L'inesperienza dell'esperto
E' sempre difficile ricominciare. E non è sufficiente sapere come e cosa fare. Ogni volta sempre uguale e ogni volta sempre diverso. Cambiano le condizioni, cambiano gli obiettivi, cambiano le motivazioni. Eppure correre è sempre lo stesso. Un piede davanti all'altro. La cosa più semplice del mondo. Il difficile è riuscire rimanere al passo, ogni volta, con sè stessi.
Ho ricominciato con tutta la calma del caso dopo l'infortunio al tibiale. Senza fretta. Pochi chilometri, a ritmo blando. E non avendo avuto particolari problemi, la velocità è cresciuta costantemente, riappacificandomi con la corsa. Ieri è stato il primo giorno in cui ho provato ad aumentare un po' il ritmo, sorprendendomi anche un po'. Avrei dovuto correre gli ultimi chilometri a 4', ma sono stato più veloce di qualche secondo. Fatica ne ho fatta e ripensando alle settimane passate è stato un po' deprimente vedere come la forma sia davvero ancora tanto lontana. Ma non avendo particolari obiettivi prossimamente non mi sono abbattuto.
Oggi avrei dovuto invece riprovare un allenamento un po' più di qualità. Doppie ripetute di 3 Km a 3' 50". Un tipo di allenamento che non provavo da un mese e mezzo ormai, quando il traguardo erano ancora i quarantadue di Milano. La cosa che più ha lasciato perplesso è vedere in programma due serie così lunghe. La velocità mi ha spaventato un po' meno, vista la risposta delle gambe nel finale di ieri. Ma sapevo bene che sbagliando a partire avrei potuto rovinare tutto. E così è stato.
Non è stata tanto la lunghezza delle ripetute ad essere dura, quanto il modo di interpretarle. Aumentare la distanza di settimana in setttimana è anche propedeutico ad abituare il corpo a riconoscere la velocità ed a sapersi dosare. Arrivare da un periodo così lungo da velocità blande e fatiche irrisorie mi ha subito messo in difficoltà. Quando sul Naviglio (dove sono ritornato dopo settimane) ho dovuto aumentare il passo, mi è venuto automatico confrontarmi con le sensazioni passate, non avendo un recente riferimento della mia resistenza. Spinta quasi al massimo nelle gambe e fiato corto. Ma già con la preoccupazione di non andare troppo oltre. E oltre ci sono andato.
Mi sono anche stupìto nel leggere il crono del primo intermedio, 3' 42". Non tanto per il tempo in sè (che comunque non vedevo da settimane), quanto per la facilità di corsa. Buona la spinta e buona la risposta di cardio e testa. Ma solo per il primo chilometro. Ho cercato di correre subito ai ripari diminuendo i passo, ma la fatica è cominciata a fuorisucire poco dopo. Ma nonostante tutto ho chiuso la prima parte di allenamento sempre con qualche secondo di vantaggio sui 3' 50" di riferimento. Ma il ritorno è stato un massacro. Forse pochi i 2' di recupero a ritmo blando tra una serie e l'altra, ma soprattutto finite le energie. Potrei trovare mille attenuanti, dal non aver mangiato carboidrati nella giornata di ieri, al non aver fatto colazione alla giornata inaspettatamente calda di oggi. Ma sarebbero solo scuse. La verità è che non mi sono saputo dosare. Un errore da principianti. Ancor più ripartendo a ritmo troppo alto nella sconda serie.
Sentendo la fatica nelle gambe sempre più pesanti e immaginando un ritmo decisamente più basso, quando il crono ha segnato ancora 3' 47" al primo intermedio mi sono stupìto e anche un po' rinvigorito. Ma non a sufficienza. Sono bastati ancora solo qualche centinaio di metri per rendermi conto che le energie erano finite. E leggere al secondo successivo chilometro 4' 00" è stata la botta finale. Ho provato a riprendere ritmo ma senza successo, adagiandomi a ritornare verso casa defaticando per i restanti chilometri. E con fatica. Come se fosse la prima volta che affronto delle ripetute. Come se avessi cominciato a correre da qualche settimana. Come se non bastassero chilometri ed anni per imparare la lezione. E' lo scotto da pagare per chi si infortuna. Sapere dove arrivare, ma dimenticarsi come. O forse illudersi di poter non ripartire, dimenticandosi che ogni volta è sempre più faticoso.