Tempo Run Time: Ripetute 2x6000 rec. 3'
Una cosa è certa. C'è da lavorare. Ma lo sapevo. Ed esattamente su quello in cui so di aver carenza. Mi aveva colpito l'aritcolo del Prof. Massini su Runner's World di settembre e mi ero soffermato a leggere proprio la parte in cui spiega la differenza di resa tra il lavoro di ripetuta breve e di ripetuta lunga, la Tempo Run Time. Lavoro per sviluppare resistenza alla fatica, sia fisica che mentale. Esattamente quello in cui negli ultimi mesi mi sono sentito carente. In più di un'occasione ho sentito le gambe pronte e veloci per poi sentirle mortire ben prima della fine. Quindi un lavoro per sviluppare la potenza aerobica lipidica e la soglia del lattato. Senza tralasciare la resistenza mentale.
Per non farmi mancare nulla, ma proprio nulla, ho anche scelto un percorso (nella fase più critica, cioè tra la fine della prima sessione e l'inizio della seconda) dritto, deserto, quasi sconosciuto e senza riferimenti. La giornata non è stata l'ideale per il lavoro faticoso in previsione. Caldo, cielo azzurro e un simpatico vento costiero. Il rimasuglio del lavoro settimanale se ne è andato durante il riscaldamento. Arrivato in zona industriale a Monfalcone ho aumentato il ritmo a sensazione. Nessuno in giro e silenzio. Sei chilometri di ritmo sostenuto (la tabella prevedeva 3' 50") non sono semplici, per cui ho portato la velocità a sensazione su un'intensità che potesse portarmi fino alla fine della prima parte senza dover rallentare prima della fine. E il risultato è stato piuttosto soddisfacente, con un 3' 55" di media che sommato al caldo (24-26°C tra inizio e fine allenamento, nda) può essere considerato in linea con i dettami di Fulvio. Detto così sembra che la sofferenza non ci sia stata, ma dal terzo chilometro in poi è stato quasi un delirio, con le gambe sempre più pesanti, il passo scoordinato e la ricerca sconsiderata dell'ombra. L'unico alleato è stato il cronometro che ad ogni intermedio mi ha rassicurato nonostante le mie sensazioni fossero di tutt'altro genere. Ed è stato importante per non rallentare oltre e non arrendersi.
Quello che avrei voluto una volta arrivato al giro di boa, sarebbe stato trovare una fontanella d'acqua. Ma neanche l'ombra. Quella è una prerogativa delle corse sulla Martesana. Un tuffo nel canale al fianco alla strada non era in previsione per cui dopo soli tre minuti di recupero ho invertito la rotta. Battito cardiaco rientrato su parametri normali, ma muscoli nettamente affaticati. Ripartire è stata un'agonia istantanea. Gambe cariche, stanche. Salivazione azzerata, caldo. E come nuovo compagno anche il vento contrario. Tre chilometri abbondanti e dritti in controvento e controsole. Se gambe e ritmo non si dovessero essere allenate a dovere di sicuro la testa ha comunque avuto una bella lezione. Strada e alberi a perdita d'occhio, tutti uguali, tutti sempre perennemente davanti. E l'inizio è stato traumatico, con la strada leggermente in salita e il ritmo dell'andata ormai perso (4' 05" di media, nda). Riguardando i dati del garmin, mi fa piacere vedere che la velocità è aumentata non appena ho svoltato in zona industriale abbandonando alle spalle il vento e il rettilineo. La voglia di cedere e fermarsi o rallentare è stata tanta. E in allenamento piuttosto che in gara è ancora più facile cadere in tentazione. Ma come spesso (mi) ripeto, tutta la fatica in allenamento è fatica risparmiata in gara. Non è stato l'allenamento perfetto, con 17 Km in 1h 12' 00", ma non è sicuramente stato inutile. Quando anche la seconda parte (tutta completamente in falsopiano) è finalmente terminata avrei voluto ubriacarmi d'acqua e sdraiarmi sull'erba. Ma niente di tutto questo. Solo qualche minuto per far rifiatare gambe e polmoni e concludere con gli ultimi due chilometri di defaticamento. Ho certamente ancora bisogno di lavorare su questi parametri. Ma sicuramente ho fatto il massimo che sono riuscito. Non sarà nella prossima gara a Parma l'occasione in cui potrò raccogliere i risultati delle utlime settimane, ma prima o poi arriveranno. Basta non fermarsi ora.