Cortina-Dobbiaco Run [A2]
Ora tutto dipende dai punti di vista. Puoi prendere la gara e rigirarla a destra e sinistra, guardarla dall'alto e dal basso e poi decidere se è andata bene o male. Parto dalla fine. Nuovo personale. Quando c'è un nuovo personale la cosa non può che essere positiva. Poi possiamo passare all'inizio, a ieri o a venerdi, quando mi è comparso il dolore al polpaccio sinistro. Sono anche stato indeciso se presentarmi alla partenza, e allora anche in questo caso la cosa non può che essere positiva. Poi mi viene in mente il tratto tra il chilometro dodici e il chilometro tredici, quando il dolore alla gamba era talmente forte che ho pensato di fermarmi, di ritirarmi. Ma ho resistito ancora un po' e sono arrivato alla fine. E anche questo è positivo. Ho corso immerso nel verde delle montagne del Trentino, in mezzo al silenzio della natura. Quest'anno per la prima volta non ha nemmeno piovuto. Anche questa mi sembra buona cosa. Ho passato un nuovo week-end sportivo, una coda di Strongman, insieme al mio inserparabile amico Andrea "Hansel". Tra parentesi, grazie. Cosa che altrimenti non sarebbe stata possibile senza il suo invito. E siamo ancora d'accapo. E allora, pensanodci bene, perchè non dovrebbe essere un risultato positivo questa corsa? Per l'obiettivo di correre sotto le due ore non raggiunto? Per il male che la gamba mi sta facendo ininterrottamente da quando la corsa è finita? Dalle cento posizioni in meno che avrei potuto guadagnare se fossi stato bene? Si, non è stata la corsa perfetta, ma ci saranno altre occasioni. Invece questa avventura non tornerà più. Ma per fortuna anche questa volta io c'ero.
Avevo un conto in sospeso con la Cortina-Dobbiaco Run, aperto dallo scorso anno. Beh si, l'avrò anche l'anno prossimo, ma questa è un'altra storia. In realtà un anno fa credevo che le cose sarebbero andate in modo completamente diverso, ma la vita riserva talmente tante sorprese, belle e brutte, che ho imparato a non rimpiangere nulla. Per la prima volta sono salito a Dobbiaco senza mio Zio che mi ha iniziato a questa corsa, parlandomene per quasi un anno per la bellezza. Infatti anche io poi me ne sono innamorato. Oggi era la terza volta consecutiva e sarà difficile lasciarmi a casa anche l'anno prossimo. Non c'era neanche Marco, come lo scorso anno. Forse proprio l'assenza di entrambi ha finalmente fatto si che non piovesse nemmeno per un minuto in questo week-end. Il quartier generale è stato a San Vito, prima (o dopo, dipende dai punti di vista) Cortina. Sabato passato in viaggio per me, con breve sosta a Treviso da Andrea per il pranzo e poi viaggio verso il Trentino. Come in ogni corsa che si rispetti poi c'è il classico giro-sosta al villaggio per il ritiro pacco-gara e pettorale. Qualche faccia conosciuta in giro c'è, Silvio Omodeo speaker come ogni anno che riesco a salutare la volo, Fulvio Massini, Gianni Poli e poi gli immancabili compagni della Martesana Corse. Un giro tra gli stand, qualche acquisto dell'ultimo momento e le nostre immancabili fotografie "belle belle belle in modo assurdo" (cit.). Prima di ritornare verso casa beviamo anche una birra in compagnia di Antonio, mio co-estimatore della bellissima Eliana, con il quale finalmente riesco ad incontrarmi ad una corsa. Mancava Manlio quest'anno, peccato perchè si è perso una grande edizione. I numeri ufficiali parlano di 4496 iscritti, con solo quattro pettorali non assegnati. Io sono iscritto da pochi giorni, 3433, numero alto, ma colore azzurro che vuol dire prima griglia alla partenza. E in prima griglia mi trovo venti minuti prima del via di questa mattina. Si parte tardi, 9.30 per l'esattezza. Per cui sveglia e preparazione con tutta calma. Perdo Andrea e Antonio quando mi insinuo tra le prime file. Scorgo tra i numerosi top-runners anche Simona, la Regina dei Marziani. Provo a chiamarla per salutarla ma non ce la faccio. A pochi minuti dal via tolgono le barriere divisorie e sono subito sotto il gonfiabile della partenza, terza/quarta fila. Ripenso al giorno prima e al fatto che non fossi sicuro di voler partire. Buttare un'iscrizione fatta all'ultimo? Risparmiare le gambe per la Monza-Resegone tra venti giorni? Ma oggi i 30 Km erano in previsione anche di quello. Esserci ma solo da spettatore? No, non fa per me. E allora al count-down eccomi pronto all partenza con il dito sul cronometro. Cerco con lo sguardo la fascia bianca di Eliana per vedere dov'è e la vedo poco più avanti. Il mio obiettivo alla partenza