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Correre e viaggiare

I viaggi stampa sono un'ottima occasione per conoscere e correre in posti nuovi o diversi. Ma sono anche il momento più facile per cedere alle tentazioni. Correre diventa quasi un dovere per smaltire le prove culinarie di giornata. E per ritrovare pace con la coscienza prima di far ritorno lentamente alla realtà.

Sono sul treno di ritorno dalla Valtellina e l'ultima scopracciata di sciatt e manfrigole si sta lentamente adagiando sullo stomaco. Una dura battaglia da combattere per rimanere svegli e provare a scrivere qualche riga. Due giorni immersi nella cultura e natura delle Alpi lombarde che probabilmente pagherò questa sera lungo il tracciato di dieci chilometri della pista di atterraggio della Milano Linate Night Run.

Sarei voluto uscire di corsa anche questa mattina prima di iniziare l'ultima giornata di saliscendi tra monti e valle, ma ho preferito mantenere un po' di linfa nelle gambe per la nottata che mi aspetta. Cosa che invece non ho fatto ieri, regalandomi un bell'allenamento lungo la pista ciclabile che costeggia l'Adda nella sua parte più alta. Un po' di sapore di casa anche lontano qualche centinaio di chilometri (per chi non lo sapesse, l'acqua del Naviglio Martesana, viene incanalata più a valle proprio dall'Adda).

Temperatura fresca e sole che ha iniziato a fare capolino sopra i monti e tra le nuovole ormai rade appena sono sceso in strada. Viali di Tirano riempiti solo dalle auto dei lavoratori più mattinieri e Sentiero Valtellina praticamente deserto. Ho preso la cilcabile in direzione Bormio, lontano ancora una quarantina di chilometri, lasciandomi trascinare dal continuo sciabrodio delle acque. Aria fresca, profumo di erba e alberi che hanno riempito subito le narici. I polmoni hanno ringraziato. La strada è salita lentamente, ma in maniera costante. Non ho mai guardato l'orologio come mio solito, affidandomi esclusivamente alle sensazioni.

Dopo un tratto iniziale e monotono, la strada ha deviato più volte, svoltando tra viali di alberi nascosti e sfiorando le dighe che regolano il volume delle acque. Una strada ampia, anche se ormai vecchia di qualche anno, ma con un taglio diverso da qualsiasi altra ciclabile di più nuova concezione. Una piccola corsia dedicata a pedoni e runners, un’ampia doppia carreggiata per le bici. La stanchezza del viaggio e la pesantezza di pranzi e cene hanno cominciato a farsi sentire ancora prima del giro di boa per ritornare verso la città. Ma non ho ceduto, lasciando che fossero le gambe a dettare il ritmo in crescendo, assecondato dalla discesa della seconda parte di percorso.

E il passo è aumentato in maniera costante. Gambe che hanno girato vorticosamente come non accadeva ormai da tempo. Mi sono sentito bene, quasi rinato, come se i problemi alla schiena non fossero mai esistiti. La ciclabile solitaria non si è mai ripopolata, regalandomi una mattinata di intima gloria. Quel momento in cui senti di essere in pace col mondo. Con il sudore che riga la faccia e i polmoni che si riempiono ad un ritmo forsennato. Quel momento in cui saresti in grado di affrontare qualsiasi cosa.