Questo sito utilizza cookies, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social-media e analizzare il traffico generato. Continuando a navigare in questo sito web acconsenti all'uso dei cookies.

Cambio di programma

Alla fine niente gita fuoriporta in quel di Fubine, ma un bel progressivo sotto la pioggia di casa, ancora una volta lungo il Naviglio. Forse un po' più difficile, ma più gestibile e modificabile a piacimento. E anche più impegnativo dal punto di vista mentale senza l'aiuto della competizione. Una partenza in salita che poi piano piano si è trasformata incredibilmente in una dolce discesa. Forse, certe volte, basta solo crederci.

La giornata di pioggia prevista su tutto il nord alla fine ci ha fatto scegliere di rimanere a casa. Meno stressante. Tanto correre è sempre correre. Meglio rimandare i chilometri in auto quando anche il clima ci potrà permettere di goderci la giornata extrasportiva. Inutile dire che quando il cielo è grigio, la temperatura fredda e la pioggia infinitamente costante la voglia di uscire a correre è ridotta al lumicino. Situazione che mi ha ricordato in tutto e per tutto i trenta chilometri fatti con Paolo lo scorso anno alla Maratona delle Terre Verdiane. E infatti la prima cosa che ho fatto è stata ripetere l'abbigliamento di allora che era stato impeccabile. Non è tanto la pioggia in sé a rendere la situazione poco piacevole, quando la pioggia d'inverno. Credo uno degli abbinamenti peggiori che si possano incontrare correndo. Il temporale in estate o in primavera può anche essere piacevole. Romantico. In inverno, con il freddo, l'umido, il vento è fastidioso. Pericoloso. Basta sbagliare l'abbinamento del vestiario con i chilometri e un allenamento tranquillo può trasformarsi in una sofferenza continua. Fortunatamente mi sono bastati i primi tre chilometri di riscaldamento per trovare il giusto equilibrio termico per non soffrire e portare a casa un allenamento che inizialmente mi era sembrato quasi impossibile.

Correre 22 Km è già una distanza abbastanza impegnativa sotto la pioggia. Non tanto per la distanza, quanto per il tempo che si passa bagnati. Che è stata la prima cosa a cui ho pensato di porre rimedio. Pantaloncini corti per far respirare le gambe e non lasciarle a contatto col tessuto bagnato. Doppio strato di maglie leggere per lo stesso motivo. Giubbino Nike antipioggia per limitare e ritardare il più tardi possibile il contatto con l'acqua. Fossi stato in gara e non in allenamento probabilmente quest'ultima parte l'avrei evitata. L'euforia agonistica fa miracoli in certi casi. Ma dovendo inizialmente partire con dieci chilometri di lento ho preferito correre subito ai ripari. E ne sono stato felice.

Quello che in realtà non mi è piaciuto molto sono state le sensazioni iniziali avute per tutta la prima parte di corsa. Gambe pesanti, fatica, ritmo forzato. Sicuramente i sei allenamenti settimanali consecutivi negli ultimi sette giorni non mi hanno aiutato ad essere leggero e pimpante. Ma probabilmente anche il leggero vento contrario ha avuto la sua percentuale di influenza. Mentre correvo controcorrente risalento la Martesana ho cercato subito di pensare ad un'alternativa all'ultimo tratto di percorso. Gli ultimi due chilometri, seguendo l'alzaia, sarebbero stati completamenti su sterrato e, vista la giornata di pioggia abbondante, il fango non mi avrebbe sicuramente facilitato le cose. Mi sono così reinventato qualche variazione prima del giro di boa sperando in un percorso non troppo tortuoso e senza troppo traffico.

Naviglio chiaramente quasi tutto per me. In certe occasioni sono sempre i soliti noti a incrociarsi lungo la strada. Ma la cosa che più mi ha preoccupato lungo il tratto di andata è stata proprio la fatica per mantenere un passo costante anche se lento. Strada facendo mi ero quasi ormai arreso all'idea di non essere in grado di aumentare nel ritorno verso casa. Ma dopo i primi dieci chilometri ci ho provato. Correndo gli ultimi mille metri in un tratto a me completamente sconosciuto ho provato ad aumentare il passo e qualcosa, fisicamente, è scattato. Probabilmente mantenere un ritmo basso nella parte iniziale unito al clima freddo ha come bloccato i muscoli. Ma è bastato un chilometro a ritmo leggermente più veloce e un cambio di direzione, non più controvento, per far cambiare anche le sensazioni generali. E il ritmo è venuto da sé.

Non ho quasi mai controllato la vera velocità di percorrenza, ma verificando di tanto in tanto a qualche intermedio, ho subito visto che il ritmo dopo il giro di boa è sempre stato più veloce di qualche secondo rispetto al dovuto. Non me ne sono preoccupato, continuando a rincorrere la progressione come da programma. Il blocco iniziale mi è sembrato scomparso come per magia, con le gambe cariche e vogliose di continuare ad aumentare. Ma la cosa che più mi ha stupito è stato l'andamento del cardio, chiaramente analizzato in post-allenamento. Una crescita lenta e costante, senza picchi. Segno che gli allenamenti, almeno in quel senso, stanno avendo il loro risultato.

Più è aumentato il ritmo, più le gambe sono state bene. Il polpaccio sinistro (incrocio le dita) non si è più fatto senitre, come negli ultimi giorni. Ed ho corso tranquillo, spingendo senza esagerare, con la pioggia a rinfrescare la testa e le gambe scoperte. Sensazioni che hanno fatto bene all'animo. Il difficile sarà ripetere gli stessi ritmi su distanze più lunghe, ma è un problema che affronterò di volta in volta. Quello che conta al momento è svolgere il proprio compito giorno per giorno e non partire già sconfitti. Vedo tanti amici correre a ritmi ben più alti. Altri essere già di fronte a distanze più impegnative. L'errore sarebbe però voler bruciare le tappe e ritrovarsi ancora una volta poi a dover ripartire da zero. Meglio godersi la pioggia. E un lungo progressivo lungo il Naviglio.