L'incoscenza del runner
La tentazione più grossa è sempre quella di uscire a correre non appena se ne presenta l'occasione. Una mattinata di cielo azzurro, l'opportunità di un nuovo viaggio, l'incontro con qualche amico top-runner. Stare bene e riprovare a gustare le endorfine liberate nel post-allenamento è una sensazione difficile a cui riuscire a rinunciare. Ma in certe occasioni ci vuole il buonsenso. O anche solo quel pizzico di paura di ricadere nel baratro.
Tante belle parole, tanti pensieri corretti, ma poi è la forza di volontà a comandare. A dosare. E come in ogni cosa i primi giorni sono forse quelli più facili, ancora vicini all'ultima fitta, al ricordo di quello che è andato male. Ma man mano che il tempo passa i ricordi sbiadiscono e le abitudini cambiano (cit.). Sono stato bravo in settimana a saper aspettare. Qualche chilometro tranquillo tra le campagne. Sei chilometri domenica, sei chilometri anche martedì, otto chilometri giovedì. Ritmi facili e percorsi che hanno tenuto lontano dalla mente la voglia di aumentare il ritmo troppo presto. Anche se, già nell'ultima uscita lungo il Canale Villoresi, le gambe hanno fatto un po' di testa loro. Conoscendo gli impegni del week-end ho rimuginato molto su quali occasioni cogliere per le successive uscite. Anche perchè da incastrare con gli impegni lavorativi. Alla fine avevo anche considerato di non correre fino a domenica (oggi), prendendo un giorno in più di pausa e cercando di far riposare le gambe già impegnate nel viaggio verso Firenze. Ma i programmi sono andati poi in altro modo.
Ritrovarsi in albergo di fronte al Parco delle Cascine, con la finestra della camera in direzione del tramonto e vedere i viali alberati riempirsi di runners ad ogni minuto mi ha fatto cedere subito alla tentazione di infilarmi maglia e scarpe e godermi un giro in solitaria prima di cena. Rilassante e rinvigorente. E a trentatre ore circa dall'ultima uscita il tibiale non ha avuto niente da dire. Sette chilometri il giro completo del parco, in cui ho sfruttato la parte sterrata, come ripromessomi nei giorni scorsi per gli allenamenti di corsa lenta a sensazione. Era dalla visita a Firenze fatta a marzo che mi era rimasta voglia di cascine, quando ci ero arrivato correndo, ma avevo dovuto subito optare per un rapido dietro/front per rispettare il chilometraggio. Era dall'ultima maratona in compagnia di Chiara che non ci passavo. E anche allora i problemi al soleo (e fortunatamente non al tibiale) erano all'ordine del giorno. Godermi la città correndo appena arrivato ha dato tutto un altro sapore alla due giorni fiorentina, che il giorno dopo è ripartita ancora nella stessa maniera.
Non avevo programmato in realtà di alzarmi all'alba per raggiungere il prof. Massini. Soprattutto non avevo programmato di farlo di corsa. Ma la vicinanza (solo 3,5 Km) e la necessità di essere in tenuta runneristica, mi hanno fatto optare per una tranquilla corsa tra le vie del centro seguendo la sponda dell'Arno. E regalo più bello non me lo sarei potuto fare. Aria fresca e profumo di pioggia in arrivo in lontananza. Ma è stata la città deserta (completamente deserta e solo mia) ad essere la sorpresa più gradita. Avrei voluto svoltare verso Piazza della Signoria, passare sorro il Campanile di Giotto e sfiorare la Basilica di Santa Maria Novella come in una improvvisata e solitaria maratona, ma il tempo-tiranno e soprattutto i chilometri-non-concessi, mi hanno costretto a tirare (rigare) dritto e sbirciare solo velocemente in direzione del Ponte Vecchio, il Palazzo degli Uffizi e Piazza Santa Croce. Ma senza fare i conti con l'improgrammabilità di Fulvio che poi mi ha guidato sulle due ruote verso i colli fiorentini, regalandomi un insperato quanto impegnativo giro tra Piazzale Michelangelo, l'Abbazia di San Miniato al Monte, Palazzo Pitti e la fantastica vista di Firenze dall'alto. Nulla di cui lamentarsi, se non per il fatto che in programma avrei avuto un giorno di riposo, barattato con un lento di sette chilometri, trasformatosi alla fine in un medio-lento di dodici. Gioie e dolori della corsa.
La pioggia violenta degli ultimi minuti ha poi accompagnato il resto della mattinata in compagnia dei Mountain Athletics Training di The North Face e dalla ultramaratoneta brasiliana Fernanda Maciel. Allenamenti di cross training per preparare il proprio corpo a superare i limiti e migliorare le prestazioni in diverse discipline, che siano il trail running, la maratona, l'arrampicata o l'alpinismo. Tutto caratterizzato dall'incessante battere della pioggia. Ma quello che meno di tutti ha gradito è stata sicuramente la mia gamba, uscita un po' indolenzita da questo improvvisato full-week-end. Nulla di preoccupante, solo la necessità di dosare meglio le forze e il recupero. E l'opportunità di una camminata in compagnia di Chiara tra le campagne di casa.