Svuotato
Una sensazione che non auguro a nessuno. Senza forze. Come se la lancetta della benzina di colpo fosse calata a zero. Motore spento. E il rumore dell'accensione che gira a vuoto sotto lo sforzo della chiave che prova a farlo ripartire. Come se la gravità fosse diventata di colpo dieci volte più forte, con la suola delle scarpe che non riesce a staccarsi dall'asfalto troppo caldo. Come se una mano aperta gigante e invisibile mi avesse bloccato spingendomi all'indietro. Non mi è rimasto altro da fare che fermarmi. Camminare. Sentire il cuore ripartire piano piano ad un ritmo normale.
L'aumento dei battiti a dismisura è stato quasi immediato. E contemporaneamente la perdita di forze. Quando è così non c'è altro da fare che rallentare, piano piano e recuperare. Eppure quando ero partito sembrava che la mattinata fosse perfetta. Cielo velato da una distesa omogenea di nuvole. Non troppo caldo. Il silenzio ovattato della domenica mattina mentre ancora tutti dormono. Le strade vuote. Il ritmo è quasi venuto da solo, appena sotto i 4' al chilometro. La mattinata prevedeva 10 Km alla stessa velocità e poi le ripetute da 200 m in pista. E non vedevo l'ora di cominciare a girare. Ma non ci sono mai arrivato. Il ritmo già sul Naviglio è stato subito nelle gambe. Anzi ho avuto la tendenza a spingere sempre un po' di più. E fino al giro di boa non ho avuto nessun problema. Strada libera percorsa solo dai ciclisti che sfilano lungo l'alzaia come se fosse un'autostrada. Ma invertendo la direzione le sensazioni sono cambiate. Capovolte. La fatica a mantenere il ritmo è cresciuta sempre di più, senza incidere però troppo sulla velocità e la regolarità. Un chilometro, poi un altro. Il sudore che scende sempre più copioso. Le nuovole anno lasciato spazio al cielo terso. La temperatura più alta, ma non di troppo. La corsa si fa arrancante. Le gambe spingono sempre, ma non più con facilità. E la testa cede. Fatica che sale, fiato che diventa affannato. Ma appena dopo aver passato l'8 Km il pulsare del cuore diventa un tamburo nella testa. Nelle orecchie. 33' 02" e poi la resa. Una sensazione strana. Brutta. Ma la consapevolezza che continuare non sarebbe servito a nulla. Anzi, avrebbe fatto solo più male. E senza divertimento non c'è gusto. Non è stata giornata. Come dice Fulvio i primi caldi sono i peggiori perchè il fisico non è abituato. E probabilmente io li soffro parecchio. La prossima volta penserò prima a fare una danza della pioggia.