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MoMot, il trail che ti strega

Più bella? Più dura? Più lunga? Più combattuta? Non so. Sicuramente diversa. E' stata la stessa gara dello scorso anno, ma è stata diversa. Come se l'avessimo fatta per la prima volta. Gli attimi prima del via sul piccolo palco davanti alla Villa Reale di Monza sono sembrati un déjà-vu, ma dopo i primi chilometri i ricordi hanno lasciato spazio a nuove sensazioni.

Un passo fuori casa, dove le colline si riempiono di boschi subito dopo le campagne, tra piccoli paesi, letti di fiumi e piccoli torrenti. Duro e semplice allo stesso tempo. Non sono cambiate le colline verdi che ricoprono la Brianza. Non sono cambiati i lunghi dritti sentieri che attraversano i campi coltivati. Non è cambiato il fresco mitigatore del sottobosco della Valle del Curone con i freschi guadi sassosi illuminati dal sole che a malapena riesce a farsi strada tra le foglie dei rami intrecciati. Non è cambiato il panorama che si allarga ad ogni passo risalendo la mulattiera verso il Santuario di Montevecchia. Non è cambiato.

Ma il sole alto e caldo che ci ha seguito come una stella cometa ha trasformato tutto in una nuova e più dura sfida. Verdi campi fioriti che sono sembrati aride pianure desertiche. Alte dolci colline diventate cime invalicabili. Placidi freschi torrenti trasformati in silenziosi letti di ciottoli abbandonati. Un crescendo che ha abbattuto piano piano le gambe, appesantito i muscoli, annebbiato la mente. E tolto il fiato.

Percezioni che si sono mischiate alla fatica della corsa rielaborando un mondo che prima era sembrato fatato. Forse è questo il segreto della MoMot, una corsa che ci ha stregato.

[Pubblicato su Runnersworld.it]

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