Ripetute 10x400 3' 30" rec. 1' 30"
Settimana di scarico quasi pre-gara, anche se all'orizzonte c'è ancora solo il lunghissimo di domenica alla Maratonina della Vittoria Alata di Vittorio Veneto. Considerando il lungo di fatto con Franco lunedì lungo la Martesana, la seduta di ripetute a metà settimana rimane l'unico vero allenamento di qualità. Ma come ho imparato, sono molto più importanti in questo caso i giorni di riposo e scarico che quelli in cui si pensa di dover far girare velocemente le gambe.
Non che le ripetute fossero da sottovalutare, ma sicuramente non andranno ad incidere su quanto riuscirò a fare domenica. Cosa che invece succedere grazie allo scarico settimanale. Defaticare e far riprendere le gambe è altrettanto importante (forse ancora di più) che cercare passo e velocità sempre maggiori. Far riposare i muscoli, rigenerare le fibre è il modo migliore innanzitutto di evitare gli infortuni. E lo dice qualcuno che di stop imprevisti ne ha comunque visti parecchi. Ma non solo. In previsione di trentasei chilometri è inutile andare a rincarare la fatica prima ancora di essere partiti. Tanto sarà il risparmio fatto in questi giorni, quanto sarà l'apporto determinante domenica mattina.
Non che le ripetute di ieri siano state una passeggiata. Anzi. Ma rispetto alle precedenti, anche se di tipologia diversa, a fine seduta non mi sono sentito allo stremo. Ma anche l'aver cambiato il metodo è stato fatto proprio in vista della seduta sicuramente più importante e decisiva di domenica. 10x400 a 3' 30" che è servito per dare ritmo alle gambe, ma senza stressare eccessivamente i muscoli. Probabilmente per un lavoro più incisivo e decisivo, avrei dovuto raddoppiare la distanza o il numero delle serie. Ma non era quello a cui l'allenamento sarebbe dovuto servire. E probabilmente il fatto di sapere che non sarebbe stato un allenamento al massimo mi ha anche aiutato a portarlo a termine meglio.
Tempo freddo dopo qualche giornata di inizio primavera. Vento gelido da sud-est e neve sulle montagne. Il campo di battaglia questa volta è diventato uno dei primi posti in cui ho mosso davvero i primi passi da runner amatore. Parlo della fine degli anni '90, quando ancora andavo all'università. Allora le uscite (senza gps, che non esisteva) erano fatte senza criterio, solo per mantenere la forma oltre agli allenamenti di basket e senza nessun genere di obiettivo cronometrico. La strada misurata con il contachilometri (manuale) della mountainbike e chilometri che sembravano infiniti nonostante pochi minuti di corsa. Credo di non essere mai andato oltre i cinque ogni volta che sono uscito, calcolando oltretutto che la misura della distanza non è mai stata precisa. E' la prima cosa di cui mi sono accorto portando a termine il primo giro di riscaldamento attorno alla zona industriale/commerciale davanti al liceo. Il giro che pensavo, tanti anni fa, fosse di un chilometro si è dimostrato invece di solo ottocento metri o poco più. Non che la cosa mi abbia sorpreso, ma da allora di strada ne ho fatta. E anche tanta.
Durante il riscaldamento ho calcolato che tra ripetuta e recupero non sarei riuscito a completare un giro completo, per cui ogni mio riferimento sarebbe cambiato ad ogni nuova serie. Forse è stata questa la cosa più difficile. Correre senza un obiettivo fisico finale. In pista sarebbe stato tutto molto più semplice. Partenza e arrivo nello stesso punto. Ma anche il fatto di calcolare mentalmente di volta in volta dove sarei potuto (e dovuto) arrivare è stato un esercizio mentale utile, soprattutto per la gara. Le serie sono andate ben oltre la scheda preparata dal Prof. Massini. Il 1' 24" della fase di spinta è sempre stato molto più veloce, anche di parecchio (soprattutto nella fase centrale), arrivando quasi al cento-per-cento della velocità. E' stato utile per reimparare a dosarmi lungo tutta la distanza, senza partire troppo veloce per arrivare senza forze prima della fine. Muscoli indolenziti per il resto della giornata, che significa aver fatto il giusto lavoro. Ogni tanto variare fa bene al corpo e allo spirito. Come voltarsi, guardarsi alle spalle e intravedere la partenza solo da lontano, ma sentire già il frastuono dell'arrivo che si sta avvicinando.