano a metà tracciato. Mi lascio trascinare e poco prima di buttarci giù lungo il pendìo il gps mi segnala il ritmo del primo chilometro, 3' 32". Credo di non essere mai partito così forte. Scendendo e risalendo il fianco della collinetta le fila si allungano portandoci nella seconda parte di tracciato, quella più mossa. Seguo chi mi precede cercando di diminuire leggermente il ritmo. In alcuni punti i chiodi picchiettano rumorosamente sul terreno un po' troppo duro, aggrappandosi poi invece alla perfezione quando passiamo ai tratti in erba. All'inizio del secondo giro, in corrispondenza quasi precisa dell'inizio del terzo chilometro, raggiungo e supero quello che diventerà poi il mio avversario di giornata. Maglia blu e rossa, Atletica 42195. Si chiama Stefano, lo capisco dai continui applausi dei sui compagni di squadra. Gli sto attaccato per qualche centinaio di metri decidendo poi di passarlo verso la metà gara, appena dopo il nuovo passaggio sul ripido sali-scendi. Il cronometro segna imperterrito un ritmo per me sorprendente, soprattutto se paragonato a tutte le campestri precedenti di quest'anno: 3' 47", 3' 47", 3' 52" all'inizio dell'ultimo dei tre giri programmati. Prendo una decina di metri sul mio diretto avversario e punto quello esattamente più avanti, suo compagno di squadra, dopo avenrne scavalcati altri due nella parte più piana di percorso. Forse pago un po' l'ennesimo passaggio sul sali-scendi, anche se il cronometro dice un buonissimo 3' 43" al quinto chilometro. Voglio solo mantenere il ritmo, e mantenermi per il finale. Rosicchio qualche metro davanti, ma negli ultimi cinquecento metri tutti aumentano un po' l'andatura. Sento il rumore dei tacchetti del mio avversario avvicinarsi alle spalle quando risalgo l'ultima salitella prima delle due curva finali. Svolto a sinistra con le gambe pesanti senza riuscire a prende ancora il ritmo per lo scatto finale. Poco prima dell'ultima curva mi supera sulla sinistra anche se lo stringo leggermente per chiudergli la strada. Dopo la svolta è lui davanti di un metro. Contemporaneamente abbiamo uno scatto improvviso e aumentiamo il passo per gli ultimi cinquanta metri con tutto quanto abbiamo in corpo. I tacchetti affondano nel terriccio umido lasciando dei solchi e lanciando terra tutt'intorno. Lui si volta per controllare la situazione e quasi si sorprende vedendomi attaccato alle sue suole. Non molla il ritmo anche se riesco a recuperare qualche centimetro, ma non abbastanza per passare davanti a lui sotto il traguardo. Ma che finale. Da oscar, se fossimo in un film. Ho la gola in fiamme, sento ancora le voci di quelli che ci incitavano, pur non conoscendoci, negli ultimi metri. Gli do una pacca sulla spalla mentre lui si complimenta con me per la nostra sfida. E ci abbracciamo sopraffatti dal fiato corto e dal sudore che cola negli occhi. Sorriso ancora prima di guardare il cronometro fermo a 21' 34". Ma la realtà (e lo scopro adesso guardando i dettagli della classifica, nda) è un'altra. 10 centesimi. Per soli dieci centesimi e probabilmente un passo più lungo sul tappeto d'arrivo con la rilevazione del chip, gli sono arrivato davanti. Non poteva finire meglio questa gara, sudata e voluta. Ed a soli 20' secondi dallo scorso anno. Sto tornando.