Camminata degli Alpini tra Brembo e Adda
Il bello delle tapasciate è godersi la corsa. Quando poi il contorno diventano il corso dell'Adda, la valle del Brembo, la città operaia di Crespi, il Naviglio Martesana, il Santuario di Concesa l'impressione è più quella di essere in una gita di piacere. Sono il fiato che si accorcia sempre di più e la fatica dei piccoli ma impegnativi strappi in salita a riportarti alla realtà. Il continuo parlare in corsa a cui non si è più allenati, il susseguirsi di sorpassi zizzagando tra la gente partita troppo presto, sterrato-sentieri-asfalto che si susseguono. Come un rituale da ripercorrere, apprezzando tutte le piccole sfaccettature che la corsa domenicale può regalare. Anche se poi l'obiettivo rimane sempre lo stesso, lungo quarantadue chilometri.
Mentre Chiara vinceva la seconda corsa consecutiva in otto giorni, al Parco di Monza, io ho pensato ai miei programmi. E' stato strano non essere insieme alla partenza. Ma allo stesso tempo ritrovare tanti amici e non avere quasi il tempo di salutarli tutti è stato emozionante. Tanti legami creati in questi anni. Ed ogni volta c'è sempre qualcuno di nuovo che si aggiunge. A farmi compagnia è stato Franco. Finalmente direi. Anche se poi abbiamo seguito i miei programmi. Prima parte a ritmo tranquillo e tentativo di allungo finale.
Fortunatamente conoscendo bene zona e percorsi è stato facile e quasi naturale decidere dove spingere un po' di più. In realtà il percorso lungo, quello di 31 Km, non lo avevo mai fatto. Ma sapevo bene le strade su cui saremmo poi passati. Siamo partiti tranquilli, lasciando che fossero le gambe a decidere il ritmo. I continuo slalom tra la gente e le pozzanghere, le salite, i ponticelli, non permettono un ritmo regolare. E ne abbiamo approfittato per raccontarci gli ultimi mesi. Alla fine era dalla San Donnino Ten che non ci vedavamo.
Per chi non l'ha mai fatta la Camminata degli Alpini tra Brembo e Adda dovrebbe essere una tappa obbligatoria per conoscere il territorio al confine tra Milano e Bergamo segnato dai due fiumi. Caratteristico. Forse anche unico. La prima parte è tutta sull'alzaia che costeggia il Naviglio. Una lunga striscia ghiaiosa piena di enormi buche solitamente terra di ciclicsti in mountain-bike. Strada sopraelevata rispetto al letto dell'Adda ma sotto le naturali mura che circondano Vaprio. Si risale in centro paese per poi raggiungere Concesa dall'interno. Non sembra, ma i chilometri ancora prima di arrivare al Santuario sono già dieci. Il primo strappo pesante è la risalita di Vaprio che si affaccia sul ponte di Canonica. Ma la seconda non è da meno. Ciottoli e lastroni che portano prima verso il paese per poi ridiscendere davanti il sagrato della chiesa. Fine della prima parte, inizio della seconda.
Si passa sull'altra sponda, attraversando lo stretto ponte di assi di legno che porta all'inizio del Villaggio Operaio di Crespi. Sito Unesco. E atmosfera di altri tempi. Difficile resistere al fascino delle mura delle vecchie industrie, delle alte ciminiere che sembrano vegliare sulle case perfettamente allineate e ordinate. L'eco dei passi che rimbombano nelle vie deserte ci accompagnano fino all'imbocco del bosco, poco prima di arrivare al cimitero in cui la strada sembra spronfondare. Inizia la valle del Brembo, con lo stretto passaggio tra gli alberi del bosco. Una sottile striscia di terra che slalomeggia risalendo verso Brembate. Quasi un percorso da cross. La strada sale lentamente fino all'ultimo strappo a fiato corto prima del paese. Il ponte al fianco delle auto ributta sulla sponda opposta per ridiscendere a valle, prima sull'asfalto per qualche chilometro per poi spingersi lungo la piatta riva erobsa del fiume. Erbetta verde e terra morbida, come ci trovassimo ad Hobbiville.
Sono gli ultimi chilometri tranquilli. Il fiato nel frattempo è diventato sempre più corto. La stanchezza nelle gambe aumentata. Il cartello che segna il bivio tra il percorso da trentuno chilometri e quello da ventuno ad uno solo dall'arrivo è come avere un miraggio nel deserto. Lo spartiacque tra sofferenza e meritato riposo. E in tanti cedono alla tentazione di fermarsi. Franco al contrario decide di seguirmi e ci buttiamo nella terza parte di gara. La più dura. La più semplice, La più monotona. La più difficile. Le gambe cominciano a sentire la stanchezza, il sudore abbonda di sale che brucia negli occhi. Si stappano i gel e si rubano i bicchieri dal tavolino del ristoro dove gli alpini stanno tagliando fette di salame e servendo vino rosso al seguito. Lo stomaco sobbalza.
Riprendiamo subito la nostra strada trovandoci lanciati verso il lungo rettilineo che porta verso Pontirolo. Quante volte lo abbiamo fatto ed ogni volta sembra sempre più duro. Aumentiamo il passo per l'ultima parte di allenamento. La strada è la stessa di tante altre corse dalla Maratonina di Treviglio, alla Stratreviglio alla tapasciata di Pontirolo. Non parliamo più molto. La scelta di provare le Nike LunarTempo su una distanza lunga non è stata ottimale. Le caviglie fanno male, lasciate troppo poco protette. Anche gli addominali si fanno risentire. Ma la mazzata finale è il chilometro in sterrato tra le campagne al ventottesimo chilometro. Campi da una parte, campi dall'altra. Il terreno secco e sconnesso costellato da enormi pozzanghere. La strada sembra non finire mai con la cascina sullo sfondo che rimane sempre ferma alla stessa distanza. Tutti quelli che superiamo sembrano nella nostra stessa situazione. Ma il sollievo che dà l'asfalto è amplificato dal bip del gps che segna l'ultimo chilometro. Le villette aumentano e le vie diventano paese.
Senza provarlo non è forse possibile capire come 2h 16' 21" possano essere più duri di una gara tirata. E fortunatamente avevo anche scaricato in settimana. Ma la bellezza di certi percorsi è quasi irrinunciabile. Se avete voglia di scoprire posti incantevoli il prossimo anno ci sono i percorsi da quindici chilometri o da ventuno che vi aspettano. Ma se avete voglia anche di soffrire un po' basta allungare verso i trentuno. E alla fine ravioli per tutti.