Vecchie strade, nuove fatiche
Sono ritornato sul mio Naviglio. Quello con l'asfalto scavato dalle migliaia di chilometri fatti in questi anni. Il tratto che parte da Bellinzago Lombardo e sale verso Canonica e Trezzo, passando per Cassano d'Adda. Sono passati mesi dall'ultima volta, che neanche ricordo quando è stata. E non è stato un buon ritorno. Quando si sommano fattori negativi a catena, diventa sempre più dura ad ogni passo. Caldo e freddo, pioggia e umido, stanchezza e voglia di fare. Un mix esplosivo. Doveva essere un medio lento, è diventato uno degli allenamenti più duri della settimana. Ma un giorno di riposo e le gambe torneranno come nuove. Con qualche chilometro in più.
Impegni e imprevisti ci hanno fatto abbandonare le marce domenicali per il Naviglio. Ma vista la latitanza non è stata una corsa monotona. Che correre al mattino non mi piacesse molto lo sapevo già. Ma andare ad una tapasciata è diverso che alzarsi e partire da casa. C'è una fugace colazione, il viaggio, anche se breve, per raggiungere la partenza. Tra una cosa e l'altra passa almeno un'ora e mezza prima di iniziare a correre. Anche il corpo fa in tempo a svegliarsi e ad adattarsi al tepore del mattino. Per non parlare delle gambe. Partire da casa è invece più immediato, con quasi ancora gli occhi semichiusi per il sonno. Per questo quando ho visto che fuori la pioggia stava aumentando, diversamente da quanto faccio di solito, ho deciso di coprirmi. Un errore fatale. Completo lungo e pesante e gilet antivento. Mai più. A meno che all'esterno la temperatura non sia sottozero. La tabella di recupero prevedeva 14 Km lenti, a 4' 30". Due chilometri in più rispetto alle ultime uscite. Solo due chilometri. Sono partito baldanzoso come nelle ultime uscite. Sicuro per le ultime uscite. Soprattutto dopo aver provate le prime ripetute in questa settimana. Ma non considerando che le gambe non le avessero ancora smaltite, soprattutto quelle di sabato. Il freddo che temevo è scomparso già dopo un chilometro. L'umidità e la fastidiosa pioggerella invernale hanno aumentato subito il senso di disagio. Ho sentito le gambe ingabbiate dentro ai pantaloni lunghi, senza respiro. Avrei voluto spogliarmi ancora prima di arrivare all'alzaia. Chiara era qualche centinaio di metri più avanti, partita qualche minuto prima a passo un po' più lento. Avvicinandola ho involontariamente aumentato il mio passo pagandolo poi da lì a breve. Nonostante il clima, la ciclabile era ben popolata. Tanti runners e qualche ciclista. Tutti più imbacuccati di me. Non so come sia possibile correre coperti come se ci si trovasse al Polo Nord. Io mi sono già sentito quasi soffocare per uno strato in più e troppo lungo. E senza nè guanti nè cappello (e capelli, nda). Ho sognato maglietta e pantaloncini per tutto il resto dell'allenamento. Ho cercato di correre al ritmo prestabilito e pensavo sarebbe stata una passeggiata ma mi sono sbagliato. Ho faticato non poco a mantenere i 4' 30" come ritmo-crocera. Le gambe non c'erano. E se fino al giro di boa ho provato a tenere duro, tornando dal sottopssaggio di Cassano è stato un continuo supplizio. Le ripetute sui 400 m hanno lasciato strascichi che non avevo previsto. Riguardando i vecchi allenamenti, anche gli ultimi quattordici chilometri fatti sul Naviglio hanno dato la medesima sensazione. Peccato che fosse agosto-settembre e che la temperatura allora fosse attorno ai 30°C. Mi sono solo concentrato a portare a casa i chilometri rimanenti cercando di non rallentare troppo il passo. Ma le gambe non hanno avuto la minima intenzione di seguirmi. Fatica, tanta fatica. Probabilmente anche correre a digiuno non ha aiutato. Ho proprio avuto la sensazione di essere vuoto. Sognando soprattutto di addentare qualcosa il prima possibile. 1h 03' 37" di fatica. Beh, prima o poi devo iniziare a farla, tanto vale portarsi avanti con un po' di sofferenza.