Ripetute 2x2000 7' 10" rec. 3' 00"
"Uscire a correre una serie di ripetute controvento dopo che la nazionale è stata eliminata dai mondiali è rigenerante. Non tanto per lo sfogo. Ci si rende conto di quanto loro non capiranno mai cosa voglia dire fare uno sport anche solo per il piacere di farlo. E vinse." Questo ho scritto appena ritornato dall’allenamento. Ed è il pensiero che mi è rimbalzato nella testa durante tutta la corsa. Ed è stata anche la motivazione che mi ha aiutato a non mollare quando la fatica è stata massima. Lo stavo facendo per me, perché mi piace farlo, perché mi fa stare bene, perché quando sarà il momento di vedere i risultati ogni singola goccia di sudore, ogni smorfia di fatica, saranno il secondo in meno verso il traguardo. Non una resa indifferente e patetica di fronte al primo problema. Vorrei vederli correre lungo i sentieri che salgono al Resegone, di notte, infreddoliti, con lo stomaco sottosopra, gli undici del brasile. Guardarli e dire non trovi che sia bellissimo tutto questo?
Forse sono i sacrifici che fanno la differenza. Perché la stragrande maggioranza di chi corre come noi, corre facendoli. Che sia gara, allenamento o vita. E anche i più grandi campioni spesso sono nati da lì. E’ la forza che ti permette di non mollare, di resistere alla fatica, di crederci fino in fondo, fino alla fine. E di sorridere, comunque vada. Perché quando uno sorride, anche nella sconfitta, sa comunque di aver fatto e dato tutto quello che aveva. E non si può vincere sempre.
Ed ho sorriso a fine allenamento, con le gambe distrutte e il fiato corto. Sapevo che la seduta di ripetute sarebbe stata dura, ma non avevo preso in considerazione che il vento la avrebbe resa ancora più faticosa. Solito percorso da Bologna verso Villanova, questa volta di soli 8 Km, per ritrovare i miei amici girasoli. Mi sono accorto subito che la prima metà di allenamento sarebbe stata la più difficile. Vento contrario. Sono partito subito anche nel riscaldamento a ritmo un po’ più alto rispetto al solito, per avere le gambe rodate il più possibile. E al segnale del gps ho cercato il ritmo dei 3’ 35”. Trattenendomi un po’ per non andare troppo oltre e bruciarmi subito. Sensazioni, piccoli sali-scendi e vento laterale hanno fatto il ritmo giusto. Ma appena svoltato sulla ciclabile mi sono accorto che il secondo chilometro non avrebbe avuto lo stesso risultato. Mi è sembrato di ritornare un anno fa sulla litoranea verso Trieste con la bora che soffiava in direzione opposta. La canotta schiacciata contro il petto, il sudore che scivolava sulla fronte, gambe e braccia remanti per riuscire a mantenere il ritmo. Ma invano. Mi sono accorto subito, pur essendo al limite, che il ritmo stava calando sempre di più. Ritmo sceso (di 10”), ma spinta aumentata anche oltre il dovuto. Sicuramente molto più di quanto previsto dalla tabella. Al limite. Il suono di stop del garmin è stata la salvezza.
Sono ritornato sui miei passi a ritmo blando sentendo cuore e fiato riprendere un ritmo più usuale. Tre minuti che sono sembrati tre secondi. Ma il fresco dell’aria che prima era contraria ha lasciato posto al caldo statico. Quando si corre a favore di vento sembra che il mondo si fermi, senza resistenza, senza il rumore del soffio dell'aria nelle orecchie. E il passo è stato diverso. Non facile. Comunque una ripetuta, se fatta bene, non potrà mai essere facile. Ma rimanere sotto il ritmo prestabilito è stato un risultato ovvio. Meno nell’ultima parte, ancora con vento laterale, saliscendi e le forze ormai sul finire. Ma ritrovare il sorriso dopo aver ripreso fiato alla fine dei 32’ 43” è stato il risultato finale. E' stato facile. Senza sapere d’aver vinto o d’aver perso. Sapendo solo di aver fatto quello che mi piace.