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Nella nebbia

Ho voluto riprovare a correre come una volta. Nel buio. Nella nebbia. Nel freddo. Per ritrovare quelle sensazioni che mi hanno accompagnato nei miei primi passi. La fatica per dimagrire, la voglia di spingersi sempre più in là senza conoscere il limite, la sorpresa dei risultati. Un modo per esorcizzare questo momento che non sembra passare. Per imparare di nuovo a soffrire.

Sono più che convinto che correre sacrificandosi sia un allenamento in più. Fortunatamente negli ultimi mesi (o anni) sono riuscito a ricavarmi spazi di allenamento durante il giorno. Al mattino, in pausa pranzo, al pomeriggio. Sempre incastrando bene tutti gli impegni. E soprattutto quando le giornate sono più fredde e più buie allenarsi diventa più semplice. Nessun completo pesante, nessuna luce frontale, guanti e cappello quasi dimenticati. Correre le ripetute col sole, avendo riferimenti, è tutta un'altra cosa. E soprattutto senza avere lo stress come costante compagno di corsa. Ma... c'è un ma. Mi sono accorto che correre in libertà, da un certo punto di vista, soprattotto psicologico, è anche uno svantaggio. La testa non è più abituata a soffrire, a sopportare lo stress, a dare quella motivazione in più che in gara significa un podio o un secondo in meno. Non lo rimpiango, certo. Ma ritornare a correre lungo il Naviglio immerso nella nebbia, in un mondo nascosto, ovattato, mi ha riportato a sensazioni che non provavo più da tanto tempo.

Non è facile tornare a casa dall'ufficio, infreddoliti, stanchi, col sole che se ne è andato da un pezzo e trovare la voglia di sucire. Deve diventare abitudine, essere un momento di svago, per sè, per riuscire ad essere davvero apprezzato. Probabilmente i risultati in gara sono uno stimolo in più per torvare ogni volta quelle stesse energie per riprendere la porta e uscire. E nonostante non abbia fatto tutto questo, ho rivissuto le stesse sensazioni. E mi è piaciuto. Mi ha ricordato perchè e da dove sono partito. Il difficile ora è accettare che una parte di qeulla strada, di quella fatica è da rifare. Stringere i denti e saper aspettare. Perchè quando tutto va per il verso giusto è difficile riuscire poi imparare a rinunciare a qualcosa. Ci ho pensato mentre correvo coperto da capo a piedi, guanti e cappello, divisa pesante e luce legata in testa. Un dondolio a cui non sono più abituato. Il profumo del Naviglio completamente diverso, rumori sommessi in lontananza. Ho corso ripensando a quella prima volta sotto le tre ore in maratona di ormai quattro anni fa a Reggio Emilia. All'entusiasmo del cronometro fermato qualche secondo prima nelle ripetute. Alla sadica voglia di non fermarsi mai.

Quella voglia è rimasta. Da accettare è solo il fatto di dover ripetere parte di quella strada. Con qualche anno in più e senza lo stimolo di un obiettivo non ancora raggiunto. Per quello ci vuole altro tempo. E anche un po' di fortuna. Ma almeno la schiena sembra migliorare. Almeno in allenamento. Questa settimana alla fine ho sempre corso 10 Km senza avere troppi problemi. Adesso è il momento di provare a spingere ancora un po' di più. Senza esagerare. Di gustare il momento come una volta. Di sognare ancora, ma con i piedi per terra.