Progressiva... mente
E' stato un week-end intenso. E stancante. Di corsa. Nessuna gara fatta e nessun traguardo raggiunto, ma tanti chilometri e la corsa vista e vissuta da vicino. Anche se in più di un'occasione avrei voluto essere dentro e non solo uno spettatore. Ma è strano vedere come si desideri qualcosa proprio solo quando non c'è. Essere alla partenza o lungo il percorso e aver solo voglia di mettere le scarpe ai piedi, di sentire il sudore che cola dalla fronte e di godere di quella dose di stanchezza che solo lo sfnimento può regalare. Poi invece ritrovarsi lungo la solita lunga strada d'allenamento, o in gara, col fiato corto e le gambe pesanti e non vedere l'ora di tuffarsi sotto la doccia e lasciarsi i chilometri alle spalle dicendo ma chi me l'ha fatto fare. E' l'enigma del runner. Ma è anche il bello di volerlo essere sempre.
Ho seguito la prima Reda Rewoolution Orobie Ultra Trail da vicino. Ma non prima di aver salutato la settimana con un bel progressivo di prima mattina. Ed avevo molta paura di quello che sarebbe potuto essere, vista l'ora mattiniera e i ritmi finali da mantenere. Sarà stato il clima favorevole, la voglia di correre, la predisposizion mentale, la voglia di riscatto dalla serie di ripetute non andate al meglio in settimana, ma ne è uscito un allenamento perfetto. Ci ho messo un po' a carburare, col Naviglio deserto e il sole fortunatamente non ancora alto, ma quando le gambe hanno preso il giro giusto è stata una piacevole mattinata. E' il problema della corsa appena svegli, le gambe addormentate che faticano a riprendersi. Ma è bastato qualche chilometro in più (due per l'esattezza) per far si che il ritorno verso casa a 3' 55" si trasformasse in una corsa tirata ma naturale, con anche qualche secondo mangiato come colazione.
Tutto il contrario di quanto successo domenica mattina. La stanchezza residua dalla due-giorni Orobica ha sicuramente contribuito ad appesantire le gambe, ma la voglia di correre accumulata lungo i chilometri percorsi salendo e scendendo dalle valli bergamasche dovevo in qualche modo soddisfarla. Alla fine sono stati 14 Km pesanti ma sempre corsi secondo tabella, un po' più duri nella seconda parte quando il sole ha voluto farsi sentire, ma anche in questo caso sempre un po' più veloci di quanto dovuto. 59' 55" sofferti e vissuti in maniera completamente opposta dall'allenamento di venerdì mattina. E questa volta lungo l'alzaia della Martesana non mi sono ritrovato da solo. Ma ancora mi sono stupito di quanti non riescano ad affrontare in modo tranquillo e corretto la corsa estiva, passando da principianti ancora chiusi in giacche e pantaloni lunghi ai loro cugini supertecnologici e vestiti come se dovessero attraversare il deserto. Mi son quasi sentito fuoriluogo sorpassandoli con la mia canotta scolorita da tempo e sudore e i miei svolazzini anni '80 di qualche taglia più grandi.
In mezzo il primo Ultra Trail delle Orobie. Non ne ho mai corso uno, ma non nego che la voglia di trovarmi sotto l'arco della partenza al via si stata tanta. Correre, che sia in piano, su strada, in salita, in discesa, su sentieri, in pista è sempre correre. In maniera diversa sicuramente, ma gli stimoli di una nuova avventura sono sempre tanti. E guardare le facce tese prima del via, sentire le vibrazioni dell'attesa, assaporare il boato liberatorio dello sparo è stato affascinante. Abbiamo rincorso i centoquaranta chilometri del percorso, tra salite e discese, la pioggia e la notte. Vedere arrivare alla spicciolata gli atleti sempre più stanchi ma sorridenti è stato emozionante. Ho provato tanta invidia, ma senza riuscire a capire quale possa essere il vero sforzo che si nasconde dietro a così tante ore di fatica. Cosa significhi realmente. Cosa serva per poterlo fare. L'unica certezza è la voglia di provarlo. Forse un giorno ci sarà tempo anche per quello.