Maratonina Città di Treviglio (Treviglio)
In certi giorni c'è poco da dire, pensare. Mi resta solo da raccontare quello che è successo, per capirlo davvero fino in fondo anche io. Non serve fare calcoli, come non serve contare i secondi. Oggi più che mai credo sia stata la testa l'arma vincente. Perchè quando lavori con costanza, con dedizione, con sacrificio, con piacere, non rimane altro che raccogliere i frutti. Non c'è niente di scontato, ma basta non sparare troppo in alto ed arrivano anche le sorprese. Oggi sono arrivato al punto di mollare, ma non l'ho fatto, ho stretto i denti e poi ho tagliato il traguardo con i pungi alzati. La giornata non poteva partire meglio, con il cielo azzurro e il sole che si è alzato con noi. Aria frizzante di prima mattina, ma è bastata un'oretta perchè la temperatura diventasse più che accettabile. Al centro sportivo di Treviglio si riconoscono subito con un gran colpo d'occhio le maglie della Martesana Corse, come sempre un bel gruppo in questa classica.
Ci sono tanti compagni che non vedo da un po': Vito, Simone, Tiziano, Alberto e le due ormai immancabili Ivana e Lucia. Anche le facce delle altre società ormai sono più o meno note e prima del via scambio due chiecchere tra riscaldamento e partenza anche con il Cune, Simone e il fido compare Carlo. Mi sfottono un po' bonariamente per gli ultimi risultati chiedendomi anche della corsa di giornata, ma io sinceramente non so davvero cosa aspettarmi. So che mi sto allenando bene, ma so anche che solo ieri ho corso una campestre; so che con la tabella di maratona mi miglioro sempre, ma so anche che durante la preparazione ci si appesantisce; so che è difficile ripetere la Mezza di Dalmine di due mesi fa, ma so anche che Treviglio mi ha sempre portato bene. Di certo quando c'è una sfida non mi tiro indietro. Al via sono quasi sotto il gonfiabile di partenza, appena dietro i top-runner insieme al Cune. Dietro di noi ce ne sono altri seicento. Allo sparo cerco di portarmi subito di lato per non rimanere imbottigliato e tiro un po' troppo rispetto a quello che dovrei passando il primo chilometro in 3' 30". Rallento subito provando un attimo a studiare quelli che mi stanno davanti e dietro. Tutti con passo deciso, buon ritmo. Io cerco di rimanere costante sul mio passo a 3' 40" mentre giriamo per i primi quattro chilometri nella zona nord della città. Forse è un po' troppo, ma ci provo. Forse sarebbe meglio trattenersi nella prima metà dei 21 km, ma ci provo. Usciamo in direzione Geromina e poi svoltiamo verso Badalsco. La mente corre subito alla tapasciata di novembre quando mi sono dovuto fermare per i dolori al ginocchio. Cerco di non pensarci e intanto navigo tra i 3' 45" e i 3' 50" al chilometro. La cosa strana è accorgermi quasi subito che le fila sono allungate tantissimo e si corre praticamente da soli, in fila indiana. Davanti a me ho una cinquantina di atleti grossomodo. Dopo il quinto chilometro la fatica si fa già sentire. Non ho fatto calcoli quindi non so quale media tenere per fare un buon tempo, vado solo a memoria su quanto ricordo della corsa di Dalmine. Evito di contare i chilometri e penso solo a godermi la giornata. Certo con la fatica che sto facendo non è semplice. Usciti dal paese c'è un lungo serpentone che si snoda tra le campagne della bassa bergamasca fino a Fara Gera d'Adda, dove so che saremo a metà corsa. Ma le gambe sono pesanti. Tanto. Ho paura di pagare il cross di ieri. Comincio subito a lavorare di testa pensando a cose positive, a lavorare sulla postura, a controllare il respiro. L'effetto benefico si sente subito, ma non dura a lungo. E allora da capo, su le ginocchia, sorriso sulle labbra e mi godo il paesaggio, la giornata. Intanto i chilometri passano e le gambe lo sentono. Mi accorgo di essere costante sui 3' 51". Tra Fara e Canonica mi ritrovo nello stesso tratto, intorno a metà gara, dove avevo corso con Filippo due settimane fae mi ero allenato mentalmente a cambiare ritmo. Non lo faccio, ma ci penso. Penso alla sensazione buona che avevo provato, al ritmo. Passo i 10 Km in 37' 41" strabuzzando per un attimo gli occhi. Buon intermedio, chissà cosa farei su quella distanza adesso.