è raggiungerla e vedere che passo tiene. Così faccio. Un piccolo slalom in accelerazione e sono subito dietro. I top hanno già preso qualche decina di metri di vantaggio. Io mi aggrego al piccolo gruppetto dietro alla prima donna. La strada è subito in salita per tre chilometri sull'asfalto. Loro sono caldi, io no. Loro sono top, io no. Loro vanno a 3' 40", anche io, ma poco prima del primo intermedio mollo. Troppo veloci. A malincuore li lascio proseguire soli. Passo il primo chilometro a 3' 56". Un po' troppo forte, ma bene. La gamba mi fa male da subito ma non in maniera esagerata, più un fastidio continuo che dolore. Sono fiducioso. Per la prima volta in vita mia indosso un paio di booster che ho pensato possano aiutare un po' il polpaccio. Tentar non nuoce. Mi mantengo sul mio passo rallentando ancora un po'. Mi superano in molti e presto abbandono la 30° posizione. Fa un po' caldo, anche se il sole non esce dalle nuvole. Mi da un po' fastidio vedere continuamente gente che mi supera ma so che devo pensare solo alla mia corsa. Poco prima del 4 Km ci inoltriamo sul sentiero che taglia i boschi. Lo sterrato è abbastanza scorrevole, ma sempre in salita per tutti i primi 13 Km. Mi sento subito affaticato, tanto che al primo ristoro prendo un bicchiere d'acqua, cosa che non faccio mai. Il sole ogni tanto fa anche capolino tra gli alberi, ma per poco. Mi passa anche il gruppetto con la seconda donna. Per qualche chilometro li seguo a distanza di qualche decina di metri ma poi abbandono anche loro. Poco dopo il sesto arrivano le due gallerie che ho amato tanto nelle altre edizioni. La prima illuminata e ben ristrutturata, con il suo fascino immancabile, alta e stretta. La seconda buia, polverosa e umida. Ma la gamba ha il sopravvento e ci passo attraverso senza quasi accorgermene. La testa è troppo occupata ad ascoltare le sensazioni e i segnali che vengono mandati dal polpaccio. Il fastidio aumenta ad ogni passo e spingere con la punta del piede poco alla volta è sempre più doloroso. Ma vado avanti. Passo il piccolo ponte di legno sull'orrido, sempre affascinante. Le disconnessioni del terreno danno non poco fastidio all'appoggio del piede e in certi punti mi arrivano delle forti fitte fin quasi al ginocchio. Risaliamo ancora il boschetto tenendoci la strada asfaltata sulla sinistra. C'è parecchio pubblico, tutti attenti ad aspettare i propri beniamini. Io so che il mio è tutto a casa che aspetta notizie all'arrivo. E continuano a superarmi. Ogni tanto provo ad aggangciarmi a qualcuno, ma poi mollo. Cerco di mantenere un passo costante come volevo tra i 4' e i 4' 10", ma più i chilometri passano e più mi accorgo di non farcela. Quando spingo troppo il polpaccio si lamenta e se voglio arrivare alla fine devo rallentare. Decido di non guardare più il cronometro se non nei passaggi canonici al decimo, ventesimo e venticinquesimo chilometro. Vado. La strada è quasi tutta dritta. Due strisce bianche che si inoltrano nei boschetti di piccoli pini. Mi accorgo solo all'ultimo di passare di fianco al ruscello che mi ha sempre tanto affascinato. L'acqua è praticamente immobile, trasparente. Sento il fresco solo guardandolo. Ma passa subito, non appena il male ricomincia ad avere la meglio. Al decimo chilometro dovrei avere solo un minuto di ritardo circa secondo tabella, ma invece di passare attorno al 41' sono già a 43' 54". Non posso farci niente e vado oltre. La strada continua a salire imperterrita. I prati lasciano spazio ad un tratto di montagna scoscesa e sassosa. Passiamo il primo letto del fiume (asciutto), isolati dal mondo. Si sento solo il rumore dei passi, il rumore del vento (cit.)... Cominciano a vedersi i primi fotografi e anche le prime donne di classifica mi rimontano. Lascio andare per forza. Il dolore aumenta. La salita e lo sforzo sulla punta del piede non lasciano rilassare muscoli e tendine. Quando ci riavviciniamo alla statale e ricomincio a vedere il pubblico ho il primo cedimento, fisico e psicologico. Una fitta che si espande per tutta la gamba mi spaventa. Zoppico, ma non rallento, ma ho quasi la tentazione di farla finita per paura di peggiorare la situazione. Proseguo per qualche centinaio di metri indeciso. Guardo la gente e le macchine accostate a bordo strada. Sento il polpaccio stringersi attorno al fulcro del dolore. Stringo i denti. Sospiro. Ma poi non mollo. Riprendo il passo sperando che la piccola discesa che c'è poco più avanti possa aiutarmi. Approfitto di un piccolo pianoro e prendo il primo gel dalla tasca. La gamba fa male e non riesco a godermi la mia corsa. Questa è la cosa che in realtà mi dà più fastidio. Poi davvero comincia la prima discesa di solo qualche chilometro, ma è manna per la gamba. La pressione sul polpaccio diminuisce, anche se i sassi diventati più grossi rendono un po' più instabile il passo. So che in questo punto non si deve spingere presi dalla foga e allora lascio che mi superino ancora come tutti gli anni. Io mantengo il mio passo. Riprendo un po' di fiducia e penso solo ad arrivare al 15 Km, metà gara. Metà gara, ma questa volta quasi interamente in discesa. Riprendo a salire, ma la gamba ha meno pressione. Riconosco i prati e so dove mi trovo. Al ristoro di Cime Banche il pubblico si fa attorno al tracciato, si passa sull'erba un po' più morbida. Anche l'acqua da una mano. Proseguo deciso. Il ritardo lo saprò solo al 25 Km quando la tabella di marcia avrebbe dovuto dire 1h 36'. Al Lago di Landro poco prima del 20 Km vengo superato e poi affianco la sesta e settima donna. La seconda ha un buon passo che riesco a mantenere anche io. Facciamo qualche pezzo di strada insieme ma poi lei cede. La cosa mi dà un po' di fiducia. Passo la mezza in 1h 26' spaccati. Male, molto male. Anche la gamba ricomincia a farsi sentire, soprattutto nei piccoli strappetti in pendenza che ogni tanto ci tocca risalire. In quesi tratti zoppico vistosamente non potendo spingere con la punta del piede sinistro. Poi finalmente è davvero tutta discesa, lungo il lato sinistro della statale questa volta. Cerco di frenare la voglia di recuperare lo svantaggio ormai alto che ho rispetto alle previsioni. Ma le gambe ce la farebbero, il fiato anche. Mi sento bene, se non fosse per il problema al polpaccio. Al venticinquesimo ormai mi arrendo all'idea di non poter abbattere il muro delle due ore. 1h 45' 49", il ritardo è di quasi dieci minuti. Posso pensare di recuperare qualcosa soffrendo, ma non più di tanto. Lascio che le gambe facciano a sensazione ormai. La fitta c'è e rimane, ma molto meno che in salita. La velocità sento che è aumentata notevolmente ed anche il fiato comincia ad essere più corto. Lungo la strada comincia vedersi il pubblico che si muove verso Dobbiaco. Recupero qualche posizione, meno rispetto gli altri anni, ma almeno globalmente mi sento bene. Le gambe non hanno principi di crampi e non le sento pesanti. Conto i cartelli dei chilometri che passano. Ogni tanto il polpaccio manda qualche fitta segnaletica, ma rispetto all'inizio la situazione è migliorata. I piccoli strappetti in salita che si trovano random però li soffro. Ma ormai i chilometri passano da ventisette a ventotto. So che appena arrivato a Dobbiaco ci sarà l'ultimo. Gli applausi diventano più forti, l'incitamento non manca. Sale l'adrenalia e copre anche un po' di dolore. Sull'asfalto sento il grip delle scarpe diventare più aderente e trovo il mio passo. La gamba si lamenta un po', ma ormai siamo alla fine. Registro l'ultimo chilometro sul cronometro per sapere a quanto vado e vedo che segna già 2h 02'. Si entra in paese e poi c'è il curvone in salita che ci manda nel parco della villa dove c'è l'arrivo. Il pubblico è molto. Applausi e incitamento si sprecano. So di essere attorno alla centotrentesima posizione avendo sentito qualcuno contare i passaggi. Allungo il passo più che posso e vedo il cronometro dell'arrivo passare a 2h 06' 00" esattamente quando gli passo sotto. Incredibilmente l'ultimo intermedio è di 3' 06". Mi fermo all'istante mentre una ragazzina mi si avvicina per infilarmi la medagli al collo. Ce l'ho fatta. Penso subito al ritiro mancato e mi do del coglione. Appena rimuovo le gambe, ferme solo da qualche secondo, la gamba si rifiuta di seguirmi. Ho come una morsa che mi si stringe attorno al polpaccio e faccio fatica a camminare. Ma non mi interessa. Ce l'ho fatta lo stesso. Nuovo personale e 132° assoluto. Non c'è quasi nessuno sul prato davanti all'arrivo, e mi trovo il mio posto dove rilassamri prima che arrivino tutti gli altri. Certo, solo una settimana fa avevo pensato a tutt'altro finale e sono sicuro che ce l'avrei fatta se fossi stato bene. Ma con i "se" e i "ma" non si va da nessuna parte. Per cui per oggi va bene, va bene così... (cit.)
Sono ancora in viaggio, in treno, mentre sto scrivendo e la gamba si fa sentire imperterrita. E ad ogni fitta ritorno con la mente sui sentieri di oggi. Prima un sasso, poi un altro. Ora una salita. Chissà se arriverò anche questa volta...