10K del Parco Nord Milano [A2]
Questa volta la lezione me la sono meritata. Sotto tutti gli aspetti. E credo che principalmente sia stata tutta da imputare alla testa prima che alle gambe. Poteva essere la gara che aspettavo da tempo nei 10000 m, quel percorso perfetto sognato da tempo. Pochissime curve, rettilinei lunghi il giusto per non sfiancare la mente, bel tempo, poca confusione, periodo lontanto dalle gare. Eppure qualcosa non è andato. Forse tante piccole cose. Ma sommate si sono trasformate in quei secondi preziosi di ritardo dal tutto. Personale, podio, prestazione, soddisfazione. Sorriso. E' stato bello esserci, è stato bello correre, ma questa volta non sono soddisfatto per nulla. Di me stesso.
Si ringraziano Podisti.net e Roberto Mandelli per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.
Non voglio dire che mi sia arreso, ma sicuramente avrei potuto spremermi ancora quel poco che sarebbe bastato per dare un "6" a questa corsa. Una bella corsa. Sotto tutti i punti di vista. Location bellissima, organizzazione perfetta, percorso a dir poco fantastico per provare il personale. Peccato per il caldo e l'umido. Ma non voglio che diventi un alibi. Al Parco Nord di Milano ho corso poche volte con mio Zio e Marco e un'altra con Simone. Un buon diversivo in settimana, quando però il traffico e lo smog circondano i sentieri che attraversano i piccoli boschetti; un'ottima scelta la domenica mattina mentre ancora Milano è dormiente. Nonostante sia la prima edizione per la Libertas Sesto tutto sembra organizzato e testato da anni (unico piccolo inconveniente un cancello del parco che non si apre e ci costringe ad un giro più lungo per raggiungere partenza e premiazioni, nda). E poi il percorso. Una serie di rettilinei nè troppo lunghi per stancare la mente nè troppo brevi per cambiare il ritmo con le continue curve. Un dislivello irrisorio che solo nel secondo giro si fa davvero sentire. Un ambiente ideale, lontano da case e strade; solo piccoli sentieri che corrono tra l'ombra degli alberi e lunghi viali asfaltati che sembrano dirti "forza, fai andare quelle gambe". E poi la gente. Qualcuno a fare da spettatore e tanti persi e intenti nella loro ora di svago settimanale, con le cuffie nelle orecchie, magliette fradice di sudore e la mente rilassata. Alla partenza cerco di piazzarmi il più avanti possibile tra le fila non ancora occupate. Fa caldo anche stando fermi ammassati tutti insieme sotto al gonfiabile. Non conosco molte facce. Franco è posizionato dalla parte opposta della strada. Sapendo il suo stato di forma vorrei accodarmi a lui e poi vedere l'evolversi della gara. Ed infatti cento metri dopo il via così faccio. In una trentina ci stacchiamo davanti. I primi hanno tutto un altro passo. Ma quella è gente che corre davvero. Rimango accodato a Franco che recupera qualche posizione passando sull'erba al fianco del vialetto, ma già a metà del primo chilometro comincio a sentire la fatica. Alla prima curva, prima di inoltrarci tra gli alberi verdi mollo i colpo e perdo qualche paio di metri. Al primo intermedio controllo il passo che è già a 3' 30". Un po' veloce, ma neanche troppo pensando a quello che vorrei fare. Capisco che sarà dura. Ma capisco anche che oltre alle gambe il problema oggi sta tutto nella testa che non ha voglia di fare fatica. Il gruppetto mi prende ancora qualche metro di vantaggio mentre qualcuno mi raggiunge anche dalle retrovie. Quasi non ho ancora rotto il fiato quando ci immettiamo nel rettilineo che ci porta in direzione opposta a quella di partenza. Diminuisco un po' il passo fino a quando non mi stabilisco sui 3' 46", almeno dieci secondi più lento di quello che vorrei fare. Ma è un passo che sento mi può permettere di arrivare in fondo. Sento le gambe pesanti, un po' meno che in settimana, e il caldo opprimente. L'ombra nei vialoni alberati non riesce comunque a darmi sollievo. Tra il terzo e il quarto chilometro c'è l'unico tratto di andata e ritorno in cui ci si incrocia e riesco a farmi un'idea di chi ho davanti e di chi mi sta direttamente alle spalle. Ma la fatica comincia già ad appannarmi le idee. Franco ha già un bel vantaggio, quasi incolmabile. Penso quindi solo a correre ed a passare il prima possibile la metà gara. Mentalmente come essere in discesa. Bello il passaggio poco prima del quinto chilometro sotto il gonfiabile di arrivo/partenza dove sono solo e lo speaker mi chiama per nome. Emozionante. Qualche piccola variazione del percorso nella seconda parte per avvicinarlo il più possibile ai 10 Km dichiarati (risultati a me 9,88 Km da gps, nda), ma dal sesto chilometro in poi si ritorna sulle stesse strade. Quello che non torna è il ritmo che comincia vistosamente a calare. Non riesco a far girare le gambe, giustificandomi col caldo di giornata. Ma a quelli che stanno davanti le gambe girano e senza problemi. Franco ormai è lontano. Salgo addirittura sopra i 4' al chilometro lungo il tratto di leggero falsopiano in salita. La canottiera è fradicia di sudore, che cola copiosamente anche sopra le lenti degli occhiali da sole. La tempratura sale piano piano. Guardo i pochi davanti a me che faticano. Qualcuno rallenta. So già che non sarà possibile scendere sotto i 37' e la cosa un po' mi demotiva. Mi sembra anche impossibile riuscire a raggiungere il podio di categoria con tutti quelli che ho davanti. E le energie calano insieme alla spinta della mente. Mi ripeto che comunque devo spingere fino in fondo, per allenare la testa, per allenare le gambe anche con la fatica, per non avere rimpianti. Cerco di convincermi, ma in realtà non lo faccio. Tra l'ottavo e il nono chilometro recupero qualche posizione. Affianco una canotta bianca, la supero. Sento il suo fiato sul collo mentre mi si accoda e mi segue per qualche decina di metri per poi riprendere quelli che gli ho rubato nell'ultimo tratto. Mancano solo mille metri all'arrivo e dovrei lottare per mantenere la posizione, ma invece di stringere i denti preferisco mantenere l'andatura e lasciarlo andare. E la pagherò poi. Corro l'ultimo chilometro come i precedenti, senza cercare lo sprint e senza dare il massimo. Non che trotterelli, ma l'ultimo chilometro si dovrebbe sempre chiudere in spinta, soprattutto in un diecimila. Taglio il traguardo in 37' 46", trentasettesimo assoluto. Chi mi vede all'arrivo non credo abbia una bella impressione. Fatico a riprendere il fiato e cerco l'ombra e un po' di fresco. Ma è impossibile ormai col sole alto e caldo. E non sono contento. Non riesco ad esserlo per le brutte sensazioni che ho avuto durante la gara. Forse il caldo, forse gli allenamenti, forse la forma. Forse non aver dato il cento-per-cento. E la risposta più chiara ce l'ho all'esposizione delle classifiche ufficiali: quarto di categoria per soli sei secondi. Una maglia bianca che non avrei dovuto lasciare andare.