Poi comincio a pensare al pezzo di strada che sta per arrivare, verso Pontirolo, dove tutti gli anni vado in crisi. Un leggero falsopiano e sempre con vento a sfavore. Per fortuna oggi l'aria è davvero poca, ma quando fai fatica sempre sempre troppa. Sento arrivare un piccolo gruppetto di tre atleti dal dietro che mi supera, con loro la prima donna, marocchina. Io intanto mi gioco la posizione con un altro runner col quale continuiamo a superarci alternandoci. Io credo di essere abbastanza costante, mentre lui va a strappi. Ma è dura. Ho quasi la tentazione di mollare, di rallentare e arrivare con calma. Prendo dalla tasca il gel anche se forse è un po' presto. E mi aiuta. Non so quanto fisicamente possa fare, ma mi alleggerisce sicuramente la testa. Guardo per l'ultima volta il cronometro al 14 Km, 52' e qualche secondo. Poi inizia il lungo tratto di ritorno, tra salitelle e disce, tra curve e rettilinei che sembrano non finire. Ma il ricordo dello scorso anno mi aiuta, lì avevo fatto la differenza. Decido di andare a sensazione poi quel che verrà verrà. Non vedo nemmeno il successivo cartello di chilometraggio. Stringo i denti e rimango solo concentrato sul passo, regolare, ritmato, preciso, elegante. Mi vedo e so che sto facendo bene. Nella testa è scattato qualcosa. Mi lascio alle spalle il compagno di giornata e vado, guardando quelli davanti a me che piano piano si avvicinano. Prima uno, poi due, poi tre. Uno spettatore ci conta al passaggio e scopro di essere tra i primi cinquanta e la cosa mi da fiducia. Un piccolo intoppo all'ultimo ristoro, dove provo a prendere un bicchiere d'acqua in corsa, ma mi scontro con un altro runner che non si è tolto dopo aver preso il suo. Mi accontento della spugna poco più avanti. Comunque fa caldo e un po' di acqua fa sempre bene. Quando vedo il cartello dei 17 Km rimango un po' sorpreso non essendomi accorto di essere già così avanti. Vuol dire quasi Geromina, che vuol dire quasi arrivo. Guardo davanti e taglio la traiettoria tra le curve. Mi semrba di essere ritornato su buoni ritmi e con un buon passo. Al diciannovesimo guardo il cronometro che segna 1h 12" 43". Un rapido calcolo e anche andando a 4 min/Km capisco di poter fare un tempo che mai mi sarei aspettato. Sento una scossa di adrenalina da capo a piedi. Tengo duro anche se le gambe si lamentano. Qualcuno per strada mi riconosce e mi incita. Un sorriso e un saluto e vado. Cavalco. Quando vedo l'ultimo chilometro non resta che trascinarsi all'arrivo. Davanti a me ho la prima donna ad una ventina di metri. Andiamo entrambi costanti. La macchina dell'organizzazione si piazza davanti a lei con il cartellone del tempo. Non ho più nemmeno bisogno di guardare il cronometro.
I secondi scorrono ma anche i metri passano. Le guance sono rigate dal sudore, ma la voglia di farcela è superiore a tutto. Alla penultima curva comincia ad esserci un po' di gente in vista del traguardo, urlano, gridano, salutano, incitano. Mi manca il mio pubblico, mi manca quella spinta nel finale, ma vado. Giro a sinistra e poi c'è solo il tappeto rosso. Guardo il tabellone e so di avercela fatta, ancora una volta a sorpresa. Mi mangio gli ultimi cento metri e poi stringo i pugni fermando il cronometro ad 1h 20' 29" mentre vedo Arturo e Rivo immortalare il momento. Nuovo personal best, 3' 49" al chilometro di media, 46° posizione su circa seicento atleti, 10° di categoria. Due minuti e mezzo in meno in poco meno di due mesi non l'avrei scommesso mai. Eppure ancora una volta è successo. Se mi chiedete come, sinceramente non lo so nemmeno io. O forse si, con la voglia, col piacere, con la costanza di farlo. Non c'è nulla di impossibile, ma bisogna crederci. E saper soffrire.