Koelner Nikolauslauf (Colonia) [A2]
Qualsiasi Corsa di Babbo Natale dovrebbe essere corsa sulla neve. Magari con una slitta trainata da renne e un signore attempato vestito di rosso che apre la strada davanti ai top-runner. A Colonia si sono organizzati solo per avere un percorso innevato ed è bastato per renderla un diecimila fuori dal comune. Come tanti piccoli folletti i runners che non si sono fatti spaventare dalla nevicata e dal freddo gelido del mattino sono arrivati alla spicciolata. Tutti già pronti nei loro completi neri, tutti attrezzati per correre sulla neve. Solo chi era in trasferta e non aveva considerato le sorprese dell’inverno del nord è stato colto impreparato. Tre giri di parco, slalomando tra gli alberi e i laghetti ghiacciati e come pubblico le anatre raccolte sulla riva. Partono forte i top, chi con le scarpe da trail, chi con le scarpe da cross, chi con i rampini da running. E chi ai piedi ha solo le sue fide A2 con la suola liscia non può far altro che da spettatore un po’ più indietro. Ma almeno adesso sa cosa chiedere a Babbo Natale: un paio di scarpe per correre sulla neve.
Ho riassunto così l'ultima fatica podistica in terra tedesca. Doveva essere la prova-del-nove, si è invece trasformata in una scampagnata. Di più non avrei potuto fare. Sapevo che ci sarebbe stato freddo, ma non pensavo così tanto. Sapevo che sarebbe nevicato, ma non credevo così tanto. Ed essere in trasferta purtroppo non ha giovato. Avessi potuto scegliere dopo un rapido brifing sul percorso avrei optato per un paio di scarpe da cross o per lo meno per quelle da trail. Usare le Mirage, le uniche che avevo con me, è stato un suicidio-sportivo. Ma andiamo per ordine. Pessima l'accoglienza tedesca, tenendo conto che si trattava di una gara agonistica: un misero spogliatoio di una decina di metri quadri per più di cinquecento iscritti. Ancora peggio il deposito borse: una tenda montata sulla neve dove lasciare il proprio borsone (non numerato) e senza neanche il minimo controllo da parte dell'organizzazione. Sono rimasto basito pensando alle decine di volontari che da noi ogni domenica passano quattro o cinque ore agli incroci durante le tapasciate che piova, nevichi, ci sia sole o tiri vento. Santi subito. E all'arrivo solo un po' di té, ormai tiepido, e nemmeno l'ombra di una maglietta o una medaglia. Non nevica più il mattino della gara, ma le ventiquattro ore di neve ininterrotta tra venerdì e sabato hanno fatto abbastanza. Il parco è immerso in una fitta coltre bianca e dagli alberi cadono incuranti fiotti di neve dai rami. I laghetti sono ghiacciati. Il percorso è riconoscibile solo grazie ai nastri apposti lungo i viali per delimitare le curve. Appena inizio il riscaldamento con Chiara mi accorgo che il terreno è formato da due strati, il primo più soffice fatto da neve fresca caduta nella notte, il secondo ghiacciato risultato della neve pressata dei giorni precedenti. Non si riesce a correre benissimo. Le suole lisce slittano quando toccano il manto ghiacciato, ma trovano un po' più di grip sulla neve fresca. Fa freddo, ma forse mi sono anche vestito troppo con il triplo strato. Alla partenza mi accorgo subito però di come andrà la corsa: tutti quelli che mi circondano nelle prime file, o quasi, hanno scarpe più adatte delle mie alla situazione. Mi incuriosiscono i rampini che indossa il vincitore della scorsa edizione, non ne avevo mai visti. Io rimpiango le mie beneamate scarpe da cross. Al via slitto immediatamente, ma riesco comunque ad impostare un buon passo. I primi prendono subito il largo, ma io sono concentrato a mantenere il mio ritmo e il controllo del secondo chilometro mi dà conforto: 7' 43". Pensavo nettamente peggio. Mi accorgo di fare fatica. Cerco di correre sul bordo o in centro dove la neve fresca è maggiore, cercando di evitare i tratti ghiacciati riconoscibili ad occhio. Giriamo per il parco e cerco di prendere dei riferimenti per il secondo e terzo giro. In curva e in salita perdo tantissimo. Le scarpe slittano in maniera spropositata e in più di un'occasione rischio di cadere. Diminuisco un po' il ritmo. Le gambe si affaticano non poco e mi accorgo di correre in maniera totalmente scomposta. Baricentro basso, forza soprattutto nelle cosce e non nei polpacci. I flessori se ne accorgono subito. In molti mi superano nei tratti in cui mi manca l'equilibrio. Man mano che i chilometri passano il terreno peggiora notevolmente. La neve fresca viene appiattita e faccio sempre più fatica a mantenere una corsa composta. Sento le gambe che scalciano all'indietro quando la suola non riesce ad aggrapparsi al terreno. Ho la sensazione quasi di andare all'indietro invece che in avanti. Mi accorgo di come le gambe stiano lavorando male, in modo innatuarale, nell'unico tratto di asfalto lungo una cinquantina di metri. Mi sembra di avere due tronchi. Lascio che mi passino senza poter fare nulla per provare ad accodarmi a qualcuno. Al quinto chilometro il cronometro segna poco più di 20' e vista la situazione non è proprio male. Ma anche la tensione scende. Decido di andare comunque avanti ma di godermi la giornata. Non mi capita spesso di correre in situazioni simili e può essere comunque un buon allenamento di potenziamento. L'unico rimpianto è non sapere cosa avrei potuto fare se fossi stato in condizioni ottimali. Sarebbe anche potuto essere un ottimo test in vista delle future campestri invernali. E in effetti più che essere una 10 Km è stata una lunga gara di cross. Gli ultimi chilometri sono un vero disastro. I piedi sicvolano in tutte le direzioni e non più solo all'indietro non trovando più il minimo grip anche sulla neve fresca. Ne avrei ancora, ma non tiro nemmeno la volata verso il traguardo, chiudendo in 42' 16". I primi sono già arrivati da dieci minuti...