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L'Araba Fenice

Mi verrebbe spontaneo dire l'araba felice, più che fenice. Perchè è così che mi sono sentito in questi primi 5,5 Km dopo un mese di stop. Un mese in cui i pensieri si sono attorcigliati, passando da momenti di fiducia ad attimi di sconforto ad ore di attesa. Ma stamattina è stato il grande giorno. Ed è stato il giorno perfetto.

Per ricominciare ho scelto quella strada dove avevo iniziato a prendere confidenza con i primi passi di corsa. Maglia di cotone, pantaloncini della tuta, scarpe da basket. Ormai quasi dieci anni fa. E dieci chili fa. Quando correre cinque chilometri mi sembrava un'impresa e tornavo a casa sudato e distrutto. Oggi ho volato. Senza controllo. Senza pensare. Un battito d'ali e il respiro affannato.

Paura ne ho avuta, lo ammetto. Partire e sentire ancora quella fitta sul gemello mediale. Un incubo. E invece tutto è passato in silenzio. Anzi se devo dirla tutta al momento qualche fastidio lo sto sentendo all'altro polpaccio. Ma tornare a correre è stata una sensazione strana. Cosa che la bicicletta e la piscina non sono in grado di darmi. Mi sono sentito nel mio mondo, con le gambe che avevano solo voglia di aumentare il ritmo, di battere l'asfalto, di non smettere più. Ed è stato diffile cercare di frenarle, anzi non ci ho nemmeno provato. Ho corso godendomi solo quello che stavo facendo aspettando che la disabitudine e la stanchezza mi accompagnassero fino a casa. Non più di cinque chilometri aveva detto Fulvio e così è stato. Ma è bastato per rimettermi in pace con me stesso.

Una sensazione strana quella di correre. Come se le gambe si fossero dimenticate come fare. Ho sentito inguine e adduttori indolenziti, gli addominali tirati dopo le vasche in piscina delle ultime settimane, la pancetta appena accennata saltellare sotto la maglia. Ma allo stesso tempo ho riconosciuto un movimento fluido, naturale, innato. Ho ripensato a tutte le corse fatte da spettatore con l'invidia negli occhi. A tutti quei pensieri strani per cercare di combattere il tempo e la delusione. Immaginando cosa verrà poi. Ma è bastata una ventata di aria fresca per riportarmi sulla strada. E' stata un'uscita breve ma piacevole. Le gambe che non avrebbero mai voluto smettere ma che ben presto hanno dovuto fare i conti con la stanchezza. Ho corso senza controllo, senza pensare. Come fanno i bambini. Correre per divertirsi. Ed è stato bello. Solo nel finale, ritornando verso casa, affannato, ho voluto vedere cosa mi stesse dicendo il cuore. Ed ho capito che la fatica era vera. 163 bpm dopo quattro chilometri, un po' troppi. Ma giustificati. Ho sorriso e rallentato un po' il passo.

Il gemello non ha dato problemi. Sensazioni e fastidi passeggeri, leggeri. Come fantasmi che aleggiano pronti a spaventare. Ma se ne sono andati presto. 23' 12" che sono stati anche fin troppo brevi, ma sufficienti per oggi. So di non essere più quello di un mese fa, ma so anche che è ancora troppo presto per tirare delle conclusioni. Ci vuole qualche giorno e qualche chilometro da aggiungere. Far ritornare le gambe a alla normalità. Solo allora sarà tempo per decidere il da farsi. Ma intanto il primo passo è stato fatto. So qual è l'obiettivo, che non è cambiato. Resta solo da decidere dove e quando raggiungerlo. Eccomi.