Campionato Brianzolo di Cross (Oggiono)
Sarà anche sempre la più dura per le condizione meteo sempre avverse, ma Oggiono è anche una delle gare di cross che poi mi escono meglio. Alla faccia della salita-discesa più impegnativa di tutto il circuito. L'anno scorso temperatura sotto zero e neve. Quest'anno fango come se pioevesse e un vento gelido e tagliente che non ci ha dato tregua. Eppure, al di là del tempo, ottima gara, sia come gestione che come piazzamento (26° di batteria e 7° di categoria). Forse è proprio quando la corsa si fa più dura che do il meglio o forse sono solo coincidenze. Ma vedere il miglioramento di queste settimane mi dà tanta fiducia. Secondi rosicchiati, etti che se ne vanno, gambe che girano un po' meglio, ritmi che si alzano. Chi corre vive per queste poche cose. E allora si, siamo vivi.
La prima cosa che ho notato arrivando dal parcheggio del centro sportivo è il percorso identico allo scorso anno. Non fa nemmeno troppo freddo. Gente e pubblico leggermente minore rispetto al solito. Una rapida ricognizione sul campo ci fa optare per i chiodi lunghi da 12 mm e visto che Chiara deve partire poco dopo sistemiamo subito le sue scarpe. Per la prima ora faccio da pubblico, mi studio un po' il terreno e mi preoccupo di incitare lei. Ma non c'è troppo bisogno: gara esemplare, con partenza controllata e allungo finale ad infilare quasi tutte le avversarie (1° di categoria e 3° di batteria). Quando è il nostro turno però il tempo decide di regalarci un bel vento freddo e tagliente da nord. Il gonfiabile dell'arrivo non dura molto e una volta abbattuto viene rapidamente smontato. Si congela in maglietta a pantaloncini, ma meno indumenti addosso si hanno a fare da vela meglio è. Provo anche io ad attuare la tattica di Chiara e dopo i primi cento metri dallo sparo cerco di mantenermi costante il più possibile. Mi ritrovo, senza nemmeno cercarlo, al fianco del mio avversario di Giussano in canottiera verde. Accetto la sfida. Saliamo quasi incolonnati per i 100 m del salitone. Il terreno è un ammasso di palta densa e gommosa. I tacchetti non hanno alcuna possibilità di presa. Ma si sale. Cerco di ostacolare chi porva a superarmi spostandomi appena a destra e sinistra. Non ho voglia di regalare posizioni a nessuno. Piccolo imbtuo in cima prima di prendere la discesa e allungo velocissimo giù per la discesa. Cerco la zona d'erba dove i piedi fanno più presa. Arrivato sul piano le gambe sono già distrutte e iniziamo il lungo serpentone pianeggiante nel campo di granoturco. La zona al fianco della collina rimane quasi sempre in ombra e il deposito di neve ha creato una specie di palude fangosa dove i piedi affondano subito, fradici completi. Il fango schizza ovunque su gambe, maglie, faccia, mani, testa, bocca. Non c'è una zona franca in cui poter passare più agilmente. Seguo quelli davanti a mem cercando solo di non perdere terreno. Quando la terra diventa leggermente più dura sembra di correre sul velluto, ma manca ancora quasi un chilometro alla fine del primo giro. Il mio avversario rimane qualche passo davanti, ma gli sto incollato. Nel momento in cui svoltiamo nel primo tratto verso l'arrivo veniamo colti da una folata istantanea di aria gelata. I nastri che delimitano il percorso sono completamente tirati. Qualcuno si strappa e intralcia il passaggio. Una fatica enorme. Rimango accodato. Passiamo vicino al pubblico tutto raggruppato nella parte centrale. Mi sento bene e mantengo il passo. Alla fine del primo giro il crono dice 4' 03" e 3' 57". Ottimo. Il gruppo diventa più nutrito quando agganciamo i due che ci stanno davanti. Passo in testa a tirare risalendo la salita. Preferisco essere io a stoppare gli altri nel caso e non perdere metri preziosi per il dopo. La zona melmosa successiva peggiora ancora. Le scarpe scompaiono nel fango molliccio e liquido. Il vento aumenta e quando la maglia nera mi sopravanza prima della zona arrivo lo lascio fare e mi faccio tirare per qualche centinaio di metri coperto dal vento. Prima di incrociare Chiara all'inizio dell'ultimo giro lo ringrazio (ironicamnte) e lo risupero. Prendo qualche metro di vantaggio su tutti e parto in solitaria. Come la prima frazione anche la seconda è costante 4' 17" e 3' 57". Il ritardo nella prima parte è dovuto allo scatto iniziale della partenza. Mi sento bene e voglio solo mantenermi. E così faccio. Supero qualcun altro andato un po' in crisi mentre il vento aumenta sempre di più. Il pubblico incita i propri beniamini a dare sfogo alle ultime energie residue ma tengo a bada tutti. Dopo l'ultima curva inizio lo sprint guardando solo davanti. Vorrei provare a recuperare un'altra posizione, ma l'importante è non perderne. Lo sforzo è sufficiente e taglio il traguardo dei 5,750 Km in 23' 18", ad una ventina di secondi dalla gara dello scorso anno. Difficile dire se è meglio o peggio, troppo diverse le condizioni. In ogni caso, però, sto arrivando.