La parola fine è arrivata. La New York City Marathon non si correrà per la prima volta nella sua storia. Scelta saggia. Intelligente. Corretta. Peccato che sia arrivata con quasi una settimana di ritardo, quando ormai tantissima gente aveva deciso di non parteciparvi lo stesso, quando tantissimi irriducibili avevano comunque deciso di raggiungere la grande mela con altri mezzi, ore di attesa agli aereoporti, altri soldi spesi oltre al pazzesco costo di iscrizione e di viaggio. Il sogno americano distrutto, annientato in poche ore. La maratona che tutti sognano di correre almeno una volta nella vita. Sarebbe bastato fare la scelta per tempo, quando già si sapeva che lo stato di allerta e di crisi a New York sarebbe stato permanente: alberghi chiusi, sfollati, metropolitane interrotte, morti, impossibilità di prenotare nuove stanze, difficoltà di spostamenti. Ma la macchina da quasi mezzo miliardo di euro non si poteva fermare. No. Giorni di agonia, ferie sprecate, ore di attesa, telefonate tra amici e agenzie di viaggio. Tutto per cosa? Per non avere il coraggio di dire "No" per una volta. Di fare una scelta coraggiosa. Ma giusta. Ora chi li avverte quelli che sono oltreoceano che domenica non correranno? Ora chi li rimborsa di soldi e tempo buttati? Una maratona, le settimane d preparazione, si possono recuperare. Ma il resto? Forse chiunque si era iscritto avrebbe anche donato in beneficienza la propria iscrizione per i disagiati newyorkesi se le cose fossero state fatte in maniera corretta, onesta e pulita. Invece hanno solo pensato al dio denaro per poi arrendersi all'evidenza. Ma lo spirito del running è un altro. Quello che domenica ci sarà in ogni tapasciata in giro per l'Italia.