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Errare humanum est

Continuo a sostenere che la prima cosa, e la più importante, per qualsiiasi runner sia imparare a correre. Tutto il resto che automaticamente viene collegato alla corsa deve venire dopo. Scarpe, allenamenti, gps, tabelle, vestiario. Imparare a conoscersi, conoscere cosa significhi fare fatica, gestirsi. Sapere che nel momento del bisogno, qualsiasi bisogno, si deve (e si può) contare solo su se stessi.

A ricordarmelo è stato solo un piccolo stupidissimo incidente di percorso nell'allenamento di domenica mattina, ma mi ha dimostrato che ho ragione a pensarla in un certo modo. E sapere che ci sia qualcuno ancora più integralista di me, mi fa capire quando rimaniamo (troppo) condizionati da tutto quello che ruota intorno al mondo podistico. Viziati, in un certo senso. A volte troppo comodi per uno sport che fonda la sua bellezza proprio in ciò che a volte dimentichiamo. La fatica.

L'uscita domenicale prevedeva un allenamento diviso in due parti. Prima dieci chilometri di lento, poi una serie di ripetute brevi. Niente di più semplice che correre la prima parte lungo il Naviglio come sempre e ritornare verso il centro sportivo per la seconda. Dieci ripetute di quattrocento metri, perfette per essere corse in pista. Essendo la prima uscita con il nuovo Garmin Forerunner 235 (cardio da polso) ed avendo a disposizione un allenamento composto da diverse fasi, ne ho subito approfittato per riprovare l'utilizzo dell'applicazione sugli allenamenti personalizzati. Da Garmin Connect ho impostato tutte le sequenze tra lento e ripetute e le ho caricate sull'orologio. Peccato che, nonostante avessi ricontrollato più volte, abbia sbagliato ad inserire le lunghezza delle serie da fare in pista. Di questo però me ne sono accorto solo al momento di farle.

Per tutta la prima parte di allenamento non ho avuto alcun problema. Ho corso tranquillo, anche troppo, verificando di tanto in tanto che il Forerunner 235 lavorasse bene e che corsa e sensazioni rispecchiassero quanto mostrato sul display. Tra l'altro ennesima giornata di sole e caldo. Maglietta e pantaloncini stanno diventando una moda anche a dicembre inoltrato, anche se ho incrociato molta gente coperta con guanti, cappello e addirittura passamontagna, per non parlare di divise invernali pesanti. Ma tornato verso centro paese la prima sorpresa. Pista indisponibile. Nonostante di campi da calcio ce ne fossero in abbondanza, l'unico campo utilizzato a metà mattinata è stato esattamente quello in cui avrei dovuto correre. Per cui l'unica alternativa rimastami è stata quella di continuare a l'allenamento verso la zona industriale ed affidarmi ciecamente alla misurazione ed alla sequenza memorizzata sul Forerunner 235. Un peccato, perchè correndo in pista avrei anche verificato con gps quanto lo stesso Garmin fosse preciso ed affidabile. Ma per quello a quanto pare dovrò aspettare un'altra volta. Allo stesso tempo però una buona possibilità di testare l'allenamento personalizzato direttamente sul campo senza alcun riferimento. Purtroppo non ho fatto i conti con la distrazione.

Iniziata la prima serie di ripetute, quando il Garmin mi avrebbe dovuto segnalare la fine dell'allungo e l'inizio del recupero, non è successo nulla. Silenzio. I dati hanno continuato a registrare imperterriti tempo, distanza, battito cardiaco e passo, ma senza dar fine al primo lap. Mi sono fermato un secondo per capire cosa stesse succedendo e mi sono accorto quasi subito di aver sbagliato ad inserire la distanza delle serie. Quattro chilometri invece di quattrocento metri. Mi ha preso subito un po' di sconforto e un po' di delusione. Fossi stato in pista avrei potuto rimediare facilmente, ma ritrovandomi in una strada senza i soliti riferimenti dati dal Naviglio ho dovuto ragionare e risolvere la questione in altra maniera. Ho fermato la registrazione dell'allenamento e ne ho fatta ripartire una nuova manualmente, utilizzando come riferimento il rettilineo lungo la ciclabile appena percorsa. Da cartello a cartello circa quattrocento metri. Avanti e indietro come un criceto, salvando i lap manualmente e calcolando il recupero a mente di volta in volta (e infatto qualche piccolo errore inizialmente c'è stato non conoscendo bene la durata delle schermate provvisorie del nuovo Forerunner 235). Reminescenza e abitudine per aver sempre utilizzato un gps meno moderno e un po' più spartano. E soprattutto conoscendo bene gli strumenti per sfruttarne tutte le caratteristiche. Non avrebbe avuto importanza correre trecentocinquanta metri o cinquecento invece di quelli previsti. L'importante è stato allenarsi. Correre. Avere la voglia di farlo.

E, nonostante gli imprevisti, sono rimasto abbastanza soddisfatto. Sapevo che non sarebbe stato troppo semplice ritornare a correre veloce sul breve. Mi accorgo sempre di più che lo soffro maggiormente rispetto alle serie più lunghe. Gli ultimi cento metri di ogni ripetuta li ho subìti un po', arrivando sempre col fiato corto e le gambe molli. Pensare ai ritmi di inizio estate adesso sarebbe un'utopia. Ma torneranno e diventeranno poi solo un passaggio. La spinta in più l'ho sentita soprattutto sulle anche e nei muscoli dei glutei. Probabilmente la disabitudine prolungata. Per il momento di più credo non sia possibile fare. Ma la cosa bella è sapere che sempre, comunque vada, la voglia di correre non diminuisce. Anzi. Ogni volta è una nuova avventura.