Tra Adda e Brembo (Canonica d'Adda)
Ci sono corse che ti rimangono dentro. Per i momenti, per il paesaggio, per la giornata si, per gli amici con cui corri. Ci sono corse che pensi non siano nulla di speciale ma poi scopri che sanno regalarti le emozioni che stavi cercando da tempo. Sono solo corse, passi che si susseguono su una strada, un sentiero, una scalinata. Ma sono il frutto di un percorso che non è fatto solo di chilometri da inseguire. Dietro casa come oggi, lungo viali incrociati altre cento volte. Eppure ogni volta è come scoprire un mondo nuovo. Togliere un velo e scoprire che dietro all'angolo c'è un altro mondo. Non resta che correre.
Per me era la prima volta alla Camminata degli Alpini tra Adda e Brembo di Canonica d'Adda. Non so come mai. Oltretutto una corsa conosciuta e seguita da migliaia di tapascioni. Tapascioni. Ho scoperto da poco che è un termine usato solo nelle zone attorno a Milano, bergamasca, bresciana, Brianza. Mi ricordo l'articolo di Fabio citato sulla pagina del Mulino Vecchio dove si parlava di tapasciate e tapascioni. Sembra quasi uno sminuire, una corsa di secondo piano, quella degli sfigati. Ma ho provato sulla mia pelle cosa voglia dire allenarsi tapasciando. Innanzitutto lo spirito. Nella tapasciata (o marcia che sia) si conosce e ci si ricorda del perchè si corre. Il divertimento. Nella tapasciata, in mezzo agli amici, ai compagni di squadra, si ritrova l'amicizia, la sana competizione che se anche arrivi secondo chi se ne frega. La voglia, quando l'altro non ce la fa più, di dirgli "andiamo insieme, non mollare adesso". La libertà di correre senza essere ossessionati dal cronometro, dalla posizione, dalla premiazione. E l'allenamento nell'allenamento. Quello che non lo sai, ma ti sta dando il doppio dei benefici, con il passaggio dall'asfalto al fango, i continui sali-scendi, curve, sorpassi. Troppo facile correre quando la strada è dritta. E' nella tapasciata che i campioni nascono, quelli che quando poi li metti in strada la bruciano e ti lasciano sul posto. A tutto questo pensavo oggi mentre correvo con Franco, fianco a fianco scorrendo centinaia di tanti altri intenti solo a godersi una mattinata di sana corsa. Appena siamo partiti abbiamo incrociato Pier e Elena, ma siamo riusciti a farci solo un saluto al volo. Anche se il percorso più lungo previsto era di 31 Km ho optato per quello da 21 Km, per seguire l'allenamento porgrammato con Fulvio: 7 Km a 3' 50-55", 7 Km a 4' 30", 7 Km a 3' 50-55". Abbiamo preso quasi subito un buon passo. Certo, correre continuamento tra sentieri, superare gruppi e gruppetti, non ha certo agevolato la linearità sia della corsa che del ritmo. Ma siamo andati per la nostra strada. Tantissima la gente sul percorso. Da Canonica siamo scesi verso Fara Gera d'Adda a pochi chilometri. Strade asfaltate e zone industriali, nulla di che. Il meteo fortunatamente non prevedeva pioggia e infatti non ha piovuto, ma il sole è spuntato solo a corsa ormai finita, lasciandoci invece per il resto della mattinata immersi nell'umidità post-pioggia. Attraversato il piccolo ponte in legno di Fara dopo la prima salitella ci siamo ritrovati lungo l'alzaia del Navigio tra Groppello e Canonica. Un lungo serpentone di tre-quattro chilometri, tutto terra, sassolini e pozzanghere. Non è stato semplice mantenere il ritmo slalomando tra tapascioni e pozze d'acqua, ma abbiamo fatto il possibile per riuscirci al meglio. Spuntati ai piedi di Vaprio mi son sentito chiamare e mi sono scambiato un veloce saluto e una stretta di mano e un sorriso con runner-lettore del sito. Peccato essermi dimenticato di chiedergli il nome. Ci saranno altre occasioni spero. Siamo risaliti sulla sponda della città per il lungo tratto tutto dritto fino a Concesa. Fortunatamente dal settimo chilometro in poi abbiamo ridotto notevolmente il passo per tutta la parte centrale di percorso. Lasciato lo sterrato che costeggia in lontananza la strada provinciale siamo scesi verso il Santuario, poi subito risaliti verso l'arrivo della vecchia Milano-Concesa per poi ridiscendere la ripidissima strada fino alle rive dell'Adda dove abbiamo attraversato sul piccolo ponticello che porta a Crespi. Qui ho trovato la pace. Me ne aveva parlato Chiara nei giorni scorsi, il Villaggio Operaio della centrale di Crespi d'Adda. Conoscevo solo la vecchia Centrale e invece ho scoperto, attraversandolo, un posto da sogno. Più da favola forse. Tante piccole villette squadrate, una in fila all'altra, attraversate dal viale alberato che porta fino al Cimitero fuori paese. Le mura della fabbrica, la ciminiera immersa nella foschia. Il silenzio interrotto solo dai passi che echeggiano nella via. Io e Franco parliamo continuando a superare i tanti che ci precedono, ma mi godo il momento più che posso. Fortunatamente ci siamo passati nel tratto di recupero. Non vedo l'ora di ritornarci, magari in bici o in Vespa, con una macchina fotografica in mano, col sole e la primavera che spunta tra gli alberi. Abbandonaimo la strada asfaltata prendendo questa volta la riva del Brembo e al quattordicesimo bip del cronometro ricominciamo il ritmo sostenuto per l'ultima parte di allenamento. O almeno dovremmo riprenderlo, perchè il fango che riempie i sentieri, più che farci correre ci fa sembrare i protagonisti di una film comico degli anni '30 dove le scarpe slittano sul terreno e noi rimaniamo fermi. Poco alla volta e con tanta fatica risaliamo la sponda riprendendo i sentieri della corsa di Brembate fino ad arrivare in paese sul ponte che attraversa il fiume. Sull'altra sponda la situazione cambia, almeno inizialmente. Leggera discesa e asfalto ci danno un ritmo che risana i muscoli. Poi ci ributtiamo ancora lungo la riva del Brembo sul tratto verde e pianeggiante nella riva opposta al tratto di andata. Erba soffice e bassa che si perde a vista d'occhio, un piccolo sentiero in single-track che lo attraversa, il rumore dell'acqua sulla destra e il silenzio che inebria anche gli occhi. Sorpassiamo qualche schiena conosciuta e poi finalmente nell'ultimo chilometro e mezzo ritorniamo sulla strada più dura e scura di città. Allunghiamo il passo nel tratto finale, in leggera salita, anche se le gambe non ne avrebbero molta voglia. Quando passiamo sotto l'entrata dell'oratorio il cronometro segna 1h 29' 38". Su gambe e schiena e scarpe siamo ricoperti da un sottile strato marrone di fango, a tratti seccato. Verrebbe quasi voglia di fare un altro giro, ma è invece arrivato il momento del riposo, in attesa che anche Chiara finisca il suo lunghissimo. Conosco Michele, col quale ci siamo scambiati qualche e-mail nelle ultime settimane a proposito della sua prima maratona, a Milano. Tapascioni, si. Ma con la voglia di diventare campioni.