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La Compagnia

Mi ero ripromesso di provare a ricostruire tutto partendo da quello che era stato. E anche se il passato non si può cambiare lo si può rincorrere. Ricordare. Ripetere. Tutto era cominciato qualche anno fa anche grazie all'aiuto di mio Zio che mi aveva più volte invitato alle tapasciate della domenica mattina, accompagnato nelle prime corse. E con lui ho pensato che tutto possa ritornare ad essere ancora migliore.

Me la ricordo ancora quella prima volta insieme. A Treviglio. Io che non avevo mai corso più di quindici chilometri, con un completo assemblato come il miglior principiante, senza ancora conoscere molto del mondo amatoriale dei podisti. Tanta gente per la strada, tanto freddo, ma anche tanta voglia di scoprire un mondo nuovo. Era il 2006 e senza nessuna preparazione, senza sapere nemmeno a cosa stessi andando incontro, strada facendo, prima dell'ultimo bivio, avevo deciso di correre per la prima volta ventuno chilometri per accompagnare mio Zio. Un delirio quelli finali. Una fatica infinita. Con lui che non mi aveva lasciato solo un attimo fino a quando non ero stato io a dirgli di aumentare il passo ormai troppo lento per non raffreddarsi troppo. Ne sono passate tante di corse insieme. Prima a rincorrerlo, poi ad affiancarlo, fino ad arrivare a tirarlo. Per restituire quello che lui aveva fatto per me. Tornare a correre insieme, anche se in maniera diversa, mi sembra il miglior modo per esorcizzare gli ultimi mesi, per riassaporare quella voglia di scoprire cosa c'è un passo più in là. E magari imparare ancora una volta qualcosa di nuovo.

Parco di Monza. Quel parco che ogni domenica mattina più che in ogni altro giorno si trasforma nella patria dei runners. Può esserci sole, pioggia, neve, nebbia, caldo, freddo, umido. Ma ci sarà sempre un runner a correrci. Ci sarà sempre qualcuno che proverà l'ebrezza dei suoi primi chilometri. Il sogno di un nuovo traguardo. O semplicemente il piacere di una corsa in compagnia. Insieme a noi anche Marco e Mario. Il miglior modo per correre e non pensare ad altro. Per loro è prassi trovarsi di tanto in tanto tra i viali alberati, lasciare l'asfalto per i sentieri nascosti tra le foglie cadute lungo il Lambro. Inerpicarsi su e giù per i piccoli dislivelli, in un continuo cambio di ritmo naturale. Io mi sono solo accodato lasciandomi guidare, senza pensare al ritmo, senza pensare ad un traguardo, senza guardare ai tempi. Solo per correre. Semplicemente. Correre.

I chilometri sono passati senza nemmeno accorgermene. L'unico errore è stato coprirmi troppo, ancora disabituato dalla non più regolarità di uscite. Un errore da principiante. Ma è stato il divertimento a prendere il sopravvento, la consapevolezza che quella fosse la strada giusta (da) per-correre. Percorsi per me del tutto nuovi, lontani da quelli omologati lungo i viali larghi e asfaltati. Più simili a quelli delle tapasciate. Quelle dove ho lasciato i primi litri di sudore per imparare a correre, a preparare mezze e maratone, a giocarmi le prime sfide. Ho sempre pensato che nonostante la fatica maggiore, il ritmo irregolare, la complessità di gestire un allenamento, le tapasciate fossero una buonissima base per preparare le gare su strada. Imprevisti e ostacoli che l'asfalto da solo non è in grado preparare. Un potenziamento gratuito che dà i suoi risultati in gara. E ne sono ancora convinto. Quasi un fartlek naturale. Regalato. Ho sentito le gambe contente, la testa leggera, allontanata dal continuo pensiero dell'ascoltarsi. E il piacere di chiacchierare, correre insieme solo per farlo. Quello che fin'ora mi era mancato per poterci riprovare ancora.

Ed ho ripensato anche a tutti gli altri amici che in questi anni mi hanno poi accompagnato, ognuno ad uno step successivo. A Franco, a Iacopo, a Simone, a Marco, a Mauro, a Paolo. A Chiara. Toccherà ancora a loro riportarmi in vetta. Ma questa volta con nuove storie, nuove gare, nuove corse, nuovi sitimoli. Anche loro saranno parte di una nuova storia. Una nuova sfida. Ma sempre lungo la stessa strada